La "maledizione" di Levaldigi 

Egregio direttore,
è la solita storia del pastore, quella dell’Aeroporto di Levaldigi. Ma è ben più di un “lamento”, è la lunga storia dei peccati originali e delle loro conseguenze che se avete l’interesse e la pazienza di leggermi vi racconto. È nel 1962 che la S.p.A. “Aeroporto di Cuneo-Levaldigi” (capitale sociale di 200 milioni) inizia su quell’area vastissima di Levaldigi, libera di ostacoli naturali, che fino all’aprile del 1945 aveva ospitato un attivo aeroporto militare, dà inizio a lavori di ammodernamento con una pista in cemento di 1050 metri per 30.

La provincia di Cuneo, fortemente deficitaria in fatto di ferrovie e strade internazionali, “isolata” territorialmente, cercava modo di uscire da questo isolamento che l’aveva ridotta ai margini dello sviluppo assunto dalle confinanti province del triangolo industriale, rispetto alle quali profondo era il divario sia per il livello del reddito sia per il livello di industrializzazione e di sfruttamento delle notevoli possibilità turistiche.

Nel 1971 l’avvocato Franco Mazzola, designato presidente della Società Aeroporto su proposta del sindaco di Cuneo Dotta Rosso, è il primo a puntualizzare realtà e prospettive: “Ritengo che il ruolo dell’aeroporto di Levaldigi nell’ambito regionale sia quello di rappresentare non solo una infrastruttura fondamentale al servizio del commercio, dell’agricoltura e del turismo, ma anche di costituire in integrazione con l’aeroporto di Torino-Caselle, un sistema aeroportuale efficiente, aperto al traffico tutto l’anno, con funzioni quindi a livello regionale”.

Le iniziali assunzioni di impegno pubblico risalgono al febbraio 1974, in occasione di un convegno ufficiale a Cuneo, nel quale il dott. Giuseppe Fissore, dirigente dell’Ufficio Studi della Provincia, svolge la “Relazione informativa dell’importanza dell’aeroporto di Cuneo-Levaldigi nel quadro di un sistema regionale integrato di infrastrutture destinate al trasporto aereo”. Relazione densa di analisi puntuali, di proposte convincenti che ottiene unanimi consensi, e che conclude: “L’intervento dello Stato a sostegno dell’iniziativa degli Enti locali avrebbe perciò il carattere di investimento decisamente produttivo a favore di attività esistenti, che potrebbero trarre ulteriore sicuro sviluppo”. Nel 1976 la pista viene portata a metri 1.500 per 45 e sono realizzate quasi tutte le infrastrutture, aerostazione compresa (i servizi tecnici, gli uffici di dogana, la torre di controllo, il bar-ristorante), ma manca la cosa più importante, il permesso di aprire al traffico l’aeroporto. Vi si oppongono la Direzione generale dell’Aviazione civile e l’Aeronautica militare. Il giornalista Giuseppe Ghisolfi scrive: “Ancora una volta gli Enti locali e le Casse di risparmio hanno speso centinaia di milioni per niente. L’aeroporto rimarrà perenne monumento dell’immobilismo e dei sogni della nostra provincia”. Ma il sottosegretario ai Trasporti Fontana, rispondendo ad una interpellanza dell’on. Raffaele Costa, afferma che l’aeroporto non verrà smantellato come avevano chiesto le autorità militari, ma potenziato ed incluso negli aeroporti di terza categoria aperti al traffico turistico nazionale ed internazionale. In questa prospettiva la “S.p.A. di Cuneo-Levaldigi” chiede la fusione con la Sagat di Caselle; una iniziativa che dovrebbe costringere la Regione Piemonte a prendere in seria considerazione la situazione dello scalo cuneese. Purtroppo, in quegli anni le strutture aeroportuali vengono rivoluzionate, presuppongono grandi bacini di utenze e quindi grandi aeroporti. Viene privilegiata esclusivamente l’Alitalia, compagnia di bandiera, e quegli aeroporti che le interessano. Si crea così un distacco netto fra grandi aeroporti e piccoli. Ben diversa è la politica degli altri Stati europei (Francia, Germania, Inghilterra), dove accanto alle grandi linee, sorgono reti di collegamento commerciale tra i piccoli centri di provincia e le grandi città. Di conseguenza, la concessione per il servizio antincendio e quella per la sicurezza al volo presuppongono che tutte le spese relative vengano sostenute dagli enti gestori, a differenza dei grandi aeroporti dove tali servizi sono a carico dello Stato. Così per quanto riguarda l’aeroporto di Cuneo-Levaldigi tali costi incidono per il 55% sulle spese annuali di esercizio.

