TRAVAGLI DEMOCRATICI

Il Pd al congresso dei morti

Mentre a livello nazionale si cerca di far slittare a dopo le europee la conta interna, in Piemonte militanti e simpatizzanti potrebbero essere chiamati in autunno a eleggere il successore di Gariglio. Il patto generazionale e il ruolo di Chiamparino

A  quattro giorni dall’assemblea nazionale, le correnti del Pd paiono aver raggiunto un accordo su molti punti, a cominciare dall’elezione di Maurizio Martina a segretario con pieni poteri. Rimane il dubbio della data del congresso, se cioè tenerlo prima o dopo le elezioni europee del maggio 2019, e soprattutto come affrontare la fase costituente che tutti invocano per rilanciare il partito. Intanto ad incoraggiare i dirigenti dem arriva un sondaggio Swg tra gli elettori del Pd, secondo il quale il 78% sostiene che il partito stia sì vivendo una fase di difficoltà ma solo il 14% ritiene che abbia terminato il suo ciclo storico. Hanno dunque conforto coloro i quali ritengono non si debba azzerare tutto e tra questi lo stesso reggente. Certo delle divisioni rimangono, innanzitutto proprio sulla data del congresso: i renziani, che oggi pomeriggio si riuniranno, sono per  farlo slittare all’autunno 2019, e ieri anche Piero Fassino ha dato questa indicazione. Di parere diverso la minoranza gli orlandiani che vorrebbero le assise prima delle europee, avendo in Nicola Zingaretti il candidato. Ma anche personalità vicine a Renzi, come Emanuele Fiano, preferirebbero questa soluzione.

Al nodo ancora da sciogliere a livello nazionale sono in qualche modo legati i rinnovi dei vertici periferici del partito. I congressi regionali laddove gli organismi sono arrivati a scadenza e, più ancora, come nel caso del Piemonte si sono dimessi – è il caso dell’ormai ex segretario regionale Davide Gariglio – “si terranno tra ottobre e dicembre”, conferma allo Spiffero il responsabile nazionale dell’organizzazione, Andrea Rossi. Una finestra, quella autunnale, tra il ponte dei Santi (e i “Morti”)  e l’Immacolata, che ad oggi appare quindi ormai definita. Ma proprio guardando a quel che potrà uscire dalla riunione di sabato in merito alla data del congresso, c’è chi non abbandona la speranza di uno slittamento anche a livello ragionale, soprattutto in Piemonte dove svolgere le primarie dopo le europee significherebbe passare anche la boa delle regionali.

Nel caso si proceda rispettando la road map ad oggi fissata dal Nazareno, quindi allestendo i gazebo in autunno, le cose a detta di molti certamente non sarebbero meno difficoltose, anzi. Perché, inutile girare intorno alla questione, l’intrecciarsi del percorso congressuale con quella che si annuncia come la più complessa e difficile campagna elettorale per il governo piemontese è problema di non poco conto per un partito che non ha fatto in tempo a riprendersi da una batosta, ricevendone subito un’altra.

I tempi ridotti non faciliterebbero neppure quella svolta generazionale che pure sembra affacciarsi per la dirigenza democrat e che, dopo l’elezione alla segreteria provinciale torinese di Mimmo Carretta, 44 anni a fine mese, si sta palesando con altri giovani, dal consigliere Raffaele Gallo, 39 anni (uno dei papabili, insieme a Paola Bragantini, 44 anni, alla successione di Gariglio) al suo collega Daniele Valle, 35 anni, pronto a scendere in campo per la corsa verso Piazza Castello, nel caso Sergio Chiamparino decidesse di non riprovarci e, ancora, nell’eventualità che il mandato esplorativo a largo raggio avviato dall’attuale governatore non dovesse portare ad alcun risultato riportando all’interno degli stretti confini del Pd la scelta del candidato.

Giochi a incastri che hanno pure nella scansione temporale un elemento di non secondaria importanza: eleggere in autunno il segretario potrebbe indurre chi guarda alla guida della Regione a non perdere un’occasione più vicina in attesa che si apra la discussione per quella più avanti nel calendario. Ecco, dunque, spiegato seppur in parte, il motivo per cui nel Pd piemontese c’è chi non freme dalla voglia di fare le primarie rispettando il periodo ad oggi stabilito. La stessa sinistra interna, nel corso del confronto dell'altro giorno tra alcuni suoi capi in via Masserano (Andrea Giorgis, Enzo Lavolta, Fabio Malagnino, Giorgio Ardito, Giusi La Ganga) non si straccerebbe le vesti per uno slittamento della conta regionale.

Ovviamente, non sfugge che anche questo sia un indicatore dello stato di salute del partito, dell’incertezza e dei timori che lo pervadono. Di fronte ai quali ancor più rassicurante appare, ancora una volta, la figura dello stesso Chiamparino. Un presidente che in questi giorni ha mostrato una prontezza e una presenza politica nell’intervenire con piglio su temi propri del suo ruolo istituzionale – dalle Olimpiadi al Tav e allo stesso rapporto con il Governo – ma sopperendo appieno anche a una sorta di vuoto politico del partito regionale, finendo con incarnare il ruolo di supplente con l’autorevolezza e il peso del titolare. Tanto da far mettere tra le ipotesi una sua investitura  “ad interim” che potrebbe risultare utile, così come lo spostare avanti il congresso, per la stessa non facile competizione elettorale per le Regione. In tasca Chiamparino ha sempre l’ipotesi di una figura unitaria e unificante, ma se questa non trovasse la corale condivisione delle varie anime del partito, potrebbe essere lui stesso a dover svolgere quel ruolo. Sia pure a tempo, come Martina.

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