VERSO IL VOTO

Bertola (M5s), il terzo (in)comodo

Oscurato dalla competizione tra Chiamparino e Cirio il candidato governatore grillino sembra rassegnato al ruolo di comprimario. La zavorra di Appendino e i contraccolpi romani. Lui, intanto, per garantirsi lo scranno corre pure sul proporzionale

Spiegando l’origine del peraltro non originalissimo slogan adottato per la sua campagna elettorale – #cambiapassoGiorgio Bertola ha confessato che oltre al cambiamento che caratterizza il suo programma da aspirante governatore del Piemonte, ad ispirarlo è stata l’altra sua passione (oltre alla politica): la corsa. Più di una passione, “una filosofia di vita”. La corsa, ovviamente. E qui si giocherebbe facile sul duello verso il fil di lana con un altro che quanto a scarpinare, sia lento col passo da alpino sia svelto in calzoncini e scarpette, non scherza. Ma la distanza tra il pur assai più giovane Bertola e l’allenato settantenne Sergio Chiamparino se resta ancora da verificare sull’asfalto, pare difficilmente colmabile sulla strada verso le elezioni.

Non per nulla, al contrario dei suoi avversari, il candidato presidente dei Cinquestelle si presenta anche nel proporzionale, in lista da consigliere insomma. La si può leggere in tanti modi, dalla scaramanzia al rafforzamento della lista stessa, ma le lenti giuste son quelle che fan vedere ciò che neppure il diretto interessato può nascondere: il piazzamento al terzo posto. E da quel podio non si va direttamente in via Alfieri come succede al secondo, quindi meglio garantirsi anche in altro modo.

Del resto non è il consigliere uscente a farlo per primo: cinque anni fa Davide Bono, suo mentore politico e principale sostenitore, aveva anch’egli doppiato la candidatura. Si piazzò terzo con 481.453 voti pari al 21,45 per cento, quintuplicando il risultato del 2010 quando sempre lui, Bono, arrivò ancora una volta terzo (dopo Roberto Cota e Mercedes Bresso), ma con appena il 4,08 per cento. I 90.086 voti portarono, in quell’anno, per la prima volta i grillini in Consiglio regionale: oltre a Bono, entrò anche Fabrizio Biolè, che oggi ci riprova, ma con la pizzarottiana Italia in Comune.

Per correre, corre Bertola. Però sembra dare l’impressione di stare tra la massima di de Coubertin e il mantra grillino post-regionali, quello che racconta l’impossibilità di vincere correndo da soli laddove non c’è il secondo turno. Quel ballottaggio che portò Chiara Appendino dal 30,9 per cento del primo turno a sconfiggere Piero Fassino due settimane dopo con il 54,5 per cento, come noto, per la Regione non c’è e quindi l’ordine di arrivo per Bertola già lo si potrebbe scrivere. Non i numeri, però. E su quelli che punta il successore, quasi l’erede designato, di Bono. Non solo per portare più consiglieri possibili a Palazzo Lascaris, ma anche per misurare nell’