SACRO & PROFANO

Madonna in transito e altari bric-à-brac. "Bosismo" nella deriva protestante

Alla Comunità di Bose non si parla di Assunzione mostrando qualche problema con il dogma di fede della Chiesa cattolica. La furia iconoclasta arriva a Limone Piemonte dove il vescovo di Cuneo consacra un tavolaccio per le celebrazioni

La furia di novazione ad ogni costo non ha risparmiato nemmeno la chiesa di San Pietro in Vincoli a Limone Piemonte dove, venerdì 9 agosto, il vescovo ha consacrato l’orrendo e inutile altare-tavolaccio, emblema dell’espressione più ideologica della riforma liturgica post-conciliare e vanto degli intellettualoidi pauperisti accaniti. È risaputo, infatti, come l’epoca successiva all’ultimo Concilio ecumenico sia stata segnata dalla distruzione atroce di tanti altari antichi, spesso vere opere d’arte, considerati non più rispondenti alle cosiddette «esigenze del tempo presente». Su questi scempi che durano da più di mezzo secolo, a cominciare dalle cattedrali piemontesi, lo storico del futuro avrà a disposizione la più copiosa e vasta documentazione, a testimonianza di un’epoca di follia, prima ancora che di decadenza. Verrebbe da chiedersi, a fronte di tanto zelo modernizzatore: era davvero necessario sprecare tempo e denaro per rovinare l’armonia di tante belle chiese?

Tornando alla chiesa parrocchiale della “regina delle Alpi Marittime”, risalente al XIV secolo, e facendo scorrere lo sguardo dall’altar maggiore, incastonato nell’abside, fino al recente e insulso ripiano, degno di un mercatino delle pulci, la metafora del declino in cui versa la Chiesa viene resa con meridiana evidenza. Per fortuna, il tavolo da cucina-ripiano sembra di facile rimozione, in attesa di tempi meno bui, in cui la fede –così come il buonsenso (mai disgiunto in questo dal buongusto), possa tornare ad abitare sacrestie ed episcopi. Nel frattempo, i beati sacerdoti martiri che vi riposano dovranno sopportare un secondo martirio: quello di una ideologia inconsistente e, a Dio piacendo, in fin di vita.

Del resto, non c’era molto da aspettarsi dal buon vescovo di Cuneo-Fossano, monsignor Piero Delbosco, esperto di edilizia e famoso perché, quando era provicario di Torino, arrivava negli uffici della Curia di via Val della Torre con l’inseparabile cassetta degli attrezzi, sempre pronto ad affrontare, in quel colabrodo di edificio, l’ennesimo guasto. Diventato vescovo dopo aver coordinato i lavori per la villa in collina del cardinale Severino Poletto e aver provveduto alla futura degna sepoltura del porporato alla Consolata, è ostaggio di sé stesso e del clero formatosi in quella enclave provincial-progressista che fu l’Istituto teologico di Fossano, e di qualunque cosa gli venga proposta, al di fuori dell’amministrazione, dove almeno può mettere a frutto il suo diploma di perito tecnico. In camicione monastico con maniconi e cocolla, gli era a fianco il liturgo locale, don Luca Gazzoni, ex religioso, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano che, insieme al saluzzese don Marco Gallo – “grillino” (nel senso seguace di Andrea Grillo) di complemento e docente di liturgia – forma nella Granda l’avanguardia di quell’ideologia che ha prodotto e produce i disastri di Limone Piemonte.

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Qualche lettore ci ha domandato in che cosa consista l’ideologia dell’enzobianchismo o del bosismo cui abbiamo fatto cenno nello scorso articolo. Si potrebbe scrivere in proposito un bel saggio – qualcosa in proposito è già stato fatto – ma questa non è certo la sede. Poiché però giovedì scorso era la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, qualcuno ci ha trasmesso l’avviso liturgico che è apparso al monastero di Bose di cui era priore fratel Enzo Bianchi. In esso, non si parla di Assunzione ma di «Transito della B.V. Maria», perché è del tutto evidente come, anche nella Bose di fratel Sabino Chialà, abbiano come minimo qualche problema con il dogma di fede della Chiesa cattolica dell’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo, proclamato solennemente il 1° novembre 1950 da Pio XII il quale, avvalendosi dell’infallibilità papale, emanò la costituzione apostolica Munificentissimus Deus, definendo la seguente formula: «La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Trovate voi la differenza.

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È morto a 88 anni Paolo Ricca, importante figura di teologo e pastore valdese, scrittore prolifico e pioniere del movimento ecumenico, esponente di punta del protestantesimo italiano. Richiesto nel 2021 di un giudizio sul magistero di papa Francesco sotto l’aspetto ecumenico, così ebbe a rispondere: «Lo giudico ambivalente. Ha compiuto dei gesti nuovi, importantissimi, si è fatto quasi luterano con i luterani, quando è andato ad aprire le commemorazioni dei 500 anni della Riforma nella cattedrale di Lund, con i leader della Federazione luterana mondiale. Cosa che i suoi predecessori non avrebbero mai fatto. Sono cose che resteranno nella memoria della Chiesa. Questo è l’aspetto nuovo, positivo, estremamente promettente. Quello che però mi lascia un po’ perplesso è il fatto che non ha modificato in nulla la dottrina. Il Concilio, ad esempio, parla di “fratelli separati”. Collocato nel suo tempo era un passo avanti enorme. Ma oggi quella formula non va più, non descrive più la realtà, non si può più parlare così. Così come l’espressione delle Chiese protestanti come “comunità ecclesiali”, che non vuol dire nulla o peggio significa Chiese a metà... Come si fa con Chiese che hanno avuto centinaia di martiri... Oggi queste espressioni andrebbero cambiate, erano cose che a quel tempo erano un passo avanti; ma oggi che abbiamo fatto altri passi vanno superate. Bisogna descrivere la situazione attuale. Il Papa stesso non pensa in termini di “fratelli separati”, non agisce così. Allora lo dica. Per questo do un giudizio ambivalente. Anche perché potrebbe venire un altro Papa e dire che nulla è cambiato: così resteremmo al Vaticano II, che sarebbe un tornare indietro».

Anche per molti progressisti cattolici – quelli più “avanzati” – riandare al Vaticano II rappresenta ormai un semplice «tornare indietro». Al massimo se ne può accettare lo «spirito», ma mai la lettera. Appare così, e apparirà sempre più chiaro in futuro che – per una paradossale eterogenesi dei fini – a difendere il Concilio, alla fine, rimarranno solo i tanto vituperati «indietristi».

Credits: foto apertura della Diocesi di Cuneo; foto di Paolo Ricca della Chiesa Evangelica Valdese

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