SANITÀ

Visite a pagamento fuori controllo. L'intramoenia nel mirino del Mef 

Dall'ispezione all'Asl Città di Torino emergerebbero non poche criticità. Mancherebbe la tracciatura dell'attività "privata" dei medici. Il piano per modificare il regolamento. La questione dei locali e dell'attività negli studi privati. Le conseguenze sulle liste d'attesa

Visite a pagamento effettuate da medici ospedalieri senza o con scarsi controlli, mancanza di un censimento dei locali in cui dovrebbe essere svolto questo tipo di attività, anomalie sulle tariffazioni per le convenzioni con strutture private. Queste, in estrema sintesi, le non lievi criticità rilevate da una recente ispezione ministeriale all’Asl Città di Torino per quanto riguarda la gestione dell’intramoenia, ovvero la possibilità data ai medici dipendenti di svolgere anche la libera professione. E proprio la gestione, da tempo fuori controllo in gran parte del Paese, di questa attività libero professionale insieme allo squilibrio rispetto alle prestazioni fornite dagli stessi medici in regime di servizio sanitario nazionale, rappresenta una delle cause principali dei tempi ancora troppo lunghi che gravano sulle liste d’attesa.

Il rapporto ufficiale dell’ispettore che, nello scorso aprile, ha lavorato sull’Asl diretta da Carlo Picco nel quadro del progetto di verifica da parte del Mef che interessa tutto il territorio nazionale, ancora non è arrivato, ma secondo quanto ha potuto riscostruire lo Spiffero, sarebbe stato lo stesso funzionario ministeriale ad anticipare agli organi aziendali le principali criticità. Proprio in seguito a queste anticipazioni l’Asl starebbe correndo ai ripari, in particolare con una serie di modifiche sostanziali al regolamento aziendale inerente la libera professione. Una bozza del documento con le regole riviste, destinato poi ad essere approvato e adottato dalla direzione generale, è stata illustrata in una riunione della commissione paritetica chiamata a occuparsi dell’intramoenia, tenutasi lo scorso 7 giugno. In quell’occasione sono emerse chiaramente le situazioni negative anticipate dall’ispettore ministeriale e che finiranno, più dettagliatamente, nel rapporto atteso a Torino dove, come nel resto del Piemonte, ci sono state analoghe verifiche disposte dal Mef. 

Tre le criticità o, se si vuole, le presunte inadempienze rilevate e riportate in un verbale della riunione, la prima riguarda la mancanza di una tracciatura dell’orario dedicato alla libera professione, sia all’interno dell’azienda sanitaria che all’esterno di essa. E questo, appare in tutta evidenza, come un aspetto molto rilevante, proprio per quanto riguarda il rapporto tra il numero di prestazioni effettuate in libera professione, rispetto a quelle fornite nell’ambito del servizio sanitario nazionale. 

Se, come lascia supporre il rilievo emerso dall’ispezione, non viene tenuta traccia degli orari dei medici che effettuano visite a pagamento, com’è possibile osservare le regole imposte dalla legge proprio per evitare che le liste di attesa si allunghino, con meno prestazioni pubbliche rispetto a quelle private? Il quadro appare estremamente serio, visto che dalle verifiche ministeriali queste tracciature non sarebbero state fatte non solo per l’attività all’interno dell’Asl, ma anche e soprattutto all’esterno, ovvero in quegli studi e laboratori dove sempre più medici ospedalieri lavorano come liberi professionisti. 

E questo apre la porta ad un’ulteriore questione irrisolta, altrettanto di impatto negativo sui tempi che devono essere attesi per una prestazione con il solo pagamento del ticket, qualora previsto. Sono sempre di più, ormai da tempo, i professionisti che anziché esercitare la libera professione all’interno della struttura pubblica, come prevede la legge, operano all’esterno con deroghe negli anni diventate sempre più a maglie larghe, tanto da annoverare, anche in Piemonte, casi in cui lo stesso specialista ospedaliero lavora in più di sette centri privati. 

L’eccezione diventata prassi, ovvero lavorare in intramoenia fuori dalle strutture pubbliche tradendo non solo la definizione latina, ma ancor più lo spirito della discutibile legge dovuta a Rosy Bindi, sarebbe confermata da un ulteriore rilievo mosso dall’ispettore alla gestione da parte dell’Asl Città di Torino. Nella riunione dello scorso 7 giugno è stato, infatti, riportato piuttosto chiaramente quanto anticipato dall’inviato del Mef, ovvero la criticità dovuta alla mancata analisi degli spazi disponibili all’interno dell’azienda per l’esercizio della libera professione. Situazione, anche questa, sempre più diffusa nelle aziende sanitarie e ospedaliere e strettamente legata a quelle deroghe che consentono a sempre più medici di esercitare la libera professione all’esterno, attraverso convenzioni che l’Asl può fare con i privati non accreditati, ma che sempre più spesso vengono in qualche modo “gestite” o perorate dagli stessi medici.

Tant’è che più di un professionista si sarebbe lamentato con l’azienda per le mancate convenzioni, come se l’Asl dovesse rispondere al medico che vuole lavorare fuori e non alla struttura privata che, eventualmente, chiede all’azienda di cedergli lo specialista al di fuori dell’orario di lavoro. Un’interpretazione dell’intramoenia sempre più distorta, quella che emerge da casi come questi, e sempre più foriera di disagi per i pazienti che di fronte ai tempi lunghi o lunghissimi delle liste d’attesa sono indotti, se non costretti a mettere mano al portafogli per pagare la stessa visita, dello stesso medico, ma effettuabile assai più rapidamente. Dopo l’ispezione e le criticità anticipate in attesa della documentazione ufficiale, come si diceva, alla Città di Torino si stanno predisponendo correttivi e modifiche anche importanti. Tra queste, nella bozza discussa, ci sarebbe istituzione di una modalità di tracciatura, con codici e sistemi informatici, ma anche l’adozione di un sistema unico, quello di PagoPa, per il pagamento delle visite e delle altre prestazioni in intramoenia. Previsto anche quel necessario censimento dei locali disponibili all’interno delle strutture aziendali per effettuare le visite a pagamento.

“Pur nell’attesa dell’esito ufficiale dell’ispezione e le eventuali indicazioni da tradurre in provvedimenti concreti ed efficaci, stiamo già rivedendo il regolamento in senso più stringente – spiega il direttore generale Picco – anche in virtù di tutti gli elementi e necessità che sono maturati negli ultimi tempi, anche e soprattutto legati al problema della liste d’attesa”. Quelle liste d’attesa che, non senza motivo, appaiono pressoché ovunque sempre più legate, nelle loro conseguenze negative, a una gestione dell’intramoenia, da rivedere profondamente. E non è un caso che le ispezioni si siano moltiplicate – in Piemonte altre aziende hanno ricevuto e riceveranno la visita dei funzionari del Mef  - proprio con l'accentuarsi della gravità di quello che resta il problema più grande della sanità. 

print_icon