ECONOMIA DOMESTICA

Piemontese d'acciaio all'Ilva. Zambon direttore generale

Il manager torinese, attualmente presidente di Finpiemonte Partecipazioni, condurrà la holding siderurgica nel difficile passaggio di proprietà. Proprio oggi è stato pubblicato il bando per le manifestazioni d'interesse. Soddisfazione di Cirio

È partita la procedura per la cessione dell’ex Ilva di Taranto. Il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha infatti pubblicato il bando che di fatto segna l’inizio della partita per vendita di Acciaierie d'Italia e prevede che entro il 20 settembre siano presentate le manifestazioni d’interesse. Viene richiesto un impegno per lo sviluppo della società e delle controllate, ma anche sulla decarbonizzazione e per il mantenimento dei livelli occupazionali. Contestualmente, nelle stesse ore, alla guida di uno dei due veicoli nati al momento dell’uscita del gruppo Riva – Ilva in Amministrazione Straordinaria guidata da tre commissari (Danovi, Di Ciommo e Savi) – è stato assoldato Francesco Zambon, 43 anni, torinese, attuale presidente di Finpiemonte Partecipazioni. Un ruolo, quello assegnato al manager con trascorsi nella prima linea dell’Agenzia del Demanio e tra i protagonisti del risanamento finanziario del Comune di Torino, salutato con grande soddisfazione al quarantesimo piano del grattacielo. In Piemonte, infatti, il futuro dei tre stabilimenti di Acciaierie d’Italia – di Novi Ligure (il più importante che conta 560 addetti), di Racconigi (90 lavoratori) e Gattinara nel Vco (65 dipendenti) – è da tempo sul tavolo di crisi regionale e ora con l’arrivo di Zambon al vertice del gruppo il governatore Alberto Cirio confida di avere un interlocutore privilegiato e soprattutto attento al territorio. Una figura molto apprezzata dall’amministrazione regionale su cui è intenzionata a puntare ancora nel mandato appena iniziato non solo per portare a compimento il corposo piano di riassetto (e riduzione) delle partecipazioni ma soprattutto per delineare un programma di politica industriale nei principali settori strategici della regione (dall’energia all’aerospazio, passando ovviamente per l’automotive).

Tornando all’Ilva, Urso si è detto nei giorni scorsi “fiducioso” perché “chi ha visto gli impianti, chi ha visitato i porti di Taranto e di Genova e chi ha avuto la possibilità di colloquiare con i commissari e alcuni con i lavoratori è tornato da me ancora più convinto di manifestare il proprio interesse. Troveremo una soluzione”, ha concluso, “anche per la crisi della siderurgia italiana”. Si guarderà anche alle misure di compensazioni per le comunità locali. Saranno inoltre preferite le offerte uniche, per l’intero gruppo. Ma non è escluso che, se dovesse rendersi necessario, si possa procedere con uno “spezzatino” vendendo i singoli asset.

Il titolare del Mimit aveva fatto sapere prima della pubblicazione del bando che “in via informale sei diverse aziende, quattro grandi player internazionali e due aziende significative italiane, hanno manifestato il proprio interesse visitando gli impianti”. Secondo indiscrezioni le sei società che avrebbero bussato alla porta – e che ora dovranno mettere nero su bianco il proprio interesse – sono le due indiane Vulcan Green Steel e Steel Mont, il gruppo ucraino Metinvest, l’azienda canadese Stelco e due italiani per i quali si fanno i nomi di Arvedi e Marcegaglia.

Il bando di gara del ministero delle Imprese e del Made in Italy, che è stato firmato anche dai commissari delle diverse società, sottoscritto dai commissari straordinari di Ilva in Amministrazione Straordinaria (Danovi, Di Ciommo e Savi) e dai commissari di Acciaierie in Amministrazione Straordinaria (Fiori, Quaranta e Tabarelli), mette sul mercato tutto il gruppo. La manifestazione di interesse potrà essere fatta per acquisire “i beni e le attività aziendali di Ilva in Amministrazione Straordinaria (AS) e Acciaierie d’Italia in AS, nonché delle altre società appartenenti ai rispettivi gruppi”. Tra queste figurano Ilva Servizi Marittimi, Ilvaform, Taranto Energia, Socova, Adi Energia, Adi Servizi Marittimi, Adi Tubiforma e Adi Socova.

Un altro bando con un invito per manifestare interesse è poi in rampa di lancio: riguarderà l’acquisizione unitaria di tutti i complessi aziendali di Sanac in amministrazione straordinaria presso gli stabilimenti di Assemini (CA), Gattinara (VC), Massa (MS) e Vado Ligure (SV).

Il gruppo sta vivendo un momento complesso. Con una contrazione della produzione – ora a poco più di 1 milione di tonnellate di acciaio rispetto ai 6 milioni necessari per garantire l’equilibrio finanziario – che ha portato, proprio nei giorni scorsi, a un accordo per la messa in cassa integrazione di 4.050 lavoratori, di cui 175 a Novi Ligure e 20 a Racconigi, con effetto retroattivo da marzo e fino al giugno 2026.

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