Torino non è Milano (e neppure NY)

Ci voleva una donna americana intelligente per farci capire che Torino non è Milano ma neanche New York? È vero che abbiamo quattro fiumi ma salvo che non producano energia elettrica gratis difficile che attraggano investimenti esteri. Il sindaco Lo Russo, a quasi due anni dalla sua elezione, che vinse perché gran parte della città impoverita dalle scelte degli ultimi sindaci non andò a votare mentre la parte della città che sta bene e vota Pd andò a votare, ha aperto la discussione sul futuro urbanistico di Torino ovviamente solo con chi non poteva dare fastidio.

Da quel che si legge, anche grazie all’esperta americana di Bloomberg ingaggiata per dare idee sul futuro della nostra città, è emerso con chiarezza, tenetevi forte, che Torino non è New York ma non è neanche Milano.  Nella discussione è emersa la proposta di costruire ben quattro linee di Metropolitana, come ha già oggi Lione, sennonché i tempi di costruzione di una linea metropolitana a Torino sono da ultimi nel mondo. Senza riandare alla risposta che il capogruppo Pci diede a Peyron (“Caro sindaco gli operai preferiscono andare in auto”), la linea 1 iniziò i lavori nel 2000 e non è ancora ultimata. La linea 2 avrà l’inizio dei lavori nel 2025 e un quarto di essa dovrebbe essere ultimata nel 2032-33. La proposta di collegare la metropolitana ai comuni della cintura mi vede assolutamente d’accordo.

Un’altra suggestione emersa è quella di Torino una città con quattro fiumi, una ricchezza da sfruttare. Sicuramente, magari impiegando nei lavori di sistemazione degli alvei e delle sonde i percettori di reddito di cittadinanza con la formula dei lavori socialmente utili. Ma se i quattro fiumi non produrranno energia a costo zero difficile che riescano ad attrarre investimenti esteri di cui abbiamo assolutamente bisogno, visto che i grandi capitali torinesi, frutto di vendite industriali, verranno impiegati nel settore più sicuro quello della sanità. Più interessante la proposta dei costruttori di dar vita a un Piano di sviluppo perché il solo Piano regolatore non parrebbe in grado di rilanciare economia e lavoro a Torino.

Nulla invece per valorizzare il grande know how che Torino ha nell’industria dell’auto. Visto che Stellantis vuole portare una parte dell’indotto a lavorare in Algeria, e visto che l’Italia sarà ultima ad avere una Gigafacfory, Torino potrebbe fare ponti d’oro ad altri costruttori di auto affinché vengano a produrre da noi, come ha detto nei giorni scorsi anche l’Anfia.

Nei giorni scorsi lo stesso Romano Prodi, che pure di errori pesanti ne ha fatti, su un quotidiano della capitale, ha sollecitato il Governo a difendere il settore dell’automotive come hanno fatto tedeschi, francesi e spagnoli. A Torino e cintura, infatti, vi sono ancora tante aziende che, come alla fine dell’800, producono minicar o prototipi di auto, bus a guida autonoma, molte in collaborazione con il Politecnico.

D’altronde il ministro Urso che sta studiando un provvedimento per il settore automotive ha a disposizione oltre 6 miliardi del fondo Giorgetti che ho contribuito a far nascere agli inizi del 2022 dopo che nell’ultima Finanziaria di Draghi non era stata stanziata neanche un euro per il settore che ha fatto grande Torino. Agli scettici ricordo che ancora oggi il maggiore contributo all’economia piemontese e alle sue esportazioni lo danno il settore automotive e della meccanica.

*Mino Giachino, responsabile piemontese trasporti e logistica di FdI

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