VERSO IL 2019

"Salvini non tradisca il Piemonte e Chiamparino dica meno bugie"

L'ex governatore Cota avverte il leader della Lega: "Non sacrifichi la Tav sull'altare dell'alleanza con i 5 stelle". E il presidente uscente "riconosca che solo grazie all'azione della mia giunta è stato possibile rimettere in sesto i conti della Regione"

“La Tav per i Cinquestelle è più simbolica rispetto a tutte le altre infrastrutture e questo conta molto nella politica contemporanea, quando non c’è un’azione di governo di lungo periodo, ma solo slogan per catturare il consenso del giorno. Se Matteo Salvini sacrificasse la Torino-Lione sull’altare della coalizione, cosa che spero non faccia e non voglio credere accadrà, sarebbe una cosa terribile, prima di tutto proprio per l’elettorato della Lega”.

Roberto Cota da un po’ di tempo fa l’avvocato, ma prima è stato non solo governatore del Piemonte, ma anche uno degli enfant prodige del Carroccio, per dieci anni capo indiscusso dei leghisti nostrani, sottosegretario e senza lasciarsi sfuggire l’occasione di presiedere il gruppo della Lega a Montecitorio, carica abbandonata proprio per quella inattesa vittoria che gli consegnò una Regione (più che altro) croce (e assai poco) delizia da cui se ne dovrà andare anzitempo per la nota vicenda giudiziaria delle firme false. Stesso trappolone in cui sarebbe caduto anche il suo successore Sergio Chiamparino, salvando però le zampe solo per una questione di pallottoliere: stessa irregolarità, numeri diversi.

Avvocato Cota, lei appare moderatamente fiducioso sulla tenuta della Lega in difesa della Tav, ma è proprio il suo successore ad aver istituzionalmente e non solo assunto il ruolo di difensore della Torino-Lione. Un ruolo che lei gli contesta nella nota che ieri ha scritto, come ogni domenica: “Chiamparino cerca di apparire come il paladino del sì, peccato che se la Tav è ancora in discussione e non in avanzato stato di realizzazione la responsabilità è anche dell’assoluto del suo immobilismo”. Chiamparino, come si dice in questi casi, si sta allargando troppo?
«Chiamparino faccia la sua strada ma non mi pesti i piedi».

Addirittura. Ci va giù per le trippe lei.
«Ma scusi, Chiamparino ha detto che ha riportato credibilità alla Regione, ma sa benissimo come andarono le cose: si trovò senza avversari visto che è arrivato a a fare il presidente grazie a un’operazione esterna e poi si è pure trovato una macchina della Regione tutto sommato ben organizzata, come hanno sempre ammesso anche loro, quelli del centrosinistra, in camera caritatis. Insomma, adesso Chiamparino non ciurli nel manico e dimostri di essere intellettualmente onesto».

Hanno risanato i conti, sono usciti dal piano di rientro: questo è quello che l’attuale maggioranza rivendica, lei non potrà mica negarlo?
«Incominciamo con il dire che si sono rimangiati sistematicamente tutto quel che dicevano quando ero presidente, come il no all’accorpamento degli ospedali. Lo hanno fatto senza però quella logica territoriale che aveva il nostro piano».

A proposito di sanità, ricorderà quando il suo assessore e prima ancora direttore generale Paolo Monferino disse che la Regione era tecnicamente fallita.
«Quella frase, oggetto di tante polemiche, è stata usata per fare una fotografa la più cruda possibile di quel che abbiamo trovato: una situazione devastata. Monferino lo ha detto usando parole più da manager che da politico ma aveva ragione. E abbiamo fatto le riforme partendo da quel presupposto, approntando un modello di sanità assolutamente corretto e antesignano dei tempi. Durante il mio mandato con l’applicazione dei costi standard era classificata al terzo posto e Chiamparino ne ha beneficiato. Lui dice: siamo usciti dal piano di rientro. Sì, ma chi si è ciucciato il piano dal primo giorno rimettendo in navigazione una barca affondata?».

Torniamo ai piedi pestati, cos’altro le ha dato fastidio di quel che ha detto Chiamparino?
«Allora, va bene fare l’operazione politica di ripresentarti facendo l’uomo del sì, va bene lodare la tua attività, ma lascia stare chi ti ha preceduto perché devi solo ringraziare per la fortuna che hai avuto di diventare presidente della Regione in quella circostanza».

Lei gli contesta anche un eccessivo protagonismo sul fronte a favore della Tav.
«Io ricordo che tutti i giorni spingevo, andavo sui cantieri, qui in 5 anni siamo fermi. Il simbolo della Regione è il suo nuovo palazzo non finito, le due città della Salute ancora indietro. Non penso che Chiamparino possa avere tutte le carte in regola per essere lui l’alfiere della Tav e delle grandi opere».

