VERSO IL VOTO

Forza Italia assediata dalle liste

I berluscones vorrebbero solo i simboli dei tre alleati, ma la Lega ha già dato il via libera al proliferare di formazioni civiche e di scopo. E così dopo il Sì Tav di Giachino e il Piemonte nel cuore di Vignale rispunta pure l'Udc (e Bonsignore)

Volevano mettere una croce sulla pletora di liste ai fianchi della loro. Invece, sulla scheda elettorale, gli azzurri piemontesi si troveranno pure lo scudocrociato. L’ennesima sberla, che ovviamente verrà derubricata a simpatico buffetto, a Forza Italia arriva con la non certo gradita discesa nel terreno di gioco delle regionali da parte dell’Udc.

Il via libera è arrivato da Palazzo Grazioli dove Silvio Berlusconi garantendo a Lorenzo Cesa un posto per l’Europa nella lista unitaria dei moderati ha evitato di vedere lo scudocrociato correre per conto suo e quindi scongiurato il rischio erosione da parte della formazione centrista, ma nel contempo ha appunto fornito il viatico al segretario dell’Udc per presentare la sua lista in Piemonte e nelle altre regioni al voto, con il non trascurabile precedente del 3% portato alla coalizione per la recente vittoria in Abruzzo.

Boccone amaro, da ingoiare con l’espressione di chi gusta un babà, per i vertici forzisti del Piemonte, costretti nientemeno che dal Capo ad abbassare la cresta rispetto all’alterigia e all’insofferenza mostrate ad ogni possibile affaccio di potenziale rosicchiatori di voti.

Era già capitato con la lista di Mino Giachino. Lui, il madaMino Sì Tav sempre più legato a Matteo Salvini, dopo la non eclatante riproduzione in scala uno a mille della piazza torinese riproposta, insieme all’ex mister Chili Stefano Parisi, davanti a Montecitorio ha approfittato della giornata romana per varcare il cancello di Palazzo Grazioli. Lì, anch’egli, ha ricevuto l’attesa benedizione dal Cav, facendo spuntare un diavolo per capello al coordinatore regionale, il fratello del medico personale del Cav, Paolo Zangrillo che, come racconta lo stesso Giachino, non gli diede ascolto quando lui gli propose di aderire alla prima manifestazione in piazza lo scorso novembre.

Con la lista che punta sulla Tav, quella del Piemonte nel cuore del sovranista Gian Luca Vignale a mordere il polpaccio destro e adesso pure l’Udc che piazza il suo simbolo e i suoi uomini, per gli azzurri la partita si fa sempre più complicata. Un pericolo che nessuno tra loro sottovaluta tenuto conto che dietro lo scudocrociato e uno dei candidati di punta, Paolo Greco Lucchina, si muove da par suo Vito Bonsignore.

Il vecchio ras democristiano di stretta osservanza andreottiana, un vita passata tra i Palazzi della politica e del potere, è figura da suscitare ancora motivata preoccupazione in un partito come Forza Italia, tutt’ora in attesa di vedere ufficialmente confermato (o, chissà, giubilato) il suo candidato presidente in pectore, Alberto Cirio.

Per l’Udc, naturalmente, correrà anche il coordinatore regionale e attuale assessore comunale di Alessandria Giovanni Barosini, ma è a Greco Lucchina nella sua veste di alter ego elettorale di don Vito da Bronte che si guarda da quella che sembra sempre più la Fortezza Bastiani azzurra.

Da lì impossibile non scorgere manovre non meno allarmanti: ad aprire senza alcuna preclusione a più liste, magari compresa anche quella del presidente (che lo stesso Cirio avrebbe lasciato intendere di voler mettere in piedi) è innanzitutto la Lega.

Lo schema tattico di Matteo Salvini appare sempre più chiaro: favorire più formazioni in grado di erodere quei voti a Forza Italia che altrimenti non transiterebbero direttamente sul Carroccio e poi, all’esito delle urne, presentare il conto anche in termini di posti in giunta. Il Capitano è pronto a calare la sua rete. E se per riempirla serve, ben venga anche qualche vecchio squalo della politica, pronto a girare al largo ma facendo sentire la sua presenza.