Brandizzo, tragedia tra errore e caso

Dopo il tragico incidente ferroviario del 31 agosto sulla linea Torino-Milano nei pressi della stazione di Brandizzo in cui un treno regionale ha travolto cinque operai che stavano lavorando sulla strada ferrata, si è scatenata sui media, ed in particolare sui talk-show, la consueta indignazione, da parte di politici, sindacalisti e giornalisti, sul fatto che incidenti come questo non siano accettabili. Purtroppo, sono molte le cose “inaccettabili” che avvengono regolarmente sin dalla notte dei tempi e che la nostra cultura iper-illuminista non riesce ad interiorizzare. Per molti persino la morte in sé non è accettabile, ma sarebbe opportuno prendere atto che, nonostante i notevolissimi progressi della scienza e della tecnica, da sempre gli esseri viventi muoiono.

In generale gli incidenti si possono limitare nel numero e nell’entità, ma eliminarli è impossibile. Per il dizionario Treccani “incidente” è un avvenimento inatteso, per lo più con effetti dannosi, che interrompe il corso regolare di un'azione. A volte le cellule di un essere vivente sono soggette ad incidenti generati da errori di riproduzione che causano gravi danni. L’essere umano, come parte integrante della natura, non fa eccezione e commette errori che possono dar luogo a tragici incidenti.

In un breve video girato lungo i binari a Brandizzo da Kevin Laganà, il più giovane delle cinque vittime, si vedono gli operai al lavoro sui binari circa un’ora prima di essere travolti e uccisi dal treno. Se per qualsivoglia motivo il treno che ha investito gli operai non fosse passato in quel momento su quel binario, non si sarebbe potuto parlare di tragico incidente, i cinque operai sarebbero vivi e non ci sarebbero indagini da parte della procura della repubblica. E l’errore? quello ci sarebbe comunque perché indipendente dall’incidente. Ma se, per qualsiasi motivo, quel treno non fosse passato, quell’errore, pur commesso, non avendo causato un incidente non sarebbe interessato a nessuno.

A dimostrazione della validità della teoria filosofica “dell’eterno ritorno dell’uguale” di Friedrich Nietzsche, già 67 anni fa, il 29 marzo 1956, sugli stessi binari di Brandizzo persero la vita due operai di Borgo Vercelli. Alcuni operai stavano lavorando per rinforzare le traversine delle linee ferroviarie e un’automotrice improvvisamente piombò su di loro. Il macchinista non aveva mai ricevuto l’ordine di fermarsi. Ad aggiungere sinistre coincidenze i due operai lavoravano per la cooperativa di Borgo Vercelli che ha dato i natali all’azienda da cui dipendevano le cinque vittime del 2023. Nonostante siano passati 67 anni, la dinamica con cui si sono svolti i due incidenti aderisce in molti punti. Un articolo dell’epoca racconta quale fosse il meccanismo a tutela della sicurezza dei lavoratori: “Come misura di sicurezza, quando si compiono lavori del genere, viene collocato di guardia un trombettiere il quale, all’arrivo di ogni treno, dà l’allarme perché la linea venga sgombrata. Ma questo suono, emesso da una comune cornetta da ferroviere, giunge debole e roco a chi si trova ad una certa distanza. Il Beretta e l’Innocente (le due vittime), presi dal lavoro ed assordati dallo stesso motore della perforatrice, sino all’ultimo non si avvidero del pericolo.” Certamente la tecnologia, dal 1956 ad oggi, ha fatto progressi inimmaginabili. Oggi abbiamo internet, l’intelligenza artificiale, le auto che si guidano da sole, gli smart-phone, i tablet, i computer portatili. Contemporaneamente il quadro normativo in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro si è ampliato.

