Ha perso un progetto politico

Non serve chiedere le dimissioni dei vertici. Nel Pd sono usciti sconfitti un metodo e una linea che erano avallati da tutta la classe dirigente. Il primo obiettivo è comprendere il messaggio di cambiamento che si è levato dalle urne

All'indomani delle elezioni è tempo di resa dei conti all'interno dei partiti. Nel Pd si ripete, come un mantra, il copione che ha caratterizzato le sconfitte degli ultimi venti anni. Analisi del voto. Assemblee piene (dove, però, parlano solo quelli utili al sistema stesso). Richiesta di dimissioni del gruppo dirigente. Una sorta di auto-analisi o, se vogliamo, di lavacro di una coscienza politica ormai lontana, troppo lontana dal sentire popolare.

 

Oggi è partito il mea culpa di molti “Bersaniani pentiti”. Gli stessi che, fino a poche settimane fa hanno accettato primarie “farlocche” (il copyrigh è di Roberto Placido), hanno votato l'esclusione dalla competizione di candidati più forti e con un seguito popolare (sindaci e consiglieri regionali), hanno sostenuto in modo acritico il vecchio sistema combattendo chi, come Renzi, ne metteva in discussione liturgie e proposte politiche.

 

In politica, come nella vita, c'è, però,  anche uno stile nell'elaborazione del lutto. Addossare semplicemente ai vertici del partito la sconfitta è fuorviante e limitativo. Gianfranco Morgando e Paola Bragantini non hanno agito in solitudine, ma godevano dell'appoggio incondizionato di tutti i parlamentari, e della quasi totalità del gruppo dirigente piemontese. Voler cambiare tutto e subito sa, molto di auto-conservazione (è, forse, la versione aggiornata della celebre frase di Tancredi Falconeri: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”!)

 

Non sono, dunque,  usciti sconfitti i due segretari, ma il loro progetto politico, fatto di chiusure, esclusioni selettive e arroccamenti. La prima fase non è, dunque, quella di chiedere le loro dimissioni, ma quella di capire il messaggio di cambiamento che si è levato, in modo netto e chiaro. La politica non può più essere autoreferenziale, ma deve ritornare a sintonizzarsi con l'opinione pubblica che chiede un progetto vero di rinnovamento. Diversamente il PD verrà condannato alla prossima sconfitta.

 

Affollare in modo acritico il carro del rinnovamento rischia di peggiorare la situazione e di far avverare la profezia del Don Fabrizio de Il Gattopardo "E dopo sarà diverso, ma peggiore".

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