SACRO & PROFANO

"Voce" di una sola parte, a Torino monta la critica al foglio cattolico

La sferzata dell'ex vicesindaco e parlamentare Calgaro: il settimanale non risponde "alla sensibilità e al giudizio di tutti i credenti della diocesi". Le deboli (e risentite) risposte di direttore e Accornero. S'infiamma il dibattito sul diaconato femminile

A Torino prosegue il dibattito, sollevato da un lettore, che si era chiesto se il settimanale diocesano, La Voce e il Tempo, fosse diventato un organo della sinistra, Sul numero di questa settimana è intervenuto, con ampie, pacate e ragionevoli  argomentazioni, l’ex sindaco ed ex parlamentare cattolico della Margherita e del Pd, Marco Calgaro, il quale espone diverse critiche e chiede, intelligentemente, che si apra almeno un dibattito a livello cittadino e diocesano ritenendo egli che il foglio cattolico sia un settimanale «di parte» che non risponde «alla sensibilità ed al giudizio di tutti i credenti della diocesi».

All’ex vicesindaco hanno risposto, a riprova della delicatezza del problema, oltre che il direttore, Alberto Riccadonna, anche don Pier Giuseppe Accornero, classe 1946, giornalista e scrittore, noto per le sue anodine cronache vaticane sullo stesso settimanale. Ambedue – con più consapevole e fiera superficialità Accornero – non colgono volutamente il punto messo in luce da Calgaro e pensano di cavarsela, il primo, tirando in ballo le vetuste accuse di comunismo rivolte a Pellegrino e a don Ciotti che non c’entrano nulla, e riducendo il tutto ad una questione di «etichette». Alcuni rilievi sono da segnalare: nessun disagio per Accornero, tutto va bene, anzi, «ci vorrebbe più sinistra, visto la catastrofe combinata dal governo di destra». A quali catastrofi si riferisca poi, è tutto da indagare, alla faccia del settimanale «non di sinistra». Circa i valori poi, il vaticanista è addirittura entusiasta: in 60 anni i giornali diocesani non hanno mai «sgarrato di un millimetro e affermare il contrario è fare opera di disinformazione».

Il direttore, auspicando una «terza via cattolica» sulla quale da anni si spendono fiumi di inchiostro senza mai approdare a nulla afferma, filosofeggiando, che il cristianesimo tiene insieme valori che destra e sinistra separano ma sa bene – o lo dimentica – che quello che il cristianesimo non separa è – per rimanere alle questioni etiche – la libertà dalla verità e che la democrazia si regge, secondo il Magistero, su una visione indisponibile e trascendente della persona umana. Insomma, risposte piuttosto sbrigative che anche alcuni intelligenti progressisti hanno reputato non all’altezza della questione posta da Calgaro, che travalica di gran lunga l’ambito politico. In definitiva, ancora una volta, le argomentazioni degli esponenti di quello che rimane del giornalismo cattolico si rivelano mediocri, confermando tuttavia indirettamente come – piaccia o no – oggi la reale divaricazione fra i cattolici è di natura teologica.

Lo si nota quando i vescovi parlano come se Cristo non ci fosse, secolarizzandone il messaggio, riducendolo a paladino della Costituzione; diventando così la Chiesa una delle tante agenzie del «vago umanesimo senza radici e senza ragioni» che popolano il sociale, per il quale la sola proposta alta che essa possa fare non è più l’annuncio di Cristo – unico e necessario Salvatore del mondo – ma al massimo il concepirsi come mero luogo di confronto. Della serie: “Non indichiamo una via, ma siamo una piazza in cui tutti possono confrontarsi”. Quale differenza dall'immagine, cara a Giovanni XXIII, della Chiesa come «fontana del villaggio» alle cui acque rigeneranti di Cristo tutti possono dissetarsi! La Settimana sociale (dei cattolici?) appena conclusasi a Trieste lo ha ribadito: l’impegno sociale e la politica vengono assolutizzati, nessun respiro trascendente. Così la gerarchia attuale della Chiesa dice che si può collaborare con tutti ma, detto questo, si deve poi constatare che nei suoi vertici non collabora per niente con tutti, ma solo con alcuni. Il todos, todos, todos è pura ideologia. Di questo, cattolici come Marco Calgaro, che forse non hanno separato la libertà dalla verità, se ne sono accorti da tempo. Forse, prima di prosciugare tante risorse economiche, i vertici curiali dovrebbero meditare e porsi il problema di dare ai cattolici un’informazione all’altezza del compito che è quello di offrire risposte convincenti.

A proposito di non aver mai sgarrato, anche i tempi gloriosi di don Franco Peradotto – l’uomo che non divenne mai vescovo – possono, a un esame critico che finora nessuno ha fatto, limitandosi alle apologie, manifestare qualche ombra. L’estate è stagione propizia per qualche rimembranza storica. Cominceremo nelle prossime note parlando di un certo don Giuseppe Pollarolo.

