Non rubate il futuro ai nostri nipoti

Mi accingo a scrivere queste riflessioni alla vigilia di un mio ricovero in ospedale per un intervento chirurgico di asportazione di un adenoma in “adiacenza all’articolazione tempro-mandibolare destra” di circa due centimetri. Trattasi di un tumore “benigno” ma che deve essere tolto prima che si trasformi in “maligno”.  Ne avrò per l’intera prossima settimana. Sarà questo il secondo intervento di asportazione di tumori  dal mio corpo nell’arco di dieci mesi. Il primo risale al settembre scorso. Tutto questo, però, non mi distoglie dalla preoccupazione che mi attanaglia quotidianamente dai primi giorni di giugno. Mi riferisco al progetto previsto nell’ex area Edilias, sita nel limite sud/est del Comune di Caluso, ai confini con Chivasso e Mazzè e poco lontano da Rondissone.

Alla vigilia del compimento del mio 73° compleanno, non sono particolarmente preoccupato per me, ma per chi viene dopo. Si parla e si scrive molto, in questi giorni ed in questi mesi, del calo delle nascite nel nostro Paese, individuando una lunga serie di motivi, quali:  la crisi economica che dura da troppo tempo e che in questo 2020 è andata aggravandosi a dismisura, causa del Covid -19; la mancanza di una politica orientata verso il sostegno alle giovani famiglie; l’assenza di asili nido e scuole materne aperte a tutti;  la precarietà del lavoro in generale e di quello delle mamme in particolare; e per ultimo ma non ultimo,  l’assenza di una politica ambientale seria. In una parola l’assenza di una prospettiva di vita degna di essere vissuta!

Sono nonno di tre nipotini: uno di quasi 10 anni, uno di 7. L’ultima ha quasi quattro anni, vive con noi da due e arriva dalla Manciuria, a pochi chilometri dalla Siberia: una bimba meravigliosa, e come i due più grandi, molto sensibile e molto attenta a ciò che capita intorno a lei ed in particolare all’ambiente che la circonda, agli odori di varia natura che appestano la nostra aria, provocati dagli allevamenti intensivi di maiali e polli.

Oggi la questione ambientale è soprattutto una questione sociale e generazionale, ma anche una rilevante questione economica. Saranno i giovani, nel corso delle loro vite, a sopportare le conseguenze più gravi dell’emergenza climatica ed, insieme a loro, i più fragili, gli indifesi, i deboli.

L’ambiente è tutto ciò che circonda. Come potrebbe non interessarci? L’innalzamento delle temperature, la mancanza di risorse, l’inquinamento delle falde acquifere, il riscaldamento globale. Sono i fatti, brutti fatti, misurabili, che per quanto possiamo cercare di ignorarli, avranno effetti diretti sulle nostre vite, sulla nostra salute, sullo stato sociale, sull’economia.

Cari nipotini, non so come sarà il vostro futuro: spero mi perdonerete per avervi portato, per tramite delle vostre mamme, mie figlie,  in questo splendido mondo terribile! Di qui il dubbio esistenziale: è giusto mettere al mondo una creatura destinata a fare i conti con un pianeta in subbuglio. La terribile pandemia del Coronavirus non ha insegnato nulla, eppure il segnale è stato potente e avrebbe dovuto farci riflettere, come avvenuto nei giorni scorsi in Francia, dove gli amministratori che difendono il proprio territorio sono stati ampiamente premiati dagli elettori.

La S.I.M.A., Società Italiana Medici Ambientali,  e le Università di Bologna e Bari, non escludono affatto che ci sia una connessione tra quanto avvenuto e sta ancora avvenendo e l’inquinamento ambientale, aggiungendo anche che non è un caso che nella Pianura Padana sia esploso più prepotente che altrove.