Finalmente nel 1986 l’Azienda nazionale di assistenza al volo concede l’autorizzazione a gestire la pista con personale proprio e ad aprirla al traffico turistico e commerciale nazionale e internazionale. La Provincia è l’ente capofila all’interno della S.p.A., con il 26,5%. Seguono la Cassa di risparmio di Torino con il 14,2%, la Regione Piemonte 13%, la Cassa di risparmio di Cuneo 12,5% e altri enti pubblici, tra cui i Comuni di Cuneo, Alba, Bra, Fossano, Savigliano, Saluzzo, Centallo. Nella Società sono presenti anche privati con quote di modesta entità.

Nel 1990 viene ampliata l’aerostazione e la pista allungata a metri 2.100 per 45. Nelle prime cinque fasi di operatività, dal 1968 al 1990, gli investimenti effettuati dalla Società sull’aeroporto ammontano a oltre 22 miliardi di lire (rivalutate secondo i coefficienti Istat), di cui 3 miliardi 762 milioni sostenuti per conto dello Stato, relativi al servizio antincendio e il servizio di assistenza al volo. Si comincia a chiedere con insistenza da parte di amministratori locali e da giornalisti se c’è un futuro per questo aeroporto. L’Amministratore delegato avv. Mortarotti è chiaro di fronte alle Commissioni consiliari della Provincia: “Noi siamo gli esecutori di scelte politiche fatte nel lontano 1967. All’origine nessuno prevedeva queste situazioni. Attualmente siamo fuori mercato e la differenza la deve colmare qualcuno. Ma a questo punto dobbiamo andare fino in fondo senza reticenze e riserve. L’aeroporto di Torino-Caselle ha potuto progredire negli anni grazie a continui aumenti di capitale”. Eppure, quegli erano gli anni in cui nel cuneese venivano eletti e dominavano pezzi grossi della politica nazionale e governativa, nonché della Regione Piemonte. Ricordiamo Adolfo Sarti, Giovanni Goria, Francesco Mazzola, Raffaele Costa, Giuseppe Fassino, Pier Luigi Romita, Aldo Viglione, ma tant’è…

Nel 1991 in Regione emergono una serie di perplessità circa l’operazione di aumento di capitale richiesta dalla “Aeroporto di Levaldigi S.p.A.”. In provincia di Cuneo, a scapito della credibilità o del fallimento della iniziativa, la quota di partecipazione delle categorie economiche, che dovrebbero essere per il futuro le maggiori beneficiarie dell’opera, è modestissima: Unione Industriale 56 milioni di lire (0,866% del capitale sociale), Coldiretti 16 milioni 960.000 lire (0,262%), Associazione Artigiani 6 milioni 200.000 lire (0,096%), Unione Agricoltori 2 milioni 720.000 lire (0,042%). Il settimanale La Guida scrive: “Questa esplicitazione di perplessità tradisce però qualcosa di più grave. Forse ci si trova di fronte alla tipica situazione in cui occorre dichiarare che “il re è nudo”, ma nessuno lo vuole fare: né i partiti di maggioranza che da oltre 20 anni persistono nell’individuare nella struttura aeroportuale di Levaldigi uno dei ruoli dello sviluppo turistico-economico cuneese; né quelli di opposizione che, su questo punto specifico, non si sono mai dissociati con vera convinzione dalle strategie della maggioranza”. Il Sindaco di Cuneo Giuseppe Menardi non demorde: “L’aeroporto è l’unica importante infrastruttura realizzata in provincia nel dopoguerra”. Ugualmente il Presidente della Provincia Giovanni Quaglia: “Visto che non abbiamo collegamenti stradali e ferroviari sufficienti, vorrei che almeno l’aeroporto, che abbiamo realizzato e pagato, venisse riconosciuto per il servizio che può offrire”.