***

Il seminario diocesano di Torino, affidato alle pervasive cure del rettore don Giorgio Garrone, pare abbia subito qualche defezione. A tutt’oggi gli aspiranti al sacerdozio in formazione nella palazzina di via Lanfranchi sono tredici per una diocesi di due milioni di abitanti. Il “modello boariniano” che si sta imponendo non funziona più come un tempo, perché è vecchio ed è da tradizionalisti riproporlo dopo 40 anni; ma forse, molto più realisticamente, perché non ha mai funzionato: è autoreferenziale e, ultimamente, fondato su gravi equivoci morali.

***

Dalla corte di Santa Marta

Appare nelle librerie, fresco di stampa, il volume Donne e ministeri nella Chiesa sinodale. Un dialogo aperto scritto a dieci mani sul tema caldo relativo alle donne e ai ministeri ecclesiali e con, niente di meno, la prefazione di papa Francesco. Il volume mette a conoscenza i temi trattati negli ultimi incontri del consiglio dei cardinali – il C9 – in particolare in quello del 5 febbraio scorso a cui parteciparono anche tre teologhe: suor Linda Pocher delle Figlie di Maria Ausiliatrice, docente di Cristologia, Giuliva Di Berardino, dell’Ordo Virginum e insegnante di danza liturgica e la “vescovessa” anglicana Jo Bailey Wells le quali, insieme ai cardinali Jean-Claude Hollerich (vedi Spiffero), arcivescovo di Lussemburgo, schierato apertamente per l’ordinazione sacerdotale delle donne e Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, hanno curato il testo. Naturalmente tutti, con vari distinguo, sono favorevoli all’ordinazione diaconale delle donne; interessante è la posizione di suor Linda Pocher che in un’intervista ha riassunto la questione. Sul problema vi sono tre posizioni: la prima vorrebbe lasciare le cose come stanno in quanto nessuno è in grado di sapere chi fossero realmente le diaconesse dei primi secoli; la seconda è «una forma di diaconato senza ordinazione, perché è importante dal punto istituzionale nella Chiesa riconoscere il servizio delle donne» mediante l’individuazione di un ministero ufficiale; la terza richiede un vero e proprio diaconato femminile permanente, senza possibilità di ordinazione sacerdotale».

Al proposito, circola in Vaticano una notizia che viene data per certa. Durante gli incontri del C9 con le teologhe, una di queste, di cui omettiamo il nome, avrebbe, coram Sanctissimo, sottoposto a dura critica e smontato la tesi, cara al Santo Padre, di quello che viene definito il «principio mariano e il principio petrino», elaborazione dovuta a uno dei grandi teologi del Novecento, lo svizzero Hans Urs von Balthasar. Nell’udienza generale del 30 novembre 2023, Franceso ha detto che il ruolo della donna nella Chiesa «non si risolve per via ministeriale, si risolve per via mistica, per la via reale. A me ha dato tanta luce il pensiero balthaseriano: principio mariano e principio petrino». Per questo, sembra che l’uscita della teologa al C9 non sia stata presa per nulla bene dal papa che si è irritato non poco. Di conseguenza, la seconda via, quella indicata da suor Linda Pocher, appare la più probabile.

***

Per rimanere nella patria di von Balthasar, nella vicina Svizzera, dove la Chiesa cattolica si pone sempre all’avanguardia, l’associazione elvetica “Alleanza per l’eguaglianza cattolica” ha pubblicato, lo scorso 5 luglio, un elenco di parrocchie disponibili per la benedizione di coppie omosessuali. I sacerdoti non sono molti, mentre in maggioranza sono laici, anche donne, e quindi la benedizione non è liturgica. Ma l’importante è iniziare e pazienza se Fiducia Supplicans mette alcuni ostacoli. Nel post-Concilio, soprattutto nella liturgia, l’importante è – forzando la norma – instaurare una prassi diffusa e creare le premesse per il suo riconoscimento giuridico. Un laico o una laica iniziano a impartire benedizioni dentro una chiesa e sull’altare e tra poco celebreranno “messa”, ossia avremo preti donne e preti sposati che amministreranno i sacramenti.

In Belgio invece, il cardinale Jozef de Kesel, ex arcivescovo di Bruxelles, insieme al vescovo attuale, monsignor Luc Terlinden, sono stati condannati a risarcire con 1500 euro ciascuno una donna di 62 anni da decenni impegnata in parrocchia in quanto impedita, per ben due volte, dal completare il corso di studi per i diaconi in quanto, per adesso, ancora non è permessa l’ordinazione diaconale alle donne. Per i giudici, la signora è stata effettivamente discriminata perché, indipendentemente dall’ordinazione, non le è stato permesso dai superiori ecclesiastici di aver la necessaria formazione teologica, attuando così una vera discriminazione di genere.

print_icon