L’amico Angelo Tartaglia, professore merito di Fisica presso la facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, in un opuscolo, che ho letto di un fiato, dal titolo “Clima. Lettera di un fisico alla politica”, nell’ultimo capitolo “Pedagogia del Coronavirus”, cita i dati relativi alle emissioni di Co2  da parte della Cina negli scorsi mesi di gennaio e febbraio, quando “sono calate del 25% rispetto allo stesso periodo del 2019: sua maestà il virus è risultato più efficace di anni di documenti, dichiarazioni e solenni impegni”, dice Angelo, aggiungendo che “ci sono anche problemi di inquinamento con cui il virus ha a che fare. La pianura Padana, per via della sua conformazione è una specie di catino in cui si concentrano livelli di polveri e inquinanti decisamente più alti che in altri parti dell’Italia o anche dell’Europa. In fondo alla pianura verso ovest c’è la città di Torino ed i comuni sull’asse autostradale To-Mi, area che da tempo gode di un non invidiabile primato, addirittura europeo, riguardo alla quantità di polveri sottili nell’aria. Orbene, se nell’aria c’è un certo contenuto di micropolveri, quelle goccioline tendono ad aderirvi come a delle zattere, prolungando la permanenza in sospensione. Inoltre le statistiche paiono indicare una maggiore incidenza delle varie malattie dell’apparato respiratorio, tendenzialmente croniche, in quelle aree in cui la presenza di polveri sottili è più alta e duratura e a loro volta quelle affezioni rendono più probabile l’insorgere di complicazioni in caso di infezione virale”.

Fine della citazione. Non devo aggiungere altro!

Ecco perché in questi giorni sono in forte difficoltà a raccontare ai miei nipotini, del rischio che il nostro territorio sta correndo se un certo progetto dovesse essere realizzato a meno di 1.000 metri da casa. Mi riferisco al progetto per il trattamento di 60.000 tonnellate/anno, di rifiuti organici urbani – e non quelli dell’agricoltura, come qualcuno dice, mentendo e sapendo di mentire – presentato da una società veronese, controllata da una multinazionale americana e da una società di Engeegnering,  alla Città Metropolitana di Torino e da questa al Sindaco di Caluso e ai sindaci dei Comuni confinanti, Chivasso, Mazzè e Rondissone. Altri due progetti sono stati presentati dalla stessa società: uno a San Benigno Canavese e uno nel Biellese, mentre altri soggetti privati hanno presentato progetti analoghi: uno a Pianezza ed uno a Rondissone. Ecco il Far West!

Qualcuno, poco informato o in mala fede, mi ha detto: “… ma non si può sempre dire di no. I rifiuti li produciamo e quindi in qualche modo bisogna smaltirli o trattarli” . Gli ho risposto: “Giusto, hai ragione ma tu forse non ricordi che quando ero sindaco di Chivasso, correva l’anno 1988 e la nostra città non aveva una discarica dove smaltire i propri rifiuti e il sottoscritto si convenzionò con una società che aveva già l’autorizzazione per coltivare una discarica, la cui volumetria riservata alla nostra città avrebbe dovuto durare 30 anni. 

Ho fatto bene oppure ho fatto male?  Me lo sono chiesto tante volte, soprattutto alla luce di quanto avvenuto dopo. Purtroppo la volumetria di nostra pertinenza è stata messa a diposizione di altri comuni, la città di  Asti compresa, che non sapevano dove smaltire i propri rifiuti ed il Prefetto di Torino emise un provvedimento a loro favore. 

La Waste Italia presentò, allora, un progetto per il quadruplicamento della discarica, contro il quale mi opposi strenuamente e con me l’intera città di Chivasso ma la Regione Piemonte autorizzò ugualmente, preferendo premiare gli amministratori che se ne stavano con le mani in mano e punire quello che si era dato da fare. Successivamente qualcuno, che mi successe come sindaco, si adoprò per ulteriormente ampliarla e così fu. Quindi non chiede a me se il mio dovere l’ho fatto, ma ad altri! Chivasso ha già abbondantemente dato. Ora basta.

