FINANZA & POTERI

Crt, nessun rinvio dell'elezione: martedì Poggi sarà presidente

Fallisce il tentativo del reggente Irrera di rimandare la votazione in attesa della decisione del Mef. Palenzona briga per il commissariamento prendendo a schiaffi Torino. La patata bollente nelle mani di Sala, allievo di Guzzetti (arcinemico di Big Fabrizio)

Salvare capra e cavoli. È quello che si cerca di fare sulla Fondazione Crt. Da Palazzo Perrone, nella torinese via XX Settembre, dopo un lungo periodo di tensioni e scontri, culminato con le dimissioni Fabrizio Palenzona, si vuole dare all’esterno l’immagine di un ente che ha ritrovato serenità e unità d’intenti. Le ultime decisioni condivise, l’appeasement verso le istituzioni, la designazione unanime a presidente della giurista Anna Maria Poggi sono parti di una strategia volta a riscattare la cattiva fama degli ultimi tempi ma soprattutto a scongiurare un atto che avrebbe, questo sì, il sapore di una condanna senza appello: il commissariamento. Da qui la decisione di mostrarsi collaborativi con gli uffici dell’altra via XX Settembre, quella romana, dove ha sede il Tesoro che, nella sua funzione (“transitoria” da oltre vent’anni) di autorità di vigilanza, avrà l’ultima parola. Per ora i tecnici del Mef stanno esaminando le carte: quelle oggetto dell’esposto presentato da Palenzona e la documentazione richiesta direttamente agli organi nella fondazione, quest’ultima non del tutto esaustiva e, in particolare per quanto concerne i verbali del cda, contenente versioni discordi.

Un clima, quello della ritrovata concordia, su cui è abbattuto come un fulmine Maurizio Irrera. Il vicepresidente “reggente” in questa fase di interregno, infatti, vorrebbe rinviare l’elezione di Poggi, in calendario per martedì prossimo, facendola slittare più in là, una-due settimane, per consentire al ministero di vagliare la situazione e comunicare le proprie decisioni. Anzi, Irrera avrebbe ricevuto una richiesta in tal senso, per quanto informale, dallo stesso ministero. Per provare a rimandare la riunione Irrera ha convocato un cda, inizialmente per sabato, spostato poi a oggi pomeriggio alle 18. Sembra difficile però che si raggiunga il numero legale, tra assenze giustificate (la vicepresidente Caterina Bima è immobilizzata a casa con una caviglia fasciata a seguito di un piccolo incidente) e consiglieri che si negano al telefono. Alòla fine, oltre a Irrera unico a presentarsi è stato Marco Giovannini. In base allo statuto dell’ente, la nomina del presidente deve avvenire entro 30 giorni dalle dimissioni di Palenzona, presentate il 23 aprile. Per allungare i tempi servirebbe una modifica, anche temporanea dello statuto, che dovrebbe essere deliberata dal consiglio di indirizzo e approvata dallo stesso Mef prima del 23 maggio. Peraltro con un Cdi pronto a raccogliere le firme per autoconvocarsi e procedere con la votazione, in.barba al cda. A questo punto, con ogni probabilità, martedì la Crt avrà un suo presidente pienamente in carica in attesa del responso ministeriale.

Al netto dell’accertamento di violazioni normative e statutarie, precise e circostanziate – nel qual caso il provvedimento di decadenza degli organi amministrativi è un atto dovuto – è evidente a tutti, a Torino come a Roma, la portata “politica” della questione. Il commissariamento della Crt avrebbe inevitabilmente riflessi ben più ampi della sola fondazione e delle solite famiglie di manutengoli: certificherebbe il fallimento dell’intera classe dirigente del territorio, delle sue ambizioni e presunzioni. Insomma, un sonoro schiaffone all’establishment torinese. Che è poi quello che vorrebbe Palenzona, cui va riconosciuta almeno stavolta la sincerità. Nelle sue recenti parole, fintamente estorte, non poteva non essere più chiaro. Sul fatto che lui abbia le carte in regola per poterle pronunciare è un altro paio di maniche.

Ma se il Camionista di Tortona lamenta di essere stato maltrattato in quanto “foresto” e di aver ricevuto l’ostilità di un sistema opaco, tutto avvitato nella conservazione dei cascami del suo antico lignaggio, ed è animato da spirito di vendetta, a Palazzo Sella si muovono con i piedi di piombo. Giancarlo Giorgetti, come noto, non è certo un cuor di leone e dopo aver raccolto informazioni informali attende l’esito dell’istruttoria affidata a Marcello Sala, direttore generale del Mef, uomo di fiducia del ministro leghista fin dai tempi in cui seguì il fallimento di Euronord Holding, la società nata dalle ceneri della banca del Carroccio, Credieuronord, ma soprattutto “allievo” di Giuseppe Guzzetti. Il patriarca della finanza bianca, 90 anni il prossimo 27 maggio, è geloso dell’autonomia “statutaria e gestionale” delle fondazioni di cui è stato demiurgo e ancora incontrastato dominus: ai suoi occhi il commissariamento lederebbe proprio tale principio e in più, conoscendo la sua scarsa simpatia verso Palenzona, suonerebbe come una vittoria del suo arcinemico trattato da sempre come il figlio “degenere” della Balena bianca.

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