Disagio dalle parole di Gratteri

Come la “confessione” del magistrato dottor Andrea Padalino, la cui gogna giudiziaria ingiustamente patita lo ha portato ad affermare pubblicamente «proprio come magistrato, mi rendo conto che devo a tutti delle scuse», anche l’intervista del dottor Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, può aiutare a comprendere più da vicino la forma mentis di un procuratore della Repubblica che, per ruolo e prestigio, è un autorevole rappresentante dei magistrati requirenti. Vorrei esaminare e commentare alcuni passaggi dell’intervista.

Il dottor Gratteri, relativamente all’introduzione delle pagelle ai magistrati proposte dal ministro Nordio, afferma: “Le pagelle non solo non sono utili, ma addirittura sono dannose: i magistrati si preoccuperebbero più di avere le carte in ordine che di fare giustizia”. La psicologia ambientale, scienza che studia il comportamento umano in relazione all’influenza degli stimoli ambientali, sin dagli anni ’70 ha evidenziato come la componente materiale e spaziale di un ufficio (tenere in ordine le carte) influenzi il rendimento del lavoratore. BOSTI (Buffalo Organization for Social and Technological Innovation), che da trent’anni studia l’efficienza degli uffici, ha rilevato che il tipo di lavoro non influisce direttamente sul successo dell’azienda ma sul comportamento delle persone che, se favorite dall’organizzazione ambientale, portano a termine con successo i compiti assegnati. Per questo motivo, investire sul proprio ufficio per avere “le carte in ordine”, non è uno “sfizio estetico” ma, come insegna la metodologia 6Sigma, una pratica che determina l’efficienza e l’efficacia di quanto si produce in un ufficio. Al dottor Gratteri quindi ribatto che, se i magistrati si preoccupano di avere le carte in ordine, faranno sicuramente meglio il proprio lavoro e, di conseguenza, faranno meglio “giustizia”.

Per il dottor Gratteri servirebbe “riempire gli organici della magistratura” magari riportando l’età pensionabile a 75 anni, o almeno a 72, dando ai pensionati possibilità di incarichi “che, meglio e più di altri, potrebbero svolgere. Se un ministro può avere più di 75 anni, perché i magistrati in pensione non possono essere destinati alle commissioni parlamentari o alla scuola superiore della magistratura? Una persona di 75 o più anni può prendere decisioni sul futuro di una nazione e non può occuparsi dell’aggiornamento dei magistrati? (…) anche 20 o 30 magistrati in più (…) fanno la differenza. Sarebbe un segnale importante da parte della nostra categoria (…) Secondo un sondaggio dopo il cosiddetto “scandalo Palamara”, larga parte degli italiani diffida della magistratura. Se vogliamo riacquistare credibilità (…) è il momento di fare qualcosa di concreto, non le solite chiacchere che non portano a nulla”.

Temo che al dottor Gratteri non sia chiara la distinzione tra funzioni politiche e funzioni professionali: le funzioni politiche, come quelle afferenti ad un ministro, sono rappresentative di una volontà popolare attraverso la determinazione del Governo voluto dal popolo, che, in democrazia, è sovrano. Le funzioni professionali, come quelle afferenti ad un magistrato, sono risultanze determinate dallo studio personale dei singoli attraverso corsi e concorsi. Mentre il popolo può ritenere accettabile l’essere rappresentato da una persona over 75, far formare nuovi magistrati da soggetti ormai logori del loro mestiere può risultare controproducente.

Da un sondaggio di Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Italia (il dottor Gratteri non ci fa sapere la fonte del suo sondaggio) emerge che negli ultimi 11 anni si è registrato un vistoso crollo della fiducia degli italiani nella magistratura “passando dal 68% di fiducia nel maggio 2010 al 39% odierno”. Le motivazioni, più che nelle vicende “Amara e Palamara”, vengono attribuite “al clima politico degli anni passati, contraddistinti dai rapporti conflittuali di Berlusconi con la magistratura (…). Il tramonto politico di Berlusconi ha indotto molti cittadini a valutare con sguardo diverso il sistema giudiziario e l’operato dei magistrati. Non a caso oggi la maggioranza attribuisce il calo di fiducia ai tempi lunghi della giustizia (24%), alla presenza di magistrati politicizzati (18%) o corrotti (17%), oppure a sentenze discutibili (16%), mentre solo il 10% ritiene che ci sia una campagna denigratoria nei confronti dei magistrati”.

Alla domanda di come si possono velocizzare i processi, il magistrato risponde: “Eliminando inutili adempimenti che nulla hanno a che vedere con le irrinunciabili garanzie. Oggi (…) si può fare un concordato in appello, con riduzione della pena e rinuncia al prosieguo. Perché non farlo prima? Si potrebbe anche limitare la possibilità di appello nelle ipotesi di arresto in flagranza con ammissione degli addebiti o quando sono palesemente strumentali”. Non è forse più ragionevole abolire la possibilità che la procura della Repubblica faccia appello dopo che un tribunale ha emesso, in nome del popolo italiano, sentenza di assoluzione? Una sentenza di condanna deve essere emessa “oltre ogni ragionevole dubbio” e non può essere soggettiva, quindi come può un tribunale, organo di un’unica Giustizia, in assenza di nuove prove, giudicare colpevole un imputato quando un altro giudice l’aveva precedentemente assolto?

Sulla separazione delle carriere il magistrato prende una precisa posizione: “È sbagliata da tutti punti di vista. Il cambio di funzione arricchisce professionalmente il magistrato. Si criticano spesso i pm perché si dice che non hanno la cultura della giurisdizione. Quale miglior modo allora, se non quello di far fare al pm anche il giudice e viceversa? Bisognerebbe avere il coraggio di tornare ad agevolare il cambio di funzioni, come nel resto d’Europa, dove viene incentivato. La separazione delle carriere è l’anticamera della sottoposizione del pm all’esecutivo”. Sono certo che il pm sotto il profilo giurisdizionale avrebbe molto da imparare esercitando anche la funzione di giudice ma lo farebbe sulle spalle dei cittadini imputati. Chi si farebbe operare da un grande musicista con ambizioni da chirurgo? Certo, ha ragione il dottor Gratteri che l’aspirante chirurgo operando aumenterebbe la sua professionalità, ma quanti sarebbero i morti sotto i ferri prima di arrivare ad un livello accettabile? Per quanto riguarda l’Europa, mi risulta che in paesi come la Germania, la Francia e la Spagna, i pm rispondano al ministro di giustizia, e nulla impedisce loro, pur avendo carriera separata dai giudici, di restare parte integrante della giurisdizione conservando autonomia e indipendenza e senza diventare dipendenti dal potere esecutivo. Lo dimostra, tra l’altro, il caso del Portogallo, dove vige la separazione delle carriere e, dove, tuttavia, il pm non dipende affatto dall’esecutivo.

Come cittadino italiano, l’intervista al dottor Nicola Gratteri mi ha lasciato una sensazione di disagio, non per quello che ha detto, sul quale si può essere o meno d’accordo, ma per il “modo” con cui l’ha detto. Io sono convinto che un professionista “dirigente” dello Stato, oltre al diritto, abbia il dovere di contribuire al miglioramento della “azienda” in cui presta la sua opera e per la quale viene retribuito; e questo lo deve fare, non attraverso dichiarazioni sui media, ma attraverso una dialettica con i rappresentanti istituzionali della sua “azienda”. Vi immaginate cosa succederebbe se in una grande azienda, anche di Stato, un suo alto dirigente o un suo esponente del Consiglio di amministrazione si facesse intervistare da un importante quotidiano per esternare la sua contrarietà alle scelte strategiche dell’azienda? Perché il comportamento che deve essere tenuto da tutti i dirigenti non vale anche per un magistrato?

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