VERSO IL VOTO

Giacometto corre in Forza Italia. Cirio e la lista degli "equivoci"

Il governatore subisce il diktat del partito, di cui è vicesegretario nazionale: l'ex deputato azzurro alle regionali con i berluscones. La formazione civica uno zatterone su cui sale Castello, il sindaco recordman di Pianezza, sotto le mentite spoglie del fratello

Se lo sono contesi fino all’ultimo, alla fine sarà Forza Italia a presentare Carlo Giacometto alle regionali del Piemonte. L’ex deputato torinese avrebbe dovuto essere uno dei candidati di punta della lista Cirio ma il governatore si è piegato ai diktat del suo partito, di cui è anche incidentalmente vicesegretario nazionale, a non candidare esponenti con trascorsi nelle proprie file. Da qui il ritorno nella casa berlusconiana, dove ad accoglierlo sull’uscio ha trovato Antonio Tajani. “Ho risposto con piacere – spiega Giacometto – all’invito del segretario nazionale per concorrere in prima persona al rilancio del partito in cui mi sono riconosciuto fin dalla sua fondazione. Il mio rinnovato impegno trova le sue basi nel percorso di rilancio e rinnovamento che il presidente Tajani ha avviato negli ultimi mesi”.

Una soluzione, quella della sua candidatura in FI, che risolve molti problemi. Da una parte toglie di mezzo un concorrente piuttosto insidioso, in grado di creare qualche difficoltà all’elezione di quei candidati su cui Cirio sembra contare (Silvio Magliano e Gian Luca Vignale), dall’altra offre allo stato maggiore azzurro una potenziale idrovora per prosciugare il consenso di Andrea Tronzano, inviso alla coppia di comando Paolo Zangrillo e Roberto Rosso che valutano, in tal senso, troppo debole il peso elettorale di Paolo Ruzzola, il capogruppo uscente a Palazzo Lascaris rimasto senza supporter di rango dopo la fuoriuscita dal partito dei suoi antichi mentori (Daniela Ruffino e Osvaldo Napoli). Con l’aiuto di Claudia Porchietto, in campo alle Europee nel ruolo di sparring partner di Paolo Damilano, Giacometto può “fare il botto” e insidiare il suo vecchio sodale ai tempi in cui muovevano i primi passi in politica sotto l’ala del compianto Angelo Burzi.

A questo punto, con l’uscita di Giacometto e la “promozione” di Alberto Cirio nell’empireo forzista, anche la lista pomposamente denominata “Piemonte moderato liberale” assume un profilo diverso. Non più la base di un progetto civico autonomo e tangenziale ai partiti della coalizione, ma la scialuppa su cui imbarcare un paio di apolidi, una casamatta in cui dare ospitalità sotto mentite spoglie a vassalli di qualche notabile locale che non è stato in grado di portare in dote il simbolo del proprio partito, una cabina per consentire il cambio d’abito ai soliti voltagabbana. È il caso delle candidature di Marco Gallo a Cuneo, sponsorizzato da Enrico Costa, calendiano senza Calenda, di Stefano Boccardo, sindaco di Candiolo portato dall’azionista senza Azione Ruffino. E di Magliano che consente ai Moderati di restare dietro le quinte (e nella giunta di centrosinistra a Torino) e a lui di passare senza manco un plié dai banchi dell’opposizione in Consiglio regionale alla propaganda in favore di Cirio e del centrodestra.

Ma c’è di più. Anche la lista del governatore ricorre ai mezzucci, un tempo propri del sottobosco della politica, che ha avuto in Renzo Rabellino, il mago delle liste patacca, insuperato maestro nel farcire le liste di omonimi. Poiché Antonio Castello, medico di base cresciuto a Sperlinga che alle scorse regionali con lo scudo crociato dell’Udc prese 2mila voti solo nella sua città sui 4mila complessivi, è stato da pochi mesi rieletto per la terza volta sindaco di Pianezza, si mette in lista suo fratello, senza star troppo a insistere sul nome di battesimo, Mario Salvatore. Siamo alla politica degli equivoci.

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