Urne chiuse, problemi aperti

Les jeux sont faits! In Lombardia Attilio Fontana, leghista sostenuto dal centrodestra, è stato confermato alla presidenza della Regione Lombardia con il 54,67% dei voti. Secondo, con il 33,93%, è Pierfrancesco Majorino, candidato del Pd, sostenuto da M5s e Alleanza Verdi-Sinistra, mentre terza, con il 9,87%, è Letizia Moratti, candidata civica per il Terzo Polo. Nel Lazio Francesco Rocca, voluto da Giorgia Meloni e sostenuto dal centrodestra, è, con il 53,88% dei voti, il nuovo presidente della Regione, seguito da Alessio D'Amato, assessore alla sanità uscente, sostenuto dalla coalizione di centrosinistra che vede Pd e Terzo Polo insieme, con il 33,50%, e al terzo posto Donatella Bianchi, candidata del M5s, con il 10,76% dei voti.

Il dato emblematico che emerge da queste consultazioni regionali è la dimensione dell’astensionismo: in Lombardia hanno votato il 41,67% degli aventi diritto e in Lazio, record assoluto, solo il 37% si è presentato ai seggi.

Il risultato elettorale è tale da non consentire tentennamenti alla perdente coalizione di centrosinistra nell’ammettere una sconfitta che va ben oltre le peggiori previsioni. Chi ha perso (ma anche chi ha vinto) farebbe bene ad analizzare con metodo analitico-scientifico i dati usciti dalle urne per capire se la scelta del programma elettorale di centrodestra è dovuta alla qualità della comunicazione o più semplicemente alla maggiore rispondenza al volere del popolo italiano. Nel primo caso, per aver maggiore successo, è sufficiente ingaggiare i migliori professionisti della comunicazione, nel secondo caso non ci sono scorciatoie: in democrazia chi prende un voto in più governa mentre tutti gli altri vanno all’opposizione.

Chi ha vinto, e quindi governa, deve fare atterrare sul campo le proposte e le promesse fatte in campagna elettorale ben spiegando ai cittadini, in modo semplice ma dettagliato, il motivo per cui alcune proposte/promesse non saranno realizzate nei tempi dovuti o saranno derubricate dal programma di governo. L’opposizione, da parte sua, deve dimostrare, in modo convincente, con precisione e dettaglio, che il programma presentato in campagna elettorale aveva una ragione d’essere e soprattutto una convenienza per la maggioranza dei cittadini. Sostanzialmente, per ogni azione del governo, l’opposizione deve valutare quanto essa sia efficace e corretta per la cittadinanza e, ove non lo fosse, deve spiegare con dimostrazioni semplici e dettagliate, e non con slogan propagandistici, quello che sarebbe successo se avesse vinto il loro programma, tenendo sempre in considerazione il fatto che, se quando era al governo considerava giusta una certa iniziativa, adesso che è all’opposizione se quella iniziativa viene messa in pratica dalla maggioranza non la si può criticare facendo le barricate perché i cittadini interpreterebbero tale opposizione come propaganda, e penso che i cittadini italiani, tra pubblicità, propaganda, talk show ne abbiano le tasche piene.

Purtroppo, l’impressione è che il Partito Democratico, pivot della coalizione semi-larga di centrosinistra, non sia interessato ad analizzare con rigoroso metodo scientifico il risultato delle urne, preferisce responsabilizzare del fallimento il M5s e il, cosiddetto, terzo polo (Calenda-Renzi) incolpandoli di non aver voluto unirsi al Pd nella contesa contro il centrodestra. Se stessimo parlando di una partita di calcio non ci sarebbe nulla da obiettare: nello sport, per le tifoserie, l’importante è vincere, anche con un gol fortuito o addirittura rubato con un fallo non visto dall’arbitro. Le elezioni, invece, servono per determinare quel gruppo di persone che, proprio perché dovranno governare il Paese, devono esprimersi, sui temi di base, in modo coeso, al netto di qualche sfumatura.

È svilente vedere come certe coalizioni si formano solo con l’obiettivo di vantare il diritto di sedere sul podio senza tenere conto che governare significa essere responsabile del destino di milioni di cittadini. Prendiamo ad esempio la politica estera. Il 24 gennaio 2023, su proposta del Governo, la Camera dei Deputati ha votato a larghissima maggioranza il via libera definitivo al decreto Ucraina che proroga, fino al 31 dicembre 2023, la cessione, da parte italiana, di materiali militari verso questo Paese così a lungo impegnato per l’invasione russa del febbraio del 2022. Gli unici oppositori al decreto sono stati M5s, Verdi, Si e qualche deputato di Articolo 1: praticamente le formazioni che lo stesso Partito democratico vorrebbe coalizzare nel campo largo. Se al governo del Paese ci fosse stata la coalizione di centrosinistra allargata, il 24 gennaio l’Italia avrebbe dato il via libera al decreto di aiuti militari all’Ucraina o ci sarebbe stata una crisi di governo che avrebbe portato ad un ennesimo governo tecnico? E quali sarebbero state le ripercussioni a livello internazionale?

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