Il 1996 è l’anno della verità. Si rileva che la Finpiemonte non è fra i soci, come pure le grandi aziende cuneesi Ferrero, Miroglio, Michelin, Alpitour. Un significativo “grido di dolore” lo lancia il presidente della Provincia Quaglia rispondendo ad una mozione presentata dai consiglieri Chiarenza, Ciravegna, Costa Enrico, Dotta, Galletto, Giachino, Manna: “Chiediamo un incontro ufficiale alla Regione per capire esattamente che cosa intende fare nell’ambito del trasporto aereo del Piemonte. Noi siamo anche disposti a sciogliere la Società di Levaldigi ed a confluire nella Sagat, se questo è necessario e utile”. Nella notte del 30 ottobre 1997 la maledizione colpisce l’aeroporto. Un grande incendio devasta la torre di controllo, uffici e reparti tecnici: i danni sono di circa 10 miliardi. Lo stato di difficoltà continua, malgrado la tenacia degli amministratori, che nel 1998 chiedono a Enac la concessione ventennale aeroportuale: per molti anni non riceveranno alcun riscontro. Oltre alle ripercussioni negative conseguenti ai fatti terroristici dell’11 settembre 2001 a New York, che hanno interessato tutto il settore aereo, si aggiungono le difficoltà legate alle continue variazioni normative, la mancata attuazione della legge regionale sul sistema aeroportuale piemontese, il venir meno degli interventi in conto gestione degli Enti locali e delle Associazioni di categoria, la non applicazione per Levaldigi della legge 3511995 per quanto riguarda il riconoscimento del contributo per il ripiano della gestione degli aeroporti turistici con traffico inferiore ai 600.000 passeggeri annui, il contenzioso di 5 milioni di euro con l’Enac per il rimborso a Levaldigi di oneri di manutenzione e ristorno dei canoni dei diritti di approdo e delle tasse di imbarco, infine, le difficoltà del socio privato maggioritario, l’inglese Wiggins. Della serie “come si uccide un aeroporto” si scatena in maniera sensazionalistica l’attacco di alcuni giornalisti alla gestione dell’Aeroporto: ne fanno le spese per attacchi pretestuosi e ingenerosi il presidente della Sitraci e vicepresidente della Provincia Revelli, la direttrice dell’Aeroporto Bisotto e il presidente Galletto.

Alla fine del 2003 il debito complessivo della Società aeroportuale ammonta a 13 milioni di euro, i passeggeri sono 40.000. Il presidente della Provincia Giovanni Quaglia diventa il protagonista del salvataggio della Società Geac che gestisce l’aeroporto e assume l’incarico di presidente. Beppe Ghisolfi scrive su Il Giornale del Piemonte: “Si sa che senza forme di sostegno il sistema dei trasporti è perennemente in crisi. Treni e autobus attingono ai fondi pubblici senza pietà. Non crediamo che una così bella struttura, indispensabile per lo sviluppo della Granda, possa essere, dopo tanti anni e tanti milioni di euro spesi, abbandonata alla ruggine e alle ortiche. Se non si prende il volo con personaggi come Quaglia rassegniamoci alla solitudine e all’isolamento, almeno per altri 30 anni”.

Ma la “maledizione” di Levaldigi continua. Dopo gli inglesi della Wiggins, anche gli olandesi della Air Exel lasciano a piedi lo scalo a seguito di guai giudiziari di quella compagnia. Il presidente Quaglia inventa persino l’“Associazione amici dell’aeroporto” per una diffusa iniziativa di sensibilizzazione. La Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo dispone un contributo di € 750.000 “per iniziative volte a potenziare e valorizzare il sistema aeroportuale locale”. La pista dello scalo è portata a metri 2.500 per 45. Il Piano regionale dei Trasporti del 2004 riconosce: “L’aeroporto di Cuneo-Levaldigi rappresenta il secondo polo della regione, sia in funzione della posizione geografica, che come integrazione dell’aeroporto di Torino-Caselle. L’infrastruttura è destinata a ricoprire sempre più un ruolo comprimario, anche in considerazione del previsto incremento di traffico passeggeri e commerciale”.

È l’anno 2005 e contro l’aeroporto si distinguono alcuni giornalisti di casa nostra. Paolo Tomatis: “Una società per azioni “normale” di fronte a un risultato del genere sceglierebbe la strada della liquidazione”. Grazia Novellini di Bra: “Tocca a noi cronisti dare voce al movimento di opinione tanto sotterraneo quanto impotente”. Luciano Scarzello domanda: “E che fa Costa che contestava gli sprechi ai tempi della prima Repubblica?”. Ci si aggiunge con veemenza la Lega Nord, che manifesta a Cuneo davanti alla sede della Provincia. Lo slogan è “Sì alle infrastrutture necessarie, no agli sprechi”. Il sen. Brignone dichiara: “I soldi versati per Levaldigi sono sprecati. C’è stata una gestione scandalosa, e nessun responsabile ha pagato”. Costruttivo e propositivo è, invece, il costante impegno a sostegno dello scalo da parte dei parlamentari Menardi e Delfino. Il sen. Menardi sollecita la Provincia a “programmare in modo che l’aeroporto diventi in futuro un vero e proprio centro dei servizi, della logistica, dell’intermodalità e del commercio. La prevista piattaforma logistica va realizzata a Levaldigi, che ha estremo bisogno di essere supportato da attività a terra”. Anche le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil esprimono un documento congiunto: “Non vi è dubbio che senza una integrazione degli aeroporti di Caselle e Levaldigi, non si raggiungerà mai il pareggio. Ma è cosa ben diversa se il sistema aeroportuale non si avvierà, come sino ad ora non è stato avviato dalla Regione. Come sindacati riteniamo indispensabile che la questione aeroporto vada affrontata in termini di sviluppo e non di ridimensionamento o peggio ancora con la chiusura della struttura”.

