Italia senza una politica industriale

L’Italia, seconda manifattura d’Europa e quinta nel mondo, senza politica industriale? Capisco che il Governo Draghi e il Ministro Giorgetti abbiano tante gatte da pelare ma dare al nostro Paese una politica industriale all’altezza delle sfide del mercato globale dovrebbe essere una priorità. I Paesi più importanti, in particolare Francia e Germania, hanno tra le loro priorità la politica industriale, la politica cioè che dovrebbe difendere e sviluppare i settori che ritengono strategici per la loro economia.

I gruppi francesi, quando c’è bisogno anche con l’aiuto dello Stato che interviene direttamente con lo stesso Presidente della Repubblica, da anni stanno acquisendo il meglio del Made in Italy, impediscono ai gruppi stranieri tra cui l’Italia di avvicinarsi alle aziende che loro considerano strategiche. Ora l’assalto a Oto Melara, azienda leader nel settore dei carri armati.

Il polo spezzino della difesa sorse dopo il trasferimento deciso da Cavour dell’Arsenale militare che era insediato nel porto di Genova. Con quella decisione, frutto di una visione sconosciuta a chi ci governa ai vari livelli, Cavour favorì la crescita del ruolo commerciale del porto di Genova e diede a La Spezia un futuro durato centocinquant’anni. Eppure il nostro Paese negli ultimi anni di bassissima crescita non è andato a fondo solo grazie all’aumento delle esportazioni, grazie alla competitività del nostro sistema manifatturiero, del nostro Made in e della nostra enogastronomia. Venduta la Fiat ai francesi senza porre alcuna condizione, si rende necessaria una politica industriale dell’auto per difendere quel po’ che ancora c’è, tra cui l’Iveco, e il settore dell’indotto che invece è leader mondiale. Difendere le nostre aziende vuol dire difendere la possibilità di esportare in un mercato globale destinato a crescere in misura superiore alla crescita media europea. 

I partiti pensano ad altro ma se il nostro Paese non ritorna a crescere almeno del 2% quando sarà superata la fase dei grandi finanziamenti europei il peso del nostro debito pubblico potrebbe strozzarci. Crescere del 2% è anche la condizione per creare nuovi posti di lavoro di cui nessuno parla. Ecco perché auspico che Giorgetti, Draghi e i leader di partito pensino subito a una politica industriale all’altezza delle nostre capacità e delle nostre necessità e alla conseguente politica della logistica, perché import e export viaggiano meglio se la nostra logistica è efficiente e competitiva.

*Mino Giachino, presidente di Saimare spa

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