RETROSCENA

Not in my name, Cirio frena le fregole della sua lista

Dopo l'exploit elettorale la formazione pocket del governatore non vuole sbaraccare. Lui ormai è proiettato sulla scena nazionale e non sa che farsene, ma eletti e supporter non ci stanno. Il braccio di ferro sulle nomine e le frizioni tra i gemelli diversi della Granda

“Ma adesso vi mettete a fare come i partiti?”. Quando Alberto Cirio sbotta con Luca Robaldo, suo ex capo della segreteria e ora coordinatore della lista che porta il suo nome, il successo elettorale è già alle spalle ma la giunta regionale è ancora un mosaico da comporre. Il governatore è intento a barcamenarsi tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, c’è ancora il nodo Sanità da sciogliere, e la sua lista pare essere l’ultimo dei problemi. Poi però qualcuno s’impunta: di fronte a lui c’è Robaldo ma nelle retrovie scorge il profilo di Enrico Costa. Leali, non subalterni. “Siamo con te, ma con pari dignità rispetto agli altri” è il monito che gli viene recapitato. E lui abbozza.

Cirio e Costa, 51 anni il primo 54 il secondo, entrambi nati sotto il segno del Sagittario, ma così dissimili da rappresentare due facce della stessa medaglia. Li divide il censo politico – Cirio è un self made man carico di empatia e venature populiste, Costa ha un nome che nella prima repubblica era quello di un importante notabile e ministro liberale – li accomuna la terra cuneese su cui hanno mosso i primi passi in politica e su cui hanno edificato le loro roccaforti elettorali. Nella Granda in questi anni c’è stato posto per entrambi: uno langhetto di Alba, l’altro monregalese. Spesso la coppia è stata un trio con l’aggiunta di Guido Crosetto, il Gigante di Marene. Quando nel 2004 Cirio lascia la Lega per candidarsi con Forza Italia nella sua città, gli altri due sono già da un po’ alla corte del Cav. Ora che loro hanno alzato i tacchi e preso altre strade, lui è ancora lì con i galloni di vicesegretario.

Non son tempi d’idillio tra Cirio e Costa. Quella lista alla quale il governatore ha prestato il nome ora ai suoi occhi rischia di diventare un intralcio. E dire che era partita sotto i migliori auspici, l’ambizione di darle una connotazione politica ben identificabile, le parole “Civico Moderato e Liberale” da affiancare a “Piemonte” nel simbolo, la suggestione di presentare una carta dei valori. Insomma, un contenitore d’idee e non solo di voti. Un orizzonte lontano. Poi il quadro è cambiato, la nomina di Cirio tra i numeri due di Forza Italia (sono quattro e tutti ambiziosi) ha offerto al governatore un palcoscenico nazionale in cui interpretare finalmente la parte coi panni del politico di rango. Mettici quella sua natura pragmatica, tipica di chi ha imparato dalla vita e si sporca le mani nella terra, il fiuto prima dell’idea. Così la lista diventa un’incognita che può trasformarsi in un problema mentre a Roma c’è un’occasione da cogliere. Chiude la campagna a Napoli, al fianco di Antonio Tajani, mentre tra i “suoi” candidati c’è chi lamenta di averlo visto ben poco.

È stata una sorpresa innanzitutto per Cirio l’exploit della Lista Cirio. È andata bene. “Fin troppo”. Cinque eletti a Palazzo Lascaris, con oltre il 12% è la seconda forza della coalizione, terza formazione in Piemonte. All’inizio ci ha messo la faccia, anzi il suo bel faccione sorridente sui manifesti di tutto il Piemonte, poi ha progressivamente distolto l’attenzione anche per evitare di indispettire gli alleati che già tante storie avevano fatto, pretendendo di mettere becco financo sul progetto grafico del logo. C’è chi ancora si chiede se alla fine lui abbia votato Forza Italia o la sua lista, nessuno saprà mai la risposta. Di certo mentre Cirio allentava la presa, il consenso attorno alla sua creatura continuava a crescere a partire da Cuneo dove sono confluiti a frotte piccoli amministratori, sindaci apolidi con casacche politiche talmente stinte da renderli irriconoscibili. E ora sono proprio loro a chiedersi e a chiedere che ne sarà di quel progetto. Solo un carrozzone elettorale? Per Cirio la lista Cirio ha esaurito la sua funzione, Costa e Robaldo la pensano diversamente. E non sono i soli. Una lista Cirio senza Cirio? Chissà, magari toccherà ribattezzarla.

Non sfugge a nessuno che fuori dai confini della Granda, dove sfiorando il 23% ha prosciugato tutto il centro del centrosinistra e portato a 40 punti il distacco tra le due coalizioni, lo spirito originario del progetto sia parecchio sfumato come la sua natura civica. A Torino il neo assessore Gian Luca Vignale militava nel Movimento Sociale quando Cirio ancora portava i calzoni alla zuava, il futuro capogruppo Silvio Magliano ha le tasche piene di tessere di partito, dal Pdl all’Ncd, poi i Moderati. Mario Castello è civico nel senso che la politica l’ha sempre fatta il fratello Antonio, sindaco di Pianezza già Udc, che gli ha portato i voti per essere eletto, mentre Sergio Bartoli è il sindaco di Ozegna candidato da Daniela Ruffino e Osvaldo Napoli, esponenti di spicco di Azione in Piemonte. Ognuno lì risponde a se stesso.

Intanto però il braccio di ferro prosegue. Chi conosce Cirio e il suo cerchio magico sa quanto sia paradossale che proprio la sua lista abbia messo in dubbio l’elezione di Franco Graglia alla vicepresidenza del Consiglio regionale. Lui è di Forza Italia che ha già ottenuto, oltre a due assessori con deleghe pesanti (Marco Gabusi ai Trasporti e Andrea Tronzano al Bilancio), anche un sottosegretario (Claudia Porchietto). Robaldo vuole la vicepresidenza per i suoi, Cirio fa i conti con l’ennesimo affronto. “Come i partiti!”.

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