ECONOMIA DOMESTICA

Lombardia locomotiva, Piemonte vagone. Economia italiana trainata dal Nord

Quest'anno crescerà dello 0,95%, seguita da Emilia-Romagna (0,86%) e Veneto (0,80%). Le difficoltà dell'industria e, soprattutto, dell'automotive incidono sulla regione (+0,65) che scende a livello europeo. Su base provinciale Milano al top, Torino 24esima

Anche nel 2024 la Lombardia, l’Emilia-Romagna e il Veneto saranno le regioni che traineranno il Pil reale nazionale che, stando ai principali istituti di statistica, dovrebbe attestarsi attorno al +0,7%, contro il +0,1% della Germania, il +0,7% della Francia e il +2,1% della Spagna. Lo rileva la Cgia secondo la quale la Lombardia dovrebbe crescere dello 0,95%, l’Emilia-Romagna dello 0,86%, il Veneto dello 0,80%, mentre la Valle d’Aosta dello 0,81%. Le prime tre messe assieme producono il 41% del Pil nazionale, il 53% dell’export italiano e vi risiedono oltre 19 milioni di persone, il 33% dell’intera popolazione in Italia: sono, per usare un’abusata metafora le locomotive del Paese. Il Piemonte, con una crescita previsionale dello 0,65%, non ha perso il treno ma viaggia a velocità ridotta.

Come evidenziato dalla Banca d’Italia, nel 2024 la crescita dell’Italia sarà molto contenuta e in massima parte sostenuta dal buon andamento dei servizi (in particolare dal turismo) e dell’export. L’industria in senso stretto, invece, è destinata a subire un deciso ridimensionamento: in particolare nel settore della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori), dell’automotive e del metallurgico (produzioni siderurgiche, di semilavorati e di preziosi). Anche gli investimenti non dovrebbero subire particolari incrementi, mentre i consumi delle famiglie sono destinati a salire nella seconda parte dell’anno, dopo il calo registrato tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.

ITALIA A DUE VELOCITÀ – Se le altre regioni del Centronord cresceranno tutte con incrementi che vanno dallo 0,5% in su, per contro le realtà geografiche del Mezzogiorno segneranno una variazione di crescita, sebbene sempre anticipata dal segno più, ma di modesta entità. Ad eccezione della Campania che dovrebbe aumentare il proprio Pil reale dello 0,57%, la Sardegna del +0,49%, la Sicilia del +0,46%, la Basilicata del +0,37%, la Puglia del +0,36%, l’Abruzzo e la Calabria del +0,23% e il Molise del +0,22%.

COVID ADDIO – Se misuriamo la variazione del Pil reale tra il 2024 e il 2019 (anno pre-pandemico), quasi tutte le regioni hanno recuperato abbondantemente il terreno perduto, in particolare nel 2020 che, ricordiamo, ha costretto tantissime attività economiche a chiudere e buona parte degli italiani a rimanere in casa. Ebbene, se da questo confronto la Lombardia può contare su un Pil del 6,65 per cento superiore al dato conseguito nel 2019, la Puglia ha registrato uno straordinario +6,18 per cento e l’Emilia-Romagna +5,62 per cento. Bene anche le altre tre regioni del Nordest: se il Trentino-Alto Adige può contare su una variazione del +4,98 per cento, il Friuli-Venezia Giulia del +4,77 per cento e il Veneto del +4,60 per cento. Le uniche realtà che, invece, non sono ancora ritornate ai livelli pre-Covid sono l’Abruzzo con il -0,23 per cento e l’Umbria con il -0,26 per cento.

BOLZANO PEIMA IN EUROPA – Da un’elaborazione su dati dell’Eurostat e riferiti al 2022, emerge che nella classifica del Pil pro capite a parità di potere d’acquisto delle 240 regioni presenti nell’Unione Europea, la regione più ricca è l’irlandese Southern con un importo pari a 101.200 euro. Seguono Luxembourg con 90.900 euro e l’irlandese Eastern and Midland con 87.600 euro. La Provincia Autonoma di Bolzano è il primo territorio italiano che nella graduatoria generale si colloca, però, al 13° posto con 56.900 euro. Seguono la Provincia Autonoma di Trento al 33° posto con 46.100 euro, la Lombardia al 34° posto con 46.000 euro e la Valle d’Aosta al 35° posto con 45.700 euro. Come era ovvio attendersi, le nostre regioni del Mezzogiorno sono concentrate nella parte bassa della classifica. La Puglia, ad esempio, è al 200° posto con un Pil pro capite di 22.900 euro, la Campania è al 205° posto con 22.200 euro, la Sicilia al 211° con 21.000 euro e, infine, la Calabria è al 215° posto con 20.300 euro. Fanalino di coda in Ue è la regione bulgara di Severozapaden con soli 14.100 euro. Va altresì segnalato che rispetto al 2019 (anno pre-Covid), nella graduatoria europea del Pil pro capite tutte le nostre regioni del Nord (ad eccezione del Piemonte che è sceso di tre posizioni) o non hanno perso terreno (il Veneto) o hanno migliorato la posizione che occupavano prima della crisi pandemica (tutte le altre). Diversamente, le nostre regioni meridionali, ad eccezione del Molise e della Basilicata, sono scivolate ulteriormente verso il fondo della classifica generale, in particolare la Calabria, la Campania e la Sicilia che hanno perso rispettivamente quattro, cinque e sei posizioni a livello europeo.

MILANO AL TOP – Analizzando la crescita del valore aggiunto reale delle 107 province italiane la classifica è guidata da Milano (+1,14). Seguono Pavia con il +1,01%, Vicenza con il +0,98%, Bologna con il +0,95%, Modena con il +0,92% e Pordenone con il +0,88%. Tra le province piemontesi Torino si piazza al 24° posto con una crescita stimata dello 0,60%, di poco sotto c’è Biella (+0,55%) e via via le altre: Novara e Alessandria (+0,46%), Cuneo (+0,38%), Vercelli (+0,36%), Verbano-Cusio Ossola (+0,21), Asti (+0,14%). Tra tutti i territori analizzati, nove dovrebbero registrare una crescita negativa, scivolando così verso la recessione economica. Le situazioni più difficili parrebbero interessare Crotone e Isernia, entrambe con -0,13%, Ragusa con il -0,14% e, maglia nera nazionale, Vibo Valentia con il -0,23%. Infine, mettendo a confronto il valore aggiunto previsto nel 2024 con quello del 2019 (anno pre-Covid), Rieti ha registrato una straordinaria variazione pari al +14,34%; la più alta di tutto il Paese. Seguono Siracusa con il +12,95%, Taranto con il +12,69% e Modena con il +11,60%. Diversamente, sono una dozzina le province che nell’arco temporale analizzato non hanno ancora recuperato il livello che avevano raggiunto 5 anni fa. Le situazioni più critiche riguardano Fermo con una variazione del valore aggiunto del -2,06%, L’Aquila con il -2,14%, Sondrio con il -3,26% e Firenze con il -3,68%.

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