PALAZZO CIVICO

Appendino, i conti non tornano

Il bilancio appena approvato sta in piedi con lo scotch. Un fallimento il piano di rientro, e il disavanzo strutturale è ancora di 60 milioni. Nelle parole del direttore finanziario Lubbia i timori di una giunta perennemente in rosso

È un bilancio che traballa quello appena approvato dalla giunta Appendino. E per comprendere tutte le difficoltà dell’amministrazione nel tenere in piedi i conti della città basta prendere in mano le conclusioni alla nota integrativa affidate al direttore finanziario Paolo Lubbia, colui che tecnicamente lo ha scritto questo bilancio. Un dettagliato mea culpa in cui vengono riportate, una dopo l’altra, tutte le “evidenti criticità” relative all’applicazione del piano di interventi approvato nell’ottobre del 2017. “L’ente continua a trovarsi in una situazione di squilibrio strutturale” è la ferale premessa, motivata dall’incapacità di ridurre la spesa corrente, in gran parte a causa dell’applicazione del nuovo contratto del personale. Insomma, nonostante continui a ridursi il numero dei dipendenti, il costo complessivo resta pressoché invariato. Ma questo è solo l’inizio: “Gli sforzi di ulteriore riduzione delle spese correnti hanno trovato ostacolo nella volontà dell’amministrazione di non incidere negativamente sull’erogazione dei servizi”, un principio che accomuna, almeno negli intenti, l’agire della sindaca grillina e il suo predecessore, Piero Fassino, il quale ha spesso forzato i vincoli di bilancio, arrivando a uscire dal patto di stabilità, definendolo “stupido”, per salvaguardare i servizi essenziali del Comune.

Anche la cosiddetta salva-Appendino, di cui lo Spiffero aveva dato notizia nei giorni scorsi, non basta a salvaguardare i conti, piuttosto serve a mettere una toppa pure quest’anno. La normativa approvata dall’ultima legge di Bilancio consente, infatti, di utilizzare le entrate straordinarie per il rimborso delle quote capitali dei mutui, aggirando così i rilievi formulati lo scorso anno dalla sezione regionale della Corte dei Conti. Risulta infatti “evidente” prosegue nella sua relazione il direttore finanziario “che l’equilibrio della parte corrente del Bilancio […] viene nuovamente raggiunto grazie alla previsione dell’utilizzo di entrate aventi carattere di straordinarietà”. Cosa vuol dire questo? È un po’ come se in una famiglia si vendesse l’auto per pagare il mutuo di casa: dopo un anno il problema si ripresenterà tale e quale giacché a Palazzo Civico (come nella nostra ipotetica famiglia) le rate del mutuo dureranno ancora un bel po’ di anni. La macchina, però, intanto non c’è più e per muoversi bisognerà viaggiare in autobus, inserendo un nuovo costo nella spesa di tutti i giorni.

Di buono c'è la continua riduzione dell'indebitamento complessivo, il finanziamento in parte corrente della Cultura, il miglioramento della gestione di cassa (che però ha come effetto la sofferenza di tanti fornitori che aspettano le calende greche per essere pagati). Troppo poco.

Secondo Lubbia – sul quale pende un’indagine per falso che condivide assieme ad Appendino, all'assessore Sergio Rolando e all’ex capo di gabinetto Paolo Giordana per l’affaire Ream – lo  squilibrio strutturale vale circa 55-60 milioni. Ogni anno il Comune spende 55-60 milioni in più di quanto potrebbe permettersi. Una situazione negativa ereditata dal passato, come certificato anche dai giudici contabili, ma a cui in questi tre anni l’amministrazione pentastellata non è riuscita a porre rimedio, nonostante l’approvazione di un piano di rientro.

La situazione è drammatica. Lo dimostra anche il modo raffazzonato con cui la delibera è stata approvata domenica sera, nell’ultima riunione di giunta. Un errore marchiano nell’oggetto in cui viene indicato un triennio “2019-2020” corretto poi a penna in “2021”. La dimostrazione di una manovra chiusa in fretta e furia confidando nel successivo assestamento, quando l’assessore Sergio Rolando dovrebbe aver ripreso a pieno regime dopo il malore che l’ha colpito.

Nelle parole di Lubbia traspare il panico di chi ha avuto a che fare coi numeri del Comune. La dismissione dei gioielli di famiglia per chiudere i conti potrebbe portare a “un irreversibile depauperamento patrimoniale dell’Ente”. Gli impegni più dolorosi vengono ancora una volta rimandati ai prossimi anni: una riduzione della spesa di 44 milioni nel 2020 e di ulteriori 17 milioni nel 2021 è quel che auspica il direttore finanziario che parla di “cura dimagrante” dell’ente, di un ripensamento “globale dell’asset organico”, limitando al minimo le assunzioni di nuovo personale.

A rendere ancor più preoccupante la situazione è il fallimento del piano di dismissioni immobiliari su cui si reggono i conti della Città: “a fronte di una previsione di entrate pari a circa 40 milioni si sono realizzate entrate per 20 milioni”.

A ciò si aggiunga una situazione di cassa drammatica come dimostra il costante aumento dei debiti commerciali e con esso i tempi di pagamento dei fornitori. In una norma, passata in sordina, la sindaca ha indebitato l’ente per ulteriori 160 milioni di euro ottenendo le anticipazioni richieste alla Cassa depositi e prestiti a un tasso di interesse vantaggioso dello 0,98 per cento. Di questo passo il dissesto è dietro l’angolo.