RIFORME

Autonomia, adelante con juicio. Calderoli frena le fughe in avanti

Il padre della riforma teme si acuisca la tensione e lo spettro del referendum. Richiamo alla calma alle Regioni scalpitanti, Piemonte in testa (dopo essere stato in coda). Lo scenario apocalittico del sindaco di Catanzaro: "Ci sarà un esodo biblico dal Sud"

Contro l’autonomia e in vista del referendum si fa leva anche sul legame con la terra d’origine. C’è un sindaco, quello di Catanzaro, che ha scritto a oltre quaranta associazioni di calabresi nel Nord, dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto alla Toscana, facendo appello al loro impegno prefigurando scenari quasi apocalittici generati dalla divisiva riforma. “Ci sarà – scrive Nicola Fiorita ai suoi corregionali – un esodo biblico dal sud verso il nord. Le grandi città, da Milano a Torino, da Genova a Bologna, saranno letteralmente prese d'assalto da cittadini, in prevalenza giovani, che non avranno più motivo di restare nelle loro città deserte e con scarsi servizi”. Per il sindaco, giurista eletto dal campo largo due anni fa, “le regioni del nord non potranno sopportare il peso di questo esodo e si creeranno dei propri sud, con una contrapposizione non geografica, ma sociale ed economica tra ricchi e poveri”.

Quanto sia aspro lo scontro politico, ma anche territoriale, sulla legge scritta dal leghista Roberto Calderoli e ancora prima divenuta bandiera del suo partito, è ormai chiaro così come l’intenzione di provare con cogni mezzo, referendum in primis, a cancellare la riforma da parte delle opposizioni cui si uniscono governatori del centrodestra alla guida di regioni meridionali.

In questo clima, anzi proprio per la tensione destinata a crescere, vanno lette le parole spese proprio dal padre della riforma. Calderoli ha, in sostanza, invitato le Regioni scalpitanti e già in corsa per la richiesta di quelle competenze che non sono subordinate ai Lep, i livelli essenziali di prestazioni, appunto a non correre eccessivamente. Quella che a prima vista potrebbe apparire una contraddizione, in realtà è il frutto di un ragionamento: più si carica di significato politico l’accelerazione verso le materie “disponibili” in attesa delle altre che dovranno aspettare i Lep, più si corre il rischio – è in sostanza il Calderoli pensiero – di accentuare lo scontro e fornire argomenti di forte presa al fronte contrario in vista della consultazione popolare. Adelante con juicio, insomma. Ma ascolteranno i Pedro, ovvero le scalpitanti Regioni che in qualche modo rischiano di ottenere il risultato opposto a quello verso cui procedono come bersaglieri? 

Dalla Lombardia il presidente Attilio Fontana, a conclusione dell’incontro con gli stakeholder agli Stati Generali per il Patto di Sviluppo ha mostrato una certa tranquillità, spiegando che “abbiamo presentato le modalità attraverso le quali arrivare all’applicazione dell’autonomia, riscontrando un vastissimo sostegno”. Il non detto è: abbiamo già fatto quel che si doveva, senza suonare eccessivamente la grancassa. Il Veneto da parte sua aveva da tempo, sotto lo stendardo di San Marco, il dossier che il Doge Luca Zaia teneva pronto ancor prima che il testo Calderoli diventasse legge. A ben vedere se c’è chi, ancora una volta ha premuto sull’acceleratore facendo fischiare le gomme è proprio il Piemonte. Da sempre a ruota della Lombardia, tanto da avere in passato copiato un testo finendo per seguire anche nello svarione il modello lombardo, la Regione nuovamente nelle mani del centrodestra, ma con una Lega fortemente ridimensionata, sembra avere più di un titolo per comparire tra i destinatari privilegiati del messaggio di Calderoli. 

E, tanto per non smentirsi, dopo il copia incolla del testo lombardo arriva la traduzione piemontese di quello veneto. Il neo assessore all’Autonomia, Enrico Bussalino corregge spiegando che “si è preso spunto” dalla lettere di Zaia a Giorgia Meloni per chiedere un tavolo di confronto sulle 9 materie indenni da Lep. Un primo passo, più politico che sostanziale, ma di corsa perché come ha ripetuto l’assessore leghista “Vogliano partire subito, vogliamo accelerare”. Ecco, appunto, magari anche citofonare Calderoli. Ovvio che non stupisca l’entusiasmo leghista, affidato al neoeletto ex presidente della Provincia di Alessandria su cui il segretario regionale Riccardo Molinari ha puntato le sue fiches e per il quale non poteva non esserci quella delega-totem per il partito il cui leder nazionale, in verità, s’infiamma più per le greche di Roberto Vannacci che per il drapò subalpino e analoghi vessilli territoriali. Almeno in questa legislatura Palazzo Lascaris ci risparmierà la Commissione speciale che nata cinque fa tra squilli di tromba si è conclusa nel disinteresse generale (e senza grandi risultati).

Sul Piemonte, nella vicenda dell’autonomia, sono indubitabili le conseguenze che facilmente possono essere prodotte da due questioni. La prima è quella dei mutati e di fatto capovolti pesi all’interno della maggioranza della Lega e di Fratelli d’Italia, come noto non proprio dei pasdaran dell’autonomia rafforzata, considerata semmai la contropartita parlamentare per il premierato. Nessuno ostacolo, ribadiscono i meloniani, e non c’è da dubitarne, ma questo non equivale ad avere un alleato smanioso di contribuire all’accelerata. E poi c’è il governatore che al netto delle dichiarazioni fin troppo calde sulla riforma, è pur sempre non soltanto collega del governatore della Calabria Roberto Occhiuto, ma condivide con lui la vicesegretaria nazionale di Forza Italia, partito cauto e guardingo a non perdere sul terreno dell’autonomia il notevole bacino di voti che storicamente ha nel Sud.

“Nessuna fuga in avanti”, ha assicurato nei giorni scorsi Bussalino quasi a presagire quel consiglio che di lì a poco sarebbe arrivato proprio dal padre della riforma che per poter passare dalle parole ai fatti ha bisogno ancora di un bel po’ di tempo (per i Lep si ipotizzano adirittura due anni), ma soprattutto di evitare di alzare ulteriormente la tensione, rischiando profonde lacerazioni all’interno della stessa maggioranza.

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