Popolari tra domanda e offerta

Caro direttore,
il sondaggio di YouTrend per Sky Tg24 ha certamente aperto un dibattito: ci ha detto che il 24% degli italiani auspicherebbe una realtà politica fedele ai valori cattolici e le basi elettorali più avverse a questi si trovano nel Pd, M5s, Azione e Italia Viva. Di fronte a questi numeri sembrano non inopportune alcune considerazioni: la prima è chiaro che non c’è l’auspicio di una presenza di tipo clericale, che sarebbe un modo elegante, come considerazione o accusa per ridurre il valore di queste indicazioni, anche perché c’è memoria della presenza democratico-cristiana, non ripetibile organizzativamente ma capace di nostalgia per un pensiero, quello appunto popolare e democratico cristiano che non nasconde le sue caratteristiche, ispirazione cristiana, autonomia, centrismo, europeismo originale, integralismo democratico, municipalismo, parlamentarismo, formazione, concretezza.

È interessante che circa un quarto dell’elettorato risponda affermativamente ad una domanda caratterizzata dal richiamo ai valori cattolici, senza per questo ridurli ad instrumentum regni come fanno i conservatori o fatti privati senza dimensione pubblica per i progressisti: è importante specificare ciò perché porta a galla una domanda di popolo a cui serve dare una risposta ed è evidente che non può essere di tipo politicista cioè legata a centrismi non aggettivati, tentativi di entrismi nobilitati ex post o discussioni su politiche solo posizionate nella geografia partitica astratta.

Insomma, non si può rispondere con le solite ricette della sopravvivenza di pezzi, ormai marginali, di vecchia classe dirigente che il popolo democratico-cristiano ha perso con la propria gestione, tra una sigla e l’altra pencolando in tutte le direzioni. Sembra ci sia una domanda di senso, una comprensione delle contraddizioni dell’attuale sistema in crisi, una richiesta di identità: qui potrebbe venire in soccorso l’analisi del caso francese che in Italia viene tradotta come centrista sic et simpliciter. Mattia Marasti su “glistatigenerali” fa una riflessione acuta sul fallimento dell’esperienza di quello che chiama “centrismo radicale” che, superando i populismi di destra e sinistra, avrebbe dovuto definire una nuova linea progressista: l’autore arriva ad affermare due cose, che “quello che doveva essere quindi un modello per i centristi progressisti in tutto il mondo occidentale è in realtà diventato una versione più progressista della destra francese, risucchiato dalle differenze ideologiche che dichiarava di voler contrastare” e, concludendo “... alla prova dei fatti non c’è mai stato spazio per il centro”.

Un modello siffatto (che ha tenuto aperto, va riconosciuto, anche in Italia uno spazio elettorale), risponde alla domanda di presenza coerente da cui siamo partiti? Certamente no perché non ha, alla prova dei fatti una identità ma deve ricorrere a leaderismo e tecnocrazia per esistere che, poi, sconfinano in posizioni ideologiche mainstream, tentando di consolidarsi pur essendo operazioni elettorali, sommatorie e di vertice (si pensi alla formazione macroniana En Marche e alla sua proiezione europea Renew Europe).

Cosa manca? Il pensiero autenticamente centrista, che sa fare da messa a terra dei valori di cui c’è domanda e questo non è altro che il popolarismo (che in Francia manca e che trova una presenza comunque tra Les Repubblicains), come ben insegnato da don Luigi Sturzo, capace di interpretare la complessità e affrontare i problemi concreti ritrovando la capacità di portare l’originalità della sua elaborazione italiana dentro la famiglia del Partito Popolare Europeo, l’unica che ha il richiamo alla Dottrina Sociale della Chiesa nella sua piattaforma ideale e programmatica.

Un esempio, senza andare alla battaglia in difesa dei diritti dei bambini alla loro origine, come presenza storica popolare di Italia Popolare è quello di non indugiare in elucubrazioni autoreferenziali ma affrontare problemi concreti grazie a quei valori che formano l’ispirazione e determinano la presenza: il 21 marzo è stata fatta, in quest’ottica, una web conference su “tra transizione e ideologia, quale futuro per il settore automobilistico?”, che trova la politica piemontese poco preparata, che ha visto confrontarsi l'europarlamentare Ppe on. Massimiliano Salini, l’ex vicesindaco e segretario cittadino Ppi di Torino, on. Marco Calgaro, un esponente della Fim Cisl torinese (è possibile rivederla sul profilo facebook Popolari di Moncalieri, l’ultima sezione popolare d’Italia operativa dal 1919). Ad aprile verrà organizzato il seminario nazionale su futuro del popolarismo ed Europa in occasione del centenario del Congresso popolare di Torino del 1923 proprio perché, insieme agli amici europei, quel centro inscindibilmente popolare per trovare senso, impastato di valori e storia, testimoni e azioni, deve iniziare a costruire la risposta alla richiesta dei cittadini e non astrazioni centriste.

*Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari/Italia Popolare

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