POLITICA & GIUSTIZIA

Toti getta la spugna: Liguria al voto

Dopo 80 giorni di arresti domiciliari il governatore rassegna le dimissioni. Troppo forti le pressioni giudiziarie, sempre meno granitico il sostegno del centrodestra. Mossa utile alla sua difesa processuale. Per la successione probabile duello tra Orlando (Pd) e Rixi (Lega)

Giovanni Toti si è dimesso dalla carica di presidente della regione Liguria. La lettera di dimissioni firmata è stata consegnata questa mattina all’ufficio protocollo della Regione dall’assessore della Lista Toti Giacomo Giampedrone. Questo il testo della missiva con la quale il governatore ha lasciato l’incarico: «Io sottoscritto, Giovanni Toti, con questa mia rassegno dimissioni irrevocabili da presidente della Giunta regionale della Liguria, carica alla quale sono stato proclamato con atto dell’ufficio centrale per l’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale della Liguria presso la Corte di appello di Genova in data 8/10/2020. Inoltro questa mia alle autorità in indirizzo per tutte le competenze di legge relative alla gestione transitoria dell’ente e l’avvio delle procedure per l’indizione di nuove elezioni».

Dopo ottanta giorni di arresti domiciliari per l’inchiesta in cui è accusato di corruzione, falso e abuso d’ufficio Toti ha deciso di gettare la spugna. Troppo forti le pressioni giudiziarie sempre meno granitico il sostegno del centrodestra. Contemporaneamente farà partire la richiesta di revoca della misura cautelare alla giudice delle indagini preliminari Paola Faggioni che ha disposto nei suoi confronti la custodia nella villa di Ameglia. Le misure sono due: c’è anche quella per finanziamento illecito. Le dimissioni di Toti danno il via alla campagna elettorale per la presidenza della Regione Liguria. Dove ci sono già due candidati: l’ex ministro della Giustizia ed esponente Pd Andrea Orlando, che ancora mostra qualche resistenza in virtù delle sue ambizioni di continuare a giocare un ruolo da “leader” nazionale nel suo partito, e il leghista Edoardo Rixi, vice di Matteo Salvini al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Nel centrodestra si parla di un possibile via libera al candidato leghista in cambio della rinuncia in Veneto alla successione di Luca Zaia che verrebbe dirottato nella corsa a sindaco di Venezia lasciando il campo libero a un candidato di Fratelli d’Italia.

Le dimissioni arrivano mentre l’inchiesta è alle battute finali. E sul governatore della Liguria aleggia lo spettro del processo immediato custodiale. I pubblici ministeri Luca Monteverde e Federico Manotti potranno disporlo a partire da martedì 30 luglio. Ovvero quando scadranno i termini per presentare ricorso al tribunale del riesame contro i domiciliari. Che Toti comunque non farà, come ha assicurato in più occasioni il suo legale Stefano Savi. Per il presidente questo significherebbe finire subito a processo, senza passare dal giudice per l’udienza preliminare. E soprattutto restando agli arresti nella villa di Ameglia. Con le dimissioni invece l’istanza per la revoca dei domiciliari non avrebbe motivi per non essere accolta. Perché senza la carica decade il rischio di reiterazione del reato. Con il ritorno in libertà in ogni caso Toti potrebbe lo stesso ricevere l’avviso di conclusione indagini, prodromo della richiesta di rinvio a giudizio.

Ieri, intanto, in consiglio a Genova è stato formalizzato il cambio di nome per Cambiare-Con Giovanni Toti, che adesso non ha più la parola “presidente” nel nome. Perché, come hanno spiegato i consiglieri, in caso di elezioni così non dovranno raccogliere di nuovo le firme. Una scelta che conferma l’intenzione di non candidarsi da parte di Toti. La tornata elettorale sarà anticipata tra ottobre e novembre, forse accorpata con le urne in Emilia-Romagna e Umbria.

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