ALTA VELOCITA'

Salvini usa il madaMino per lanciare la mini Tav

Esposito spara a zero su Giachino: "Utilizza la Torino-Lione e i piemontesi per la sua carriera politica". Il doppio gioco di scendere in piazza con quelli del Sì e sostenere il governo del No. E il progetto low cost "è l'ennesima bufala propagandistica del leader leghista"

“Il Piemonte si rassegni o inizi a combattere con chi davvero fa i suoi interessi”. Nel giorno in cui l’ex sottosegretario berlusconiano Mino Giachino, assieme a Stefano Parisi e al suo proconsole in terra subalpina Marco Francia, mette in scena una manifestazione Sì Tav davanti a Montecitorio, un presidio di poche decine di persone, Stefano Esposito sgancia sulla loro testa il siluro. “I piemontesi non possono continuare a farsi prendere in giro da chi fa la foglia di fico di Matteo Salvini”. Il riferimento è proprio al madaMino che negli ultimi tempi tanto si è avvicinato al Viminale, fino a salire negli uffici del ministro per sostenere la causa dell’alta velocità (“ma soprattutto la sua di causa”). E se l’annunciata audizione nella Commissione Trasporti della Camera dei Deputati si è risolta in un semplice e assai poco impegnativo colloquio con il presidente Alessandro Morelli, finita la piazzata Giachino si è recato a Palazzo Grazioli per un vertice con Berlusconi, la capogruppo azzurra a Montecitorio Mariastella Gelmini, Antonio Tajani e il rappresentante delle 33 sigle del sistema del lavoro torinese, Corrado Alberto. Tema della riunione: la Tav o, meglio, come capitalizzare elettoralmente la vicenda.

Ha un diavolo per capello l’ex parlamentare Pd, il primo ad aver sposato la battaglia per l’alta velocità tra Torino e Lione quando ancora non era così di moda neanche nel suo stesso partito: “Purtroppo, come molti di noi temevano, fin dalla nascita di questo governo, per Salvini il tema della Tav è stato merce di scambio per obiettivi legati a territori a lui decisamente più cari”, a partire dal lombardo-veneto pronto a trasformarsi in terra olimpica mentre Torino continua a mendicare il contributo per le Atp Finals di tennis.

L’approvazione della mozione con cui ieri il governo ha congelato l’opera è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e sorprende l’indulgenza con cui Giachino abbia accolto la notizia, chiedendo “a Salvini un termine di tre mesi” per prendere una decisione. Una deadline generosa per un ultras dell’opera soprattutto se si calcolano i rischi di perdere 300 milioni di finanziamenti Ue, come paventato da Bruxelles in queste ore. “Non essendo abituato a pensare male mi fido delle parole di Salvini” ha detto Giachino. Intanto i bandi sono fermi e i finanziamenti rischiano di saltare. “Tre mesi di tempo?” ribatte Esposito che parla di una “insopportabile strumentalità con cui Giachino tenta di spiegare la svendita della Tav sull’altare della Diciotti, delle autonomie e della legittima difesa, i temi che davvero stanno a cuore a Salvini”. “Ed è insopportabile che lui, che qui abbiamo visto fare la parte del Sì Tav a oltranza, si presti a questo gioco per un mero interesse di poltrona”. Perché, attacca Esposito, “è legittimo che lui si faccia la una lista civica e ambisca a diventare l’assessore ai Trasporti di una eventuale prossima giunta di centrodestra, ma non è più tollerabile che continui a utilizzare la Tav per salire sull’unico treno che vuole davvero prendere, quello per piazza Castello”.

Il doppio gioco, per Esposito non regge più. Impossibile continuare a stare al governo e allo stesso tempo manifestare in piazza per un’opera che lo stesso governo tiene bloccata. Essere Sì Tav a Torino e Nì Tav a Roma. “Il Piemonte è stato preso in giro da questo signore” dice Esposito. “Parlo delle madamin, dell’Osservatorio 21, dell’Unione industriale, delle piccole imprese, di tutti quei cittadini che sono stati usati da uno che aveva come unico scopo quello di sedersi al tavolo con Salvini in vista delle prossime regionali. Altro che paladino del territorio, lui tutela solo il suo didietro e questo qualcuno lo doveva dire”.

Nelle ultime settimane si sta facendo strada l’ipotesi di una Mini-Tav, il compromesso immaginato dal leader della Lega per salvare capre e cavoli, per confermare l’opera “risparmiando un miliardo di euro” sulla tratta italiana, quella che oggi costa 1,7 miliardi. Un piano che gli stessi Mario Virano e Paolo Foietta sarebbero disponibili a sostenere pur di non perdere tutto. Ma in cosa consiste? L’obiettivo non è tanto quello di risparmiare quelle risorse, quanto piuttosto di traslarne la spesa di cinque anni. In sostanza si vuole spostare la realizzazione della tunnel sotto la collina morenica, nella tratta italiana, dal 2030 al 2035. Nel 2030 infatti entrerà in funzione il tunnel di base, nel tratto transfrontaliero, e c’è chi ritiene che nei primi cinque anni non si raggiungeranno i 340 treni al giorno stimati dalle previsioni tecniche, e prospetta il passaggio di 180 treni al giorno. In questo scenario si potrebbero spendere 200 milioni per ammodernare la linea storica tra Avigliana e Bussoleno, quella già utilizzata dal servizio ferroviario metropolitano, e con un cadenzamento di un treno ogni 4 minuti, alternando i convogli diretti in Francia con quelli a uso domestico, si potrebbe ovviare almeno finché i passaggi a regime non raggiungeranno i 340 treni. Un buon compromesso? “Assolutamente no, la Mini-Tav è l’ennesima bufala propagandistica con cui Salvini si sta prendendo gioco dei piemontesi – contesta Esposito –. Perché questo vorrebbe dire ridimensionare l’Interporto di Orbassano, che sarebbe servito dal cosiddetto peduncolo, altra cosa rispetto allo scalo logistico europeo previsto nel progetto. E poi questa idea che all’inizio ci saranno meno treni non trova riscontro con quanto accaduto altrove, basti pensare a quando gli svizzeri aprirono il Gottardo e pensavano di poter gestire la prima fase senza esaurire tutte le tracce e non è stato così perché la saturazione è avvenuta subito”. E comunque Salvini non intende risparmiare un miliardo e destinarlo alla linea 2 della metropolitana di Torino, ma semplicemente posticipare tale spesa? “Certo, perché il tunnel sulla tratta italiana prima o poi andrà fatto. Quanto alla metro 2 – conclude Esposito – posso solo dire che è un progetto a cui tengo molto e mi chiedo come si possano promettere dei finanziamenti su un’opera per cui dopo due anni e mezzo di amministrazione Appendino non siamo neanche riusciti ad avere un progetto preliminare”.

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