L’ex sindaco Andrea Fluttero, in una recente intervista, ed il giorno prima in una lunga chiacchierata telefonica con me, poneva tre “condizioni” per l’insediamento di simili progetti, che in linea teorica sono condivisibili: PIANIFICAZIONE, INFORMAZIONE, CONFRONTO. Purtroppo tutte e tre queste condizioni sono mancate e mancano nel progetto in esame.

La Regione Piemonte avrebbe dovuto dotarsi di uno specifico strumento di  pianificazione dei luoghi ritenuti idonei ad eventuali futuri nuovi insediamenti, qualora se ne presentasse la necessità, cosa che invece altre Regioni italiane hanno recentemente adottato, per evitare il far west  del “liberi tutti” nel presentare progetti, alla faccia della programmazione e soprattutto alla faccia dei cittadini che risiedono da tantissimi anni in prossimità dei luoghi dove il privato, per mero interesse economico – legittimo, ma assolutamente non rispettoso della salute altrui – intende costruire impianti. La Giunta Regionale del Piemonte, il 4 ottobre 2019  con propria deliberazione n. 16-344, a proposito di impianti per il trattamento anerobico di FORSU, si è limitata ad affermare che  “SAREBBE OPPORTUNO PRIVILEGIARE LA CONVERSIONE DEGLI IMPIANTI ESISTENTI  RISPETTO ALLA COSTRUZIONE DI NUOVI IMPIANTI”, ma poi si è fermata lì.

Voglio credere che alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni nel territorio del basso Canavese e del Chivassese, dove migliaia di cittadini sono mobilitati, raccogliendo firme, la Giunta municipale e il Consiglio Comunale di Caluso vogliano riflettere seriamente prima di esprimere il proprio parere, non guardino al solo tornaconto economico, per i quattro “baiocchi” che arriverebbero in caso di realizzazione di questo mostruoso impianto. Alla signora Maria Rosa Cena, sindaca di Caluso, mia coetanea nonché amica, ricordo ancora una volta, avendoglielo già detto telefonicamente, che lei è il sindaco di tutti, anche di quelli che abitano nelle “cascine sparse “ e nella frazione Carolina, e lei è per legge l’autorità sanitaria del proprio territorio, tutto!  Anche lei, come me, i suoi genitori erano agricoltori ed abitavano in cascina…!

Il sindaco di Pinerolo, ove ha sede un impianto che tratta ora 60.000 tonnellate di Forsu e che a breve ne accoglierà 90.000, in un’intervista ad un giornale locale ha testualmente affermato che gli impianti esistenti e quelli già autorizzati sono più che sufficienti a risolvere il problema dei rifiuti organici urbani prodotti nella nostra Provincia. Quindi verrebbero da fuori! Questo non è proprio accettabile!

Le conseguenze:
- odori nauseabondi infesteranno l’aria per  chilometri, arrivando sino a Tonengo, a Rondissone e a Chivasso ove risiedono oltre 25.000 cittadini;
- l’impianto immetterà nell’aria Anidride Carbonica, Ossido di Carbonio e Benzene in gran quantità;
- la strada provinciale n. 81 Chivasso-Mazzè, già fortemente frequentata, è assolutamente non idonea ad accogliere decine e decine di mezzi pesanti che trasporteranno tonnellate di rifiuti organici provenienti da altre regioni italiane, se non dall’estero, aumentando a dismisura le polveri sottili;
- l’inquinamento delle falde acquifere ( il Pozzo di Captazione in frazione Boschetto, dista 1.300 metri!) e delle acque della Roggia del Consorzio Irriguo di Chivasso, perché manca la fognatura.

Tutto quanto sopra, dovrebbe far dire di NO a questo mostro, agli enti preposti: Città Metropolitana, Comune di Caluso, Consorzio Irriguo di Chivasso, Sovrintendenza delle belle arti  (Mandria è centro storico soggetto a vincoli). I Comuni di Chivasso, Mazzè e Rondissone lo hanno già fatto e lo rifaranno in Conferenza dei Servizi!

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