A partire dagli anni 50 (prima esisteva solo il Codice civile) sono state emanate norme per conciliare le esigenze nate dal cambiamento politico-sociale ed industriale del dopo guerra, con il bisogno di una tutela di sicurezza nel mondo del lavoro e, dagli anni 90, per recepire le direttive comunitarie ed il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della sicurezza aziendale. Eppure, nel 2023 a Brandizzo si è verificato un incidente similare a quello avvenuto nello stesso luogo nel 1956! Più che concentrarsi sulla tragicità degli incidenti, sarebbe però più opportuno individuare quali errori li hanno causati, tenendo conto che, a parità di errore, non sempre si ottengono gli stessi risultati: a volte succedono incidenti che sono vere tragedie, come quella di Brandizzo, a volte lievi disagi, a volte nulla. E spesso l’errore risiede nel modo di pensare del singolo individuo in determinate circostanze. Ecco perché gli errori umani devono essere analizzati attraverso metodologie scientifiche che fanno capo alle neuroscienze, le sole in grado di “capire” il funzionamento del cervello e di fornire risposte al perché di alcuni comportamenti dell’Uomo. Si potrebbe scoprire, ad esempio, che alcune tipologie di errore umano non sono dovute a scarsità di tecnologia, a difetti dei sistemi di sicurezza o a mancanza di normative. A tal proposito già nel 2012 la psicologa Federica Paolucci su “Percezione del rischio e sicurezza sul lavoro” scriveva: “I processi di percezione e di valutazione della realtà orientano e sostengono le decisioni del singolo e della collettività. Ciò che cade sotto la nostra osservazione sono dati che non hanno un significato univoco, ma richiedono un lavoro mentale di contestualizzazione e di attribuzione di senso che va poi ad orientare la presa di decisione e quindi l’intervento nella realtà”.

Non so se il video di Kevin Laganà, ben raccontato nell’articolo dello Spiffero (“Brandizzo, video prima della strage: "Se vi dico treno spostatevi di là”) e oggi allo studio della procura della repubblica di Ivrea, possa avere valore per stabilire in sede processuale le responsabilità penali delle persone indagate. Quello che emerge è una spavalda sottovalutazione del rischio. Non siamo di fronte a “ragazzi schiavi” costretti ai lavori forzati, come ha scritto Maurizio Crosetti su La Repubblica, ma a persone che scientemente e con una buona dose di superficialità non rispettano abitualmente le norme di sicurezza. A rendere più criptica la comprensione dell’incidente, Repubblica ha pubblicato in esclusiva un nuovo video proveniente dalla telecamera di sorveglianza di un condominio vicino alla stazione: il treno delle 23,45 sfreccia senza fischiare e frenare, segno che sul suo percorso non vi sono impedimenti, mentre il treno delle 23,49, in prossimità della stazione di Brandizzo, fischia e frena vigorosamente perché i macchinisti hanno intravisto degli ostacoli sui binari. Finora non si era mai parlato di due treni quindi probabilmente di errori ce e sono due: uno di valutazione e uno di comunicazione.

Siamo di fronte ad un problema “culturale” che ben difficilmente si può risolvere con la tecnologia più sofisticata o attraverso il rendere più severe le regole già esistenti. Se un antennista va sul tetto senza casco e senza fune di sicurezza, non c’è tecnologia o legge che tenga, il rischio che cada e si faccia male, o muoia, c’è, anche se ha accumulato anni di esperienza. Analogamente se dico: “compera 12 uova e se ci sono le zollette di zucchero comprane 100” non è chiaro se devo comperare 100 uova oppure 12 uova e 100 zollette di zucchero. Eppure, io sono sicuro di aver dato le giuste indicazioni.

Di fronte ad una cultura che spavaldamente porta ognuno di noi a considerarsi l’essere più intelligente e soprattutto furbo del creato, non è sufficiente emanare nuove e più severe norme pensando di mutare le nostre consolidate consuetudini comportamentali. Solo uno strutturato e continuo processo formativo può portare al miglioramento. L’alternativa è affidarci al “Caso”, unica entità che avrebbe potuto evitare la tragedia fermando il treno prima dell’incidente!

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