CENTRODESTRA

La Lega in cerca di Moderati

Il filarino tra Maccanti e Portas mette in agitazione Forza Italia: "Vuoi vedere che questi ci scaricano per imbarcare loro?". Ma anche nel centrosinistra iniziano a guardare con sospetto le manovre dell'alleato

Forse è solo un caso, ma è proprio a Torino che Roberto Maroni dice di vedere ormai una pietra sopra all’alleanza tra la Lega e Forza Italia. “Non credo sia questa la prospettiva” risponde a chi gli chiede quanto sia reale e probabile un riallacciare da parte di Matteo Salvini i rapporti con il partito di Silvio Berlusconi. L’ex ministro dell’Interno non è mai stato politicamente – così come nello stile, da inquilino del Viminale – vicinissimo all’attuale, ma certo non si può dire non lo conosca a fondo e sia, quindi, in grado di interpretarne la linea sfrondata dalle ricorrenti dichiarazioni che ormai hanno praticamente esaurito il loro effetto rassicurante nei confronti di chi sa di avere il proprio destino politico nelle mani del vicepremier. Maroni è scettico anche sulla durata del Governo – “un matrimonio di convenienza, con visioni e leadership diverse” – mettendo più che in forse la ricucitura di strappi sempre più ampi tra i due partiti, con un sempre più ampio divario di consensi a favore di Salvini. Nelle sue parole ascia un non detto (almeno pubblicamente) che in Piemonte più che altrove avrebbe per i berluscones l’effetto non di una pietra, ma di un macigno.

È pur vero che il disegno del leader leghista sia ormai manifestamente quello egemonizzante nei confronti di Forza Italia, ma questo – nell’attuale quadro – non gli impedirebbe affatto di sperimentare soluzioni non analoghe a quelle basate sul contratto di governo, sempre smentite sia da lui sia da Luigi Di Maio, ma comunque qualcosa di somigliante. Una desistenza, si sarebbe detto un tempo, per esempio. O un divide et impera su base territoriale, insomma testare il non facile matrimonio di convenienza, mascherato da relazione più o meno clandestina.

Sempre più alla luce del sole è, invece, il freddo atteggiamento della Lega nei confronti del (quasi ex) alleato. Anche in questo caso il Piemonte resta una sorta di teatro (di guerra): basta notare la totale assenza di risposte agli appelli lanciati, ancora ieri l’altro, da molti parlamentari azzurri sulla Tav, incominciando dalla presidente dei deputati, Mariastella Gelmini. Da Salvini e i suoi neppure un cenno, quasi a confermare quella che sarebbe la linea: non rispondere (forse neppure considerare) a quelle che vengono trattate alla stregua di provocazioni, anche se in realtà sembrano perorazioni.

La stessa manifestazione pro Tav annunciata da Forza Italia a Torino per il prossimo 17, ha provocato malcelata irritazione nel Carroccio, i cui esponenti salvo improbabili ripensamenti diserteranno anche quella di sabato, partecipata invece dagli azzurri. Naturale, di fronte a questo rapporto lacerato per il quale Maroni non intravvede ricuciture, chiedersi cosa succederà nel centrodestra per le regionali di primavera. È quello che fanno, senza ammettere ma mostrando un montante terrore, dalle parti di Forza Italia. La rosolatura a fuoco lento sul fornello leghista va avanti ormai da mesi e pare destinata a durare ancora, con il sempre più concreto rischio di uscirne strinati. Plastica la conferma di tutto ciò nell’immobilità sulla scelta del candidato presidente, a parte qualche improvvido salto in avanti, per ora finito nel vuoto.

Alla già abbondante preoccupazione, gli azzurri ora ne stanno aggiungendo un’altra. Forse frutto di una sorta di psicosi da tradimento e abbandono, o forse risultato di un’analisi disincantata. Sta di fatto che anche un faccia a faccia come quello che si terrà venerdì tra la deputata leghista Elena Maccanti e il suo collega, leader dei Moderati, Giacomo “Mimmo” Portas, vale a mettere in allarme i berluscones.

Lo spregiudicato Portas sa muoversi tra professioni di lealtà al centrosinistra e occhieggiamenti al centro (destra) e il ripetere il format già proposto in estate con un esponente del Carroccio non fa che avvalorare i sussurri che arrivano alle orecchie berlusconiane in forma di fastidioso sibilo. Metti che la Lega guardi all’area moderata della coalizione scegliendo il brand, insomma i Moderati, lasciando ancora più a margine Forza Italia, riducendone ulteriormente il ruolo di rappresentanza di quell’area di elettorato che la Lega (ancora) non raccoglie.

Naturalmente il tête-à-tête non è passato sotto silenzio neppure nel centrosinistra, dove circola una battuta in forma di domanda: perché Mimmo, questa volta, lo spazio sotto il simbolo dei Moderati non lo ha riempito con nessun nome, né come un tempo con quello di Piero Fassino, né come recentemente con quello di Sergio Chiamparino. Solo una banda blu. Il colore con cui Salvini ha sostituito il verde. Anche questo, solo un caso. Come il vaticinio di Maroni a Torino. Ma per Forza Italia le coincidenze incominciano, forse, a essere troppe.

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