Però anche il suo partito, pur dicendosi a favore dell’opera, resta appeso ai Cinquestelle. Non pensa che Salvini abbia un approccio, diciamo, meno deciso sulla Torino-Lione rispetto alle pedemontane del Veneto e della Lombardia, ma anche al Terzo Valico?
«Premessa: io sono lontanissimo dai Cinquestelle, la penso in maniera diametralmente opposta e in questo momento sono fuori dalla politica, ho ancora la tessera fino a domani (oggi per chi legge, ndr) poi si vedrà. Ciò detto, per correttezza non ho mai parlato contro la Lega, però il governo con i Cinquestelle lo vedo malissimo».

Lei non lo avrebbe fatto?
«Assolutamente no. Poi comprendo che c’era l’esigenza di dare un governo al Paese e che il Capo dello Stato non diede l’incarico a Salvini».

Il risultato, qua da noi, è di avere la Tav ancora in discussione.
«Questa la trovo una cosa davvero assurda».

I grillini continuano a dire che sarà bloccata.
«È chiaro che la Tav per loro è il simbolo dei simboli».

Quindi il rischio che Salvini la possa sacrificare per tenere l’alleanza di governo c’è?
«Spero proprio di no. Sarebbe una cosa terribile, prima di tutto per l’elettorato della Lega. Non lo penso e, da uomo di centrodestra, spero che il centrodestra possa mettere una parola fine a questa discussione assurda».

Di fronte a questa incertezza che ancora permane, mentre su altre opere la Lega non ha sentito ragioni non fa pensare a una certa debolezza del partito piemontese rispetto, per esempio a quello veneto o lombardo?
«Non voglio fare quello che parla male della Lega del Piemonte. Io faccio un ragionamento politico generale: le infrastrutture vanno fatte, la Tav è fondamentale, l’analisi costi-benefici non ha una logica: ci vogliono mettere anche i mancati ricavi dei pedaggi autostradali e le accise sulla benzina? Io ho una visione diametralmente diversa, anche su Genova. Quando ero sottosegretario all’Industria avevo fatto una battuta sui dazi e mi avevano fatto un mazzo così dicendo che chi ha responsabilità di governo deve fare attenzione a quel che dice. E io non mi ero neppure avvicinato lontanamente a questioni come quelle su cui invece ho sentito fare affermazioni a ministri su società quotate in borsa facendo perdere soldi agli investitori. Non si possono dire cose del genere per cercare qualche voto in più».

Il centrodestra è dato favorito per le regionali in Piemonte, ma dopo l’infornata di parlamentari e sindaci di città importanti la Lega ha ancora figure in grado di comporre la squadra?
«Fare le scelte non spetta certo a me. Spero ovviamente che vinca il centrodestra e spero che si riesca a coalizzare innanzitutto su un programma di riforme e di rilancio dell’economia piemontese, cosa alla quale non si è certo dedicato Chiamparino. Il centrodestra non manca di persone valide e preparate».

Lei da governatore ripescò il decaduto consigliere Riccardo Molinari, nominandolo assessore. Adesso lui occupa il posto che in precedenza fu suo a Montecitorio alla guida del gruppo e della Lega in Piemonte. Lo vede sufficientemente determinato sulla vicenda Tav?
«La Lega ha detto di essere favorevole all’opera, ne prendo atto».

Intanto la sindaca di Torino continua a ribadire il suo no, facendo infuriare anche una parte di coloro che l’hanno eletta.
«Lei ha vinto anche perché si presentava come una grillina anomale e dunque potabile per un certo mondo torinese. Poi quegli ambienti le hanno presentato il conto e lei si è trovata stretta in una tenaglia, ma ha optato per il movimento, per questo è andata in difficoltà. Le comunali non sono così lontane, mi auguro che Torino scelga un’amministrazione capace di progettare il futuro e lo sviluppo».

Se li è sentiti pestare, ma forse i piedi le fanno male anche per qualche sassolino che, pare, non abbia difficoltà a toglierselo dalle scarpe. Ancora uno: quella di Chiamparino per lei cos’è?Arroganza di chi si sente il vento a favore o di chi teme la sconfitta?
«Il suo modello di persona affabile, con aria bonaria, da pacca sulla spalla ormai ha fatto il suo tempo. Chiamparino, che per la prima volta si trova di fronte a una competizione dura, è naturale che cerchi di vendere cara la pelle e raschi il barile. Io, però, quando mi pestano i piedi non sto zitto».

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