“Insieme per Bresso”: ecco il vero tesoretto della zarina

Un bel miliardo (di vecchie lire) tutto per sé e il suo cocchino Bairati. Turigliatto, unico eletto della lista personale della presidente, è stato tenuto all’oscuro e al momento opportuno epurato

 

bresso_vittoria C’è chi addirittura ne ha fatto una professione e, bene o male, ci campa. I vari Rabellino, Martucci, Giovine e Lupi hanno talmente affinato il modello di business che ormai a ogni appuntamento con le urne riescono a piazzare qualche eletto e, ça va sans dire, incassare le relative prebende.

 

Quello di mettere in piedi liste-fai-da-te è nella cosiddetta Seconda Repubblica un andazzo abbastanza diffuso: colpa (o merito, a seconda dei gusti) della personalizzazione della politica. Una moda che ha contagiato anche le formazioni maggiori, i partiti nazionali e i leader politici locali. La giustificazione è che queste pocket list rappresentano un valore aggiunto per le rispettive coalizioni in quanto intercettano – o intercetterebbero – consensi al di là di quelli che normalmente andrebbero ai simboli tradizionali. Questioni di punti di vista, giacché molti analisti rilevano come siano assai più frequenti esempi di cannibalismo interno alle alleanze che casi virtuosi di effettivo allargamento della base elettorale. Spesso si tratta di appagamento del narcisismo dei candidati che vedono stampato in grassetto il loro nome, unito dalla molto più prosaica necessità di aumentare il numero dei posti in lista per quelli che un vecchio dirigente piemontese ex Pci (espertissimo in questioni elettorali) chiama i “gaméj da corsa”, letteralmente i cammelli da corsa, ovvero i portatori di voti.

 

Ma c’è anche un altro aspetto, poco noto, che incoraggia la formazione di queste liste bricolage: l’incasso dei rimborsi elettorali. Una materia regolata da una serie di leggi che attraverso un complesso meccanismo di ripartizione (in cui si tiene conto del numero di abitanti, di quanti hanno diritto al voto, dei voti effettivamente espressi) assegna a ogni lista che si è presentata alle Regionali ed ha almeno conquistato un seggio una bella sommetta a titolo di indennizzo per le spese sostenute nella propaganda. Nelle competizioni politiche non è neppure necessario aver raggiunto il quorum. Sono i famosi costi della democrazia.

 

In Piemonte l’unico caso è rappresentato dalla lista “Insieme per Bresso” che alle elezioni regionali dell’aprile 2005 ottenne un lusinghiero 2,95% (60.314 voti) e mandò a Palazzo Lascaris un consigliere, nella fattispecie Mariano Turigliatto. Per aver registrato questo risultato la lista ha avuto diritto a un rimborso di 110.728,33 per ogni anno di legislatura, per la cifra complessiva di 553.641,65. Non proprio bruscolini, più di un miliardo del vecchio conio, come direbbe Bonolis (per esattezza 1.071.999.717,65 di lire).

 

Mariano_TurigliattoE dove sono finiti questi soldi? Mistero degno della nostra Jessica Fletcher e dei suoi profili tartufeschi. O meglio, è un mistero per Turigliatto (nella foto), cioè per l’unico eletto della lista, colui che avrebbe tutto il diritto di saperlo. Ha chiesto più volte spiegazioni senza mai ottenere risposta, al punto che stufo (e preoccupato) di questi comportamenti sfuggenti ha preso carta e penna e ha inviato una missiva direttamente al titolare della ditta: la presidente Mercedes Bresso. In questa lettera, data 1 marzo 2010, avente per oggetto “Elezioni Regionali 2005-Rimborso delle spese elettorali della lista Insieme per Bresso”, il consigliere regionale, primo e unico eletto della lista medesima, nonché presidente del gruppo consiliare dalla stessa denominazione, specifica che «né in fase di allestimento della lista, né successivamente (…) ha avuto in alcun modo, direttamente o indirettamente, alcuna informazione relativamente all’ammontare del rimborso elettorale (…)». Ed inoltre specifica, a scanso di possibili equivoci, che «non è mai stato in alcun modo coinvolto nella riscossione e nella gestione dei rimborsi di cui all’oggetto, né ha mai ottenuto spiegazioni e indicazioni circa l’ammontare e la destinazione degli stessi». Lettera che è al protocollo della Presidenza di piazza Castello.

 

Se Turigliatto, come egli stesso dichiara, è stato tenuto all’oscuro dell’importo e, soprattutto, della destinazione dei rimborsi elettorali che fine ha fatto questo bel gruzzoletto? A quanto ci risulta è stato incassato da Bresso stessa e parcheggiato presso l’associazione intestata “Insieme per Bresso”, presieduta dalla sua segretaria Sandra Dadone, il cui tesoriere è un’altra fedelissima storica dell’entourage della zarina Anna Paschero.

 

Un tesoretto amministrato da poche, fidate persone e che ora è messo al servizio di Andrea Bairati, il cocchino di Madame, in corsa per strappare uno strapuntino regionale. Tutto legale, per carità, e ne siamo certi ineccepibile sotto ogni aspetto formale, ma questa gestione “privatistica” di una formazione politica che ha l’ambizione di annoverare i migliori esponenti della società civile non può non lasciare perlomeno perplessi. Ma si sa, chi di morale ferisce di morale…

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