Si continua così con continui rinvii del volo per Roma, con la “continuità” territoriale (e relative agevolazioni) non applicata, con ulteriori aumenti del capitale sociale, con investitura di super manager e poi di nuovi dirigenti, con contrasti con Torino-Caselle, con la vana attesa della concessione aeroportuale ventennale. Tra il 1991 e il 2006 gli Enti pubblici e i privati hanno investito in base ai coefficienti di rivalutazione 55 milioni di euro per la gestione dell’aeroporto. Nell’anno 2009 i conti vanno migliorando: i passeggeri sono oltre 84.000, contro i 19.000 del 2005, i 35.000 del 2006, i 64.000 del 2007. Il traffico “low cost” è il mercato di riferimento. La Provincia di Cuneo firma un patto parasociale con la Regione Piemonte e la Camera di Commercio con il quale si sottolinea che “l’aeroporto cuneese può rientrare nelle finalità istituzionali della Provincia, rappresentando un asse strategico per la promozione e lo sviluppo del territorio”. Arriva il Movimento 5 stelle, che anziché mobilitarsi a livello parlamentare e regionale infierisce: “Continuare a gettare soldi pubblici nella voragine del bilancio Geac lo riterremmo oltremodo censurabile e perverso”. Contro questo nuovo periodo di gravi difficoltà si distingue per l’impegno il presidente della Camera di Commercio Dardanello, il quale determina ancora una volta l’assemblea dei soci a salvare l’aeroporto, che prende il nome “Cuneo-Alpi del mare”. Su sua proposta, nel settembre 2012 viene nominato presidente della Geac l’on. Guido Crosetto, già sottosegretario al Ministero della Difesa, uomo di grande esperienza politica e imprenditoriale, interlocutore autorevole presso gli ambienti ministeriali. Poteva essere l’uomo giusto al momento giusto, ma Crosetto rassegnerà spontaneamente le dimissioni dall’incarico – per altro sancito come non retribuito – perché i Radicali, spuntati chissà come, avevano sollevato motivi di incompatibilità.

La perdita di esercizio per l’anno 2012 ammonta a 1,3 milioni di euro, i passeggeri in transito sono 246.000. Nel 2013 la Provincia mette in vendita parte delle sue azioni, perché non può più svolgere per mancanza di fondi il ruolo di azionista di riferimento. La Camera di Commercio detiene il 19,8% del pacchetto azionario, Finpiemonte Partecipazioni il 15,5%, il primo dei Comuni impegnato nella Società è Cuneo col 6,3%. Dopo tanti anni di attesa la concessione ventennale alla Geac viene finalmente firmata dai ministri dell’Economia e dei Trasporti nel febbraio 2014. È un riconoscimento fondamentale per il piano industriale dello scalo, che significa essere titolari dell’aeroporto a tutti gli effetti (e non più semplici “inquilini”) e incassare proventi direttamente e non più trasferirli allo Stato. Ma la solita storia di sofferenza continua, perché la concessione è sottoposta a condizioni di privatizzazione e di equilibrio economico-finanziario. Sfumano le trattative con gruppi di privati. Sul piano politico il governatore della Regione Piemonte Chiamparino decide di non impegnarsi nella ricapitalizzazione della Società che gestisce l’aeroporto di Cuneo-Levaldigi. La Stampa dell’8 settembre 2014 riporta le spiegazioni del governatore: “Attraverso Finpiemonte e Fingranda noi abbiamo il 18 per cento delle azioni della Società, e non abbiamo intenzione di fare vivere quella società che l’anno prossimo avrà sicuramente un deficit. Non ho niente contro l’aeroporto di Cuneo-Levaldigi, ma deve vivere non con i soldi pubblici della Regione. Meglio sarebbe mettere i soldi oggi destinati a Levaldigi per finanziare le iniziative di promozione di Caselle”. Il presidente della Confindustria di Cuneo Franco Biraghi: “Da cuneesi, la decisione di penalizzare le nostre poche e insufficienti infrastrutture ci sconforta sempre. Ma ancora di più, se le risorse vengono tolte a Cuneo per darle principalmente a Torino, come nel caso dell’aeroporto, i cui fondi saranno dirottati dalla Regione su Caselle. C’è il rischio che quando finalmente i nostri concittadini capiranno che è in atto una sistematica spoliazione delle risorse loro destinate, la disaffezione verso la politica e chi ci comanda possa esplodere”.

