PALAZZO LASCARIS

"Una Costituente per il Piemonte".
Valle lancia la sfida a Cirio (e al Pd)

In questa legislatura il presidente dovrà cimentarsi su un terreno che ha praticato poco in passato: governare. "Potresti lasciare un'eredità. Lavoriamo insieme", lo incalza il mancato avversario dem. Dal piano sociosanitario all'urbanistica. Banco di prova anche per l'opposizione

“Una nuova Costituente per il Piemonte”. Il giorno dell’insediamento del nuovo Consiglio regionale che segnerà l’inizio della XII legislatura, tra gli sconfitti si leva una voce che prende la forma di una mano tesa nei confronti di Alberto Cirio. È quella di Daniele Valle, lo stesso che per mesi ha accarezzato il sogno di poter sfidare il governatore uscente, esponente di spicco di quell’area riformista che ha sostenuto Stefano Bonaccini all’ultimo congresso del Pd, poi candidato consigliere e rieletto sull’onda di oltre 9.500 preferenze, per il suo terzo mandato consecutivo. Ha 40 anni ma può considerarsi a buon diritto un veterano di Palazzo Lascaris.

Valle, il Pd è già pronto alle larghe intese?
«Ora non esageriamo. Il mio è un ragionamento più ampio».

Ci dica.
«Innanzitutto parto dall’assunto che la vittoria di Cirio è stata la più larga dall’introduzione dell’elezione diretta del presidente, nel 1993, ed è la prima volta dal bis di Ghigo che s’interrompe l’alternanza tra destra e sinistra».

Insomma, per voi non è andata benissimo, ed è cosa nota. Ma questo cosa dimostrerebbe?
«L’impossibilità per Cirio di ricandidarsi tra cinque anni e la sconfitta del centrosinistra creano condizioni politiche uniche: il presidente, infatti, ha bisogno di lasciare un’eredità, di affrontare le grandi questioni rimaste sul tavolo nei passati cinque anni, se non vuole essere ricordato solo come quello “bravo a comunicare”. D’altra parte, il centrosinistra ha bisogno di scrollarsi di dosso l’immagine dei condannati all’opposizione, di accreditarsi come una forza di governo credibile: noi torneremo a governare, lavoriamoci da subito perché il Piemonte resti una regione contendibile. Siamo a inizio legislatura: quale miglior momento per una discussione vera?»

Lei è probabilmente la persona più vicina al sindaco Stefano Lo Russo: vuole portare la concordia istituzionale anche a Palazzo Lascaris? Dalla Costituente all’inciucio è un attimo…
«Sono due cose diverse. I vertici istituzionali di Regione e comune capoluogo rappresentano tutti e hanno il dovere di confrontarsi ogni giorno per affrontare insieme la quotidianità. Noi non siamo tenuti a un approccio dialogante e per contro la maggioranza può legittimamente procedere da sola, ma su questioni che vanno oltre l’interesse di una parte, con un orizzonte ben più lontano rispetto alla durata di una legislatura è opportuno un confronto schietto pur nella diversità dei punti di partenza».

E quali sono i grandi temi su cui destra e sinistra dovrebbero aprire una discussione?
«Partiamo dal primo, forse quello centrale. Il centrodestra ha già una bozza di piano sociosanitario nel cassetto, che doveva portare in Consiglio a marzo e che forse saggiamente ha deciso di sottrarre alla campagna elettorale. Ora lo presenti subito e prendiamoci da qui a fine anno per una discussione davvero aperta, che coinvolga enti locali, sindacati, professionisti, associazioni dei pazienti e che dia un progetto di sanità alla nostra regione».

In ambito sanitario c’è anche l’annosa questione della costruzione di nuovi ospedali. Un argomento su cui anche tra le minoranze ci sono opinione diverse, a partire dal rapporto con i privati.
«Spesso sento dire che l'Italia non può permettersi 20 sistemi sanitari diversi. Vale anche per il Piemonte, dove un sistema sanitario cresciuto inseguendo emergenze e potentati locali ha creato sperequazioni indegne fra territori. Occorre prendersi la responsabilità di dire quali ospedali fra i nove in programma partiranno per primi. O ci racconteremo che il Piemonte può permettersi 5 ospedali Inail e 4 partenariati, spendendo oltre 300 milioni di euro all’anno di canoni?».

Altre questioni?
«Penso alla questione demografica e istituzionale del Piemonte. Secondo l’ultimo rapporto Ires, nel 2023 il saldo tra nascite e decessi è negativo di oltre 28mila unità. Il Piemonte è suddiviso in 1.180 comuni, mentre la Toscana in 273 e l’Emilia-Romagna in 330. Con lo spopolamento dei territori marginali, per molti dei nostri paesi non c’è più molto tempo: rischiamo che storie e comunità vadano perdute. Se vogliamo preservare la sostenibilità futura dei servizi pubblici è necessario scrivere una nuova legge sugli enti locali che blocchi le porte girevoli nelle unioni dei comuni, assegni funzioni da gestire insieme, valuti la coerenza geografica e sociale delle aggregazioni, introduca un serio sistema di sostegni e incentivi alle unioni e alle fusioni. E non è finita».

C’è altro che vorrebbe mettere sul nuovo tavolo costituente?
«In questa legislatura la legge urbanistica piemontese compirà 50 anni. In un momento di grandi trasformazioni per il nostro territorio e di sfide ambientali cruciali, quello è un altro strumento da attivare, aggiornandolo al tempo che passa».

Vaste programme. Però con la stessa mano che tende a Cirio ha firmato contro l’Autonomia differenziata, altro argomento di prospettiva su cui si sarebbe potuta trovare un’intesa.
«Certo, e lo rivendico. L’autonomia è il classico esempio di una riforma su cui non si è voluta trovare un’intesa. Il centrosinistra con Sergio Chiamparino aveva condiviso un elenco ragionevole di materie con il centrodestra su chiedere maggiori competenze. Nella scorsa legislatura la Lega ha deciso di procedere a colpi di maggioranza, trasformandola in una propria battaglia identitaria. Oggi lo stesso sta capitando a Roma, dove la legge è divenuta oggetto di uno scambio, peraltro strabico nel merito, sul premierato. La responsabilità di costruire le condizioni del confronto, di ridare centralità al ruolo delle assemblee elettive parte prima di tutto dalla maggioranza».

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