Cittadini penalizzati dall'Inps

Il signor Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, oltre a far appello al senso civico ed alla responsabilità sociale in questa situazione di emergenza sanitaria, oltre ad essersi sorpreso dalla dimostrata pronta adesione dei cittadini nell’adottare misure precauzionali seppur restrittive riconoscendone la coerente necessità al fine di contenere il diffondersi del contagio; beninteso, dopo essersi sorpreso inizialmente dalla forte diffusione del virus sul nostro territorio, forse dovrebbe anche sorprendersi dell’operato dell’Inps. Inviterei il premier a richiamare all’ordine l’Inps, l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, imponendogli – è d’uopo l’imperativo – di fare la sua parte in termini di “responsabilità sociale”, non soltanto affidandogli l’incarico di predisporre moduli per richieste di sussidi online da parte di partite Iva, imprese, artigiani etc. e vagliarne l’attendibilità, per poi a tempo debito procedere all’assegnazione del contributo, un “tempo debito” che forse arriverà poco prima del vaccino covid19, questo detto prendendo a riferimento i tempi occorrenti all’Inps per evadere le pratiche pensionistiche.

Un esempio a conferma: i lavoratori dipendenti raggiunti i limiti d’età e i requisiti per andare in pensione,  7/8 mesi prima della data prevista di uscita dal lavoro, devono presentare tramite i canali preposti domanda di pensione all’Inps, dopo di che il mese successivo alla cessazione dell’attività lavorativa matura il diritto alla pensione, almeno “dovrebbe”, ma è prassi consolidata – quasi un protocollo – per l’Istituto in questione, posticipare l’erogazione del dovuto nella migliore delle ipotesi ad almeno 2 mesi: pare che esistano casi di ritardi eclatanti, ma non esiste una casistica trasparente per l’individuazione di questa categoria di dimenticati dalle Istituzioni per quantificarne le vittime. Occorre aggiungere che legalmente l’ultimo stipendio viene decurtato anticipatamente dell’addizionale Irpef regionale e comunale a titolo di saldo anno 2020, importo che ammonta all’incirca a 500 euro se si è lasciato il lavoro a febbraio, un salasso non indolore rapportato ad uno stipendio medio. Così il cittadino/lavoratore modello è a posto con il Fisco ed è messo in condizione – con il residuo dello stipendio – di attendere serenamente che l’Inps provveda quando più gli aggrada a versagli il dovuto, beninteso con tutti gli arretrati, ma privo di quelle more, sanzioni e interessi a cui siamo assoggettati tutti noi sudditi sin dal primo giorno di ritardato pagamento di un qualsivoglia tributo.

Cittadini in una terra di mezzo, non più lavoratori e non ancora pensionati come possono essere definiti? La prima definizione anche se non politicamente corretta sorge spontanea: sfigati, ma siccome non può essere ritenuto giuridicamente/eticamente plausibile applicare questo appellativo/qualifica nei confronti di cittadini/contribuenti, molto più elegantemente… ignoti. In definitiva, signor Conte, Lei che all’atto dell’insediamento ha detto di voler essere “l’avvocato di tutti gli italiani”, le Istituzioni possono permettersi di ignorare, specialmente nell’attuale situazione emergenziale, migliaia di cittadini relegati in casa, senza reddito e la cui età anagrafica rientra nella fascia più a rischio sanitario?

Liliana Cavallo

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