Una ulteriore mazzata arriva dall’Ente nazionale assistenza al volo, che sospende il servizio della torre di controllo, dirottando, quindi, gli aerei in arrivo. L’Enav rivendica circa 2 milioni di euro dalla Geac per un servizio che dovrebbe essere invece a suo carico per la ragione del ruolo “strategico” dell’aeroporto, inserito nell’elenco di quelli di “interesse nazionale” secondo il nuovo Piano degli scali. Ferruccio Dardanello, presidente della Camera di Commercio e in pratica unico azionista rimasto in Geac, sbotta: “Sono allibito dal silenzio delle istituzioni. Dove sono i parlamentari, gli assessori e i consiglieri regionali, le fondazioni bancarie? È l’ora di assumersi responsabilità: anche quella di dire che non si crede nel futuro della nostra provincia, che invece è un modello di riferimento”. Perfino una raccolta di fondi è lanciata dalla Camera di Commercio e da Confindustria di Cuneo, che è giudicata dal Movimento 5 stelle “un invito avulso da qualsiasi informazione sui problemi storici dell’aeroporto ed anche su quale possa essere una, per quanto improbabile, strategia di rilancio”. Il direttore generale della Geac Giampietro Pepino rende noto: “I costi sono stati ridotti all’osso e non sono riducibili ulteriormente; il Cda non percepisce alcuna retribuzione, abbiamo chiesto uno sforzo anche ad alcuni dipendenti”. Gli sforzi però non bastano a contenere le perdite, che ammontano a circa 100.000 euro al mese. Lo scalo è a rischio di chiusura, malgrado l’aumento costante di passeggeri.

Comunque, va tenuto conto che l’aeroporto di Cuneo-Levaldigi non è sorto ieri, ma esiste da molto prima. Nei tre grandi periodi della sua vita (19621990 – 19912006 – 20072014) è costato agli Enti pubblici e ai privati della nostra provincia, nonché alla Regione Piemonte e infine allo Stato (assai poco) qualcosa come 70 milioni di euro attuali. Siamo al rischio liquidazione. Si parla di “azionariato diffuso”, si parla di una raccolta fondi. Il presidente della Provincia e sindaco di Cuneo Borgna arriva a proporre “a quanti credono nell’infrastruttura e nel valore del servizio di dedicare personalmente o proventi di un giorno o di un’ora di lavoro”. Il ritornello sull’aeroporto è sempre il solito: “Chiudere o non chiudere”. Al diavolo la lunga storia passata, al diavolo la struttura (aerostazione, piazzali, hangar, parcheggi, apparati tecnologici e i suoi 163 ettari di sedime aeroportuale). Siamo in epoca di privatizzazioni e liberalizzazioni. La politica è assente. L’intervento dello Stato sul territorio non è più previsto. Non rimarrebbe alla comunità cuneese che apporre una targa intestata ai benefattori Giovanni Quaglia presidente della Provincia, Ferruccio Dardanello presidente della Camera di Commercio, Francesco Revelli presidente della Sitraci, Amilcare Merlo imprenditore.

Siamo nell’anno 2015, nel quadro della razionalizzazione del settore aeroportuale, il Governo riconosce lo scalo di Cuneo fra i 38 aeroporti di interesse nazionale. Il provvedimento comporta alcuni requisiti relativi alla solvibilità patrimoniale e alla specializzazione dello scalo. Tra momenti di entusiasmo e momenti critici, nuovi collegamenti e voli sospesi si tira avanti come si può. Finché di questi giorni apprendiamo il brusco annuncio de La Stampa: “Levaldigi al bivio. L’aeroporto di Cuneo torna a chiedere il sostegno del territorio con l’idea di crescere ancora dopo i due anni dell’emergenza Covid. Si deve fare di tutto per valorizzare l’aeroporto dopo aver lottato per non perderlo”. La capacità politica e di governo della nostra classe dirigente è ancora una volta da dimostrare.

Grazie per l’attenzione.

*Paolo Chiarenza, ex consigliere provinciale ed ex socio Geac

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