BERLUSCONES

Cirio studia da leader nazionale,
intanto tiene d'occhio Occhiuto

Appena rieletto il governatore pensa già al suo futuro dopo la Regione. Molto dipenderà dalla piega che prenderà Forza Italia tra Pier Silvio, Marina e l'ideologo Del Debbio. Per ora è appiattito su Tajani. Il "duello" non dichiarato con il presidente della Calabria

“Alberto, occhio a Occhiuto”. Tra il serio e il faceto, chi già vede le neppure troppo coperte ambizioni sullo scenario nazionale del governatore del Piemonte, regala a lui questo prezioso avvertimento. Due galli nel pollaio, come più prosaicamente preconizza chi guarda al nuovo corso di Forza Italia? Certo quelli di Roberto Occhiuto e di Alberto Cirio sono due profili in cui i punti in comune – entrambi governatori, tutti e due, pressoché coetanei, vicesegretari nazionali del partito – non bastano a coprire differenze anche notevoli, modalità di approccio e prese di posizione che in politica contano, soprattutto quando arrivare il momento di contare e magari di contarsi.

I numeri con cui Cirio è stato riconfermato alla guida del Piemonte se non sono da standing ovation poco ci manca e questo è un atout che il governatore è pronto a calare in qualunque occasione lo ritenga necessario. Ma la vittoria bis ottenuta a piene mani è anche l’ultima per la presidenza della Regione. E questo il lungimirante Cirio lo sa bene e lo sapeva già prima di tagliare, senza patemi d’animo il traguardo elettorale, tanto da aver già da un po’ di tempo preso una postura politica che, pur forte del ruolo istituzionale, guarda a un orizzonte ben più ampio di quello che scorge affacciandosi dal 40esimo piano del grattacielo. 

Non è un caso che abbia preso a intensificare le presenze nella Capitale: negli uffici del partito in San Lorenzo in Lucina è quasi di casa, lì riceve e incontra, tesse e rafforza relazioni che sono sempre più improntate a uno scenario nazionale. Spesso allunga il passo di pochi metri fino a Montecitorio dove spesso si intrattiene con deputati non necessariamente piemontesi. E che la volontà sia quella di rafforzare il suo profilo nazionale è ulteriormente confermata dalla spasmodica ricerca delle risorse, scavando nei budget per gli staff ridotti all’osso per far spazio alle due nuove figure dei sottosegretari, necessarie a retribuire un collaboratore incaricato di presidiare Roma e, soprattutto, introdurlo nei principali talk show.

Un percorso nuovo, quello del rieletto presidente, sul quale trova un ostacolo che porta, appunto, il nome di Occhiuto. Giova ricordare come al momento della designazione dei sottosegretari, il governatore della Calabria avrebbe voluto i galloni di vicario e nella scelta di Cirio da parte di Antonio Tajani fu anche in chiave di cntenimento delle ambizioni  del poitico cosentino. Occhiuto è stato parlamentare e capogruppo e conta su una rete di relazioni (e di uomini) già consolidata. Ma i punti di contrasto o, se si vuole, di non perfetta consonanza tra i due sono anche altri. Politici, anzitutto. A partire dall’autonomia. Mentre Cirio appena insediato s’affretta a inviare la lettera, col sigillo della Lega, di richiesta di tutte le materie, il suo omologo calabrese rompe il fronte, in verità tutt’altro che granitico, del centrodestra sulla riforma e si pone petto in fuori contro il testo-vessillo di Roberto Calderoli. Allargando al destra la schiera dei Masanielli non solo più al Sud, ma finendo per fare brecce anche al Centro e al Nord. Brecce forse meno frutto di intransigenti convinzioni e più dovute alla tattica politica con un posizionamento meno prono rispetto alla Lega, ma anche allo stesso partito di Giorgia Meloni. Tant’è che la previsione funesta dell’esito referendario fatta proprio da Occhiuto è un ulteriore segnale di quanto stia accadendo nel partito orfano del fondatore e di quel che potrebbe accadere, considerando lo storico forziere elettorale azzurro nel Meridione. Non solo, la stessa fuga in avanti di Cirio con la lettera spedita con la fretta di un telegramma per incassare al più presto i frutti dell’autonomia, trova una sconfessione palese nel messaggio che Occhiuto invia a Calderoli chiedendo una moratoria anche sulle materie che non prevedono i Lep, i livelli essenziali di prestazioni.

Abile ad aggirare gli ostacoli, Cirio anche in questa occasione non smentirà le sue doti. In modalità opossum, infatti, non ha finora proferito parola. Certamente le incognite e le variabili sul suo futuro che già sta costruendo per quando cesserà di governare il Piemonte non sono poche. Molte riguardano il partito. Tajani resterà in sella o le voci ricorrenti di una discesa in campo di Pier Silvio Berlusconi, con il campo preparato dalla sorella Marina con le sue inattese e apprezzate (pure a sinistra) esternazioni sui diritti, scombussoleranno piani che tuttavia non possono essere che ipotesi? Si (ri)affaccia una figura storica di Forza Italia, come Paolo Del Debbio, agiografo del Cav., autore del primo programma, quello appunto della discesa in campo di Silvio Berlusconi, cui Dudi e Fedele Confalonieri hanno affidato il compito di “rinfrescare” il manifesto dei valori del partito. Un partito di centrodestra, moderato, liberale, giovane, attento all’impresa, fresco o, comunque, appunto rinfrescato più di quanto (non) sia riuscito a fare Tajani.

E potrebbe essere proprio un programma televisivo di Del Debbio a scovare e valorizzare quei volto nuovi che i Berlusconi vorrebbero per dare il cambio a figure un po’ logore, tra cui i due capigruppo Maurizio Gasparri e Paolo Barelli, ma anche altri. Magari lì, su una rete Mediaset si misureranno ancora Occhiuto e Cirio, magari nello stesso studio dove la Meloni ha conosciuto il suo ex compagno Andrea Giambruno. Ma alla premier il governatore piemontese guarda per altre ragioni. Più che alla fine del rapporto con Giambruno, a Cirio importa anzi preoccupa la possibile fine anticipata della legislatura. Le voci si rincorrono e per quanto al momento appaia improbabile saranno i prossimi mesi che si annunciano di fuoco a sciogliere i dubbi. Semmai Meloni spingesse il più possibile in avanti in referendum sul premierato e per evitarlo staccasse la spina, la finestra cui Cirio si affaccerebbe balzando verso il Parlamento sarebbe ancora troppo larga per rendere accettabile un’altra fine anticipata di legislatura, in questo caso quella del Piemonte. Fosse per lui trasformerebbe il quinquennio parlamentare in un settennato, come per il Colle. E nel 2029 uscendo dal grattacielo s’incamminerebbe verso Montecitorio. I sogni son desideri, ma spesso anche viceversa. Nel frattempo l’astuto langhetto studia e, come ama celiare lui, tiene sempre aperto l’occhietto. Anche per tenere d’occhio Occhiuto.

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