SANITA'

AslTo-Nursind, scontro sulla mensa

"Gli operatori costretti a mangiare gli avanzi dei degenti", denuncia il sindacato. "Falso", replica l'azienda che però ammette problemi nella gestione del servizio. Per ovviare agli inconvenienti prevista la fornitura di smart card

La denuncia del sindacato è gravissima, la smentita dell’azienda sanitaria netta. Probabilmente la verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Certo leggere in un comunicato ufficiale di Nursind, una delle maggiori sigle della rappresentanza degli infermieri che “presso gli ospedali Maria Vittoria e Amedeo di Savoia dell’Asl Città di Torino guidata dal dottor Valerio Fabio Alberti, gli operatori sanitari in turno sono costretti a mangiare ciò che avanza dalla distribuzione del pasto dei degenti prima che questo sia smaltito come rifiuto solido urbano” è qualcosa che ha dell’incredibile. Che poi è la tesi del vertice dell’azienda che copre il territorio cittadino, dopo la fusione tra Asl To1 e To2.

“Un quadro assolutamente non veritiero”: così in una nota l’Asl definisce quello descritto dal sindacato. Il quale, a sua volta, non usa giri di parole per rappresentare la situazione per il personale nei due presidi ospedalieri come “da terzo mondo, in una delle più importanti aziende sanitarie del Piemonte e in barba a tutti i diritti dei lavoratori, operatori e professionisti sanitari a cui viene riservato un trattamento indecoroso”.

Il segretario aziendale di Nursind Francesco Digirolamo e quello regionale Francesco Coppolella, denunciano come attualmente “l’azienda non garantisce l’attività della mensa né nelle ore serali né nei giorni festivi, compreso il pranzo” e per questa ragione “tutti gli operatori sanitari, costretti a turni da contingenti minimi, o quelli impegnati in sala operatoria e in altre attività, non possono usufruire del pasto. Per compensare a questa carenza – ricordano i sindacalisti – l’Asl ha provato a fornire il pasto ai propri dipendenti direttamente nei reparti con un risultato disastroso e inutilizzabile. Quando i servizi sono strutturati male, la conseguenza più ovvia è non poterli utilizzare”.

Sempre secondo Nursind, “alcuni lavoratori hanno richiesto la carta elettronica destinata all’acquisto del pasto in esercizi convenzionati, soluzione utilizzata in ambito territoriale, molto apprezzata e funzionale rispetto alle esigenze personali che renderebbe esigibile il diritto al pasto. La richiesta della card elettronica è però avvolta dall’ennesimo mistero – rimarcano Digirolamo e Coppolella –. L’Asl l’ha rilasciata a soli pochi fortunati eletti, senza descrivere e informare i lavoratori sulle procedure per ottenerla e senza precisare il criterio di assegnazione. Evidentemente in questa azienda esistono figli e figliastri”.

Anche su questo punto, l’assai scarna nota diramata dall’ufficio stampa dell’Asl (dove si abbonda, però in punti esclamativi e maiuscole) nega le accuse: “Nessun dipendente deve mangiare gli avanzi dei degenti!!!” e precisa che “attualmente è prevista una soluzione alternativa al servizio mensa per i dipendenti che non possono lasciare il servizio (fornitura di smart card)”.

Forse il sindacato ha esagerato un po’, forse l’Asl ha smentito una circostanza, ma non una situazione che certo non pare essere ottimale. Dietro le poche righe di smentita, non è difficile trovare conferma nella stessa Asl della difficoltà e dei disagi che il cambio di fornitore dei servizi di ristorazione pare aver comportato. E che, come denuncia il sindacato e conferma la stessa Asl fornendo il servizio alternativo con la smart card, pare tutt’altro che risolto.

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