TRAVAGLI DEMOCRATICI

Chiamparino non si schiera (per ora)

I sostenitori di Minniti attendevano l'endorsement del governatore che però fa sapere di aspettare "i progetti politici per il futuro della sinistra" dei vari candidati al congresso Pd prima di decidere chi appoggiare. La delusione del partito piemontese

“Ma Sergio con chi sta?”. Più i big del Pd annunciano il loro appoggio a questo o quel candidato alla segreteria nazionale e più la curiosità e l’interesse muovono verso uno di essi che, appunto, ancora non si sa con chi starà. Lui, Chiamparino, quasi certamente un’idea su chi tra Marco Minniti, Nicola Zingaretti e Maurizio Martina (restringendo la rosa ai tre con maggiori chance) vedrebbe bene varcare la soglia del Nazareno da segretario ce l’ha, ma per ora resta alla finestra. Tattica o reale titubanza?

L’endorsement del presidente della Regione è merce ambita. Tanto che rumors romani raccontano di una certa qual delusione mostrata dall’ex ministro degli Interni, il quale si sarebbe atteso anche solo un cenno di sostegno dell’uomo che, pur in maggioranza, all’epoca del renzismo ne fu anima anomala e spesso duramente critica e, per questo, ancor più rilevante nell’appoggio.

Chiamparino, poi, è figura, tra le non molte, ancora in grado di ispirare la sempre meno diffusa fiducia e orientare il voto – in questo caso quello degli iscritti e poi di quel che resterà del popolo delle primarie – ben oltre i confini della sua regione.

Nonostante molti indichino proprio in Minniti il più probabile candidato ideale del governatore, questi non ha mai nascosto simpatia e stima ben oltre quella dovuta alla colleganza, nei confronti del suo omologo laziale. Due figure ormai sempre più lontane, quella dell’ex titolare del Viminale e quella di Zingaretti, nella geografia congressuale. Forse anche per questo il Chiampa non ha (ancora) fatto alcuna dichiarazione di sostegno, neppure in maniera velata.

Pochi giorni fa in un’intervista a Marco Imarisio del Corriere, aveva detto di non vedere progetti per rilanciare una sinistra europea, vedendo piuttosto e solo “differenze di geometrie interne al Pd , ma non le prospettive comuni per tornare ad essere credibili nel Paese”. E su quella impietosa analisi dice a chi gli ha parlato anche nelle scorse ore, di essere ancora fermo. Spiega di aspettare il Godot dei “progetti politici per il futuro della sinistra”, ma senza indicare e neppur far trasparire il nome di chi, al Nazareno, potrebbe almeno provare a immaginarli.

Un Chiamparino alla finestra, dunque. La stessa dalla quale ha osservato, naturalmente senza il minimo trasporto emotivo, le ultime vicende che hanno accompagnato la presentazione dei candidati per la segreteria regionale. Lui ci aveva provato ad evitare la conta e si era speso anche con più di un appello perché il partito piemontese trovasse la totale o comunque più ampia convergenza su una figura unitaria.

Le cose, come si sa, sono andate diversamente. Dalla finestra di piazza Castello, il Chiampa anche in questo caso si limita per ora ad osservare senza alcun cenno di preferenza. Il suo unico “contributo alla causa” come si diceva una volta, sarà quello di provare a fare “il miracolo piemontese”, insomma di vincere le elezioni della prossima primavera.

Un’impresa ai limiti dell’impossibile, detto più laicamente, alla quale riesce difficile vedere possa concorrere nei modi e con la forza del 2014 un Pd che rispetto ad allora non è neppure più la sua ombra. Anche per questo l’entusiasmo non lambisce neppure il balcone dal quale il Chiampa guarda il congresso nazionale (per non dire quello di casa), lasciando per ora i contendenti orfani della sua attesa benedizione.

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