Quanto ci manca Donat-Cattin

Il bel docufilm su Donat-Cattin a 33 anni dalla sua morte e sulla importante attività della Fondazione che porta il suo nome non è stato solo un bel momento per chi lo ha amato politicamente e per chi ha avuto l’onore di collaborare con lui e di poter ascoltare da lui quotidianamente reazioni, da quelle più ragionate a quelle del momento, sulla vita politica economica e sociale del nostro Paese imparando alcuni concetti fondamentali della capacità di governo.

Il periodo che lo ha caratterizzato di più e che rimarrà nella storia del dopoguerra è sicuramente il periodo dell’Autunno caldo nella quale il grande politico torinese espresse la sua natura umana e politica. Governò uno scontro sociale fortissimo tra i lavoratori che avevano contribuito, con i bassi salari insieme ad una altissima produttività, in modo determinante alla ricostruzione del Paese, alla crescita impetuosa dell’industria dell’auto (la fabbrica delle fabbriche) che aveva prodotto la nascita di centinaia e poi migliaia aziende dell’indotto e quindi al boom economico, quando l’Italia era prima nel mondo per tasso di crescita. Donat-Cattin gestì quel momento privilegiando i salari e i diritti dei lavoratori con il rinnovo dei contratti e l’approvazione dello Statuto dei Lavoratori che anni dopo al Ministero dell’Industria avrebbe voluto equilibrare con lo Statuto dell’Impresa.

Ecco perché Donat-Cattin va ricordato alle giovani generazioni e ai lavoratori di domani. Seppe riconoscere alla parte debole del mondo produttivi diritti e riconoscimenti economici che contribuirono alla forte crescita del benessere a meno di venticinque anni da una guerra rovinosa. Se pensiamo che negli ultimi trent’anni il Paese è cresciuto pochissimo e i salari hanno perso di valore comprendiamo quanto sarebbe importante oggi un Donat-Cattin. Non so dire se lui avrebbe privilegiato il ruolo della contrattazione o se avesse puntato anche lui al salario minimo. Ma Donat-Cattin sarebbe stato importante a Torino in questi venticinque anni di declino perché avrebbe sicuramente difeso il settore auto mentre qualche sindaco si illudeva di sostituire il peso della manifattura puntando tutto su turismo e cultura. Donat-Cattin infine avrebbe sicuramente risposto presente all’appello dell’Arcivescovo che denunciava il disinteresse dei governanti rispetto alla metà della città che non sta bene.

Ecco perché Carlo Donat-Cattin rimane un modello a trentatré anni dalla prematura scomparsa. Ecco perché avendo avuto l’onore di collaborare con lui ringrazio e ricordo con commozione il figlio Claudio che avuto il grande merito di dar vita alla Fondazione Donat-Cattin.

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