Torna il Fronte Popolare. Come nel '48

Dunque, ci risiamo. L’eterno ritorno del passato. Sì, lo sappiamo tutti. La storia non si ripete. Il 1948 non è il 2024, come ovvio e scontato. È cambiato il mondo, si sono trasformate profondamente le società, non ci sono più quei partiti, sono tramontate le stesse culture politiche e, soprattutto, c’è una sorta di classe dirigente che non è neppur lontanamente paragonabile a quella espressa in quell’epoca. Eppure, malgrado questo oggettivo ed irreversibile cambiamento epocale, ritorna in grande stile un progetto politico: quello di un nuovo e rinnovato “Fronte Popolare”. Che, detto tra di noi, è sempre lo stesso. Ovvero, una sorta di ammucchiata, o blocco, politico ed elettorale contro il nemico dichiarato. Nel 1948 rappresentato dalla Democrazia Cristiana soprattutto e dai suoi alleati occidentali e oggi, invece, contro il solito nemico fascista, razzista, xenofobo, dittatoriale e profondamente antidemocratico.

Insomma, e mutatis mutandis, si ripete lo stesso schema seppur con forme e con modalità diverse. Ma mentre sino a qualche tempo fa la “santa alleanza” della sinistra, nelle sue diverse e multiformi espressioni, contro il nemico giurato si presentava sotto altri simboli, adesso si presenta rispolverando una vecchia categoria ideologica che trasmette immediatamente il suo significato più profondo. Ovvero, tutti uniti contro un nemico che, ieri come oggi, mette a rischio la democrazia nel nostro paese. Anzi, stando alle quotidiane ed ossessive dichiarazioni dei suoi leader, che l’ha già messa in discussione instaurando una sorta di “dittatura”, di “regime illiberale”, di “sistema che nega le libertà democratiche” e via di seguito.

Ora, al di là delle legittime opinioni di ciascun partito, è abbastanza evidente che questo è l’ultimo atto – e come da copione – di una concezione della politica che fa della radicalizzazione, dello scontro frontale contro il nemico irriducibile e della demolizione politica, culturale e personale di tutto ciò che non è riconducibile alla propria parte, la sua ragion d’essere. Anzi, contro il nemico irriducibile si può e si deve fare di tutto. Con tanti saluti, di conseguenza, al principio della democrazia dell’alternanza, al rispetto degli avversari che non sono mai nemici, alla condivisione dei principi basilari della nostra democrazia e dei nostri valori costituzionali e, in ultimo, alla necessità di trovare risposte e ricette il più possibile condivise – seppur partendo da culture politiche diverse – di fronte ai problemi più urgenti della nostra società. Perché quando si ricorre alla logica, o alla deriva, del “Fronte Popolare”, come l’esperienza storica ci insegna a livello nazionale ma non solo, non c’è santo che tenga, come si suol dire. E tutti i tentativi per abbattere il nemico diventano inevitabili e necessari. Perché in gioco, appunto, c’è la salvaguardia della libertà e della democrazia.

Ecco perché, ad al di là della legittimità della proposta del fronte delle sinistre italiane – dalla Schlein a Conte, dal trio Fratoianni/Bonelli/Salis al variegato mondo dell’estremismo rifondarolo e anti occidentale – si tratta di capire come risponderà a questo appello il mondo centrista, moderato, riformista e profondamente democratico del nostro paese. Quel mondo di centro, appunto, che non ha mai amato – nel 1948 con De Gasperi come nel 1980 con il “preambolo di Donat-Cattin ad uno storico Congresso della Dc, nel 1993 del post tangentopoli come oggi – l’accesa radicalizzazione del confronto politico nel nostro paese con la conseguente ed inevitabile violenza verbale. E, ieri come oggi, proprio per questo il Fronte Popolare del cartello delle sinistre riunite rischia di incappare in una dura sconfitta. Politica ed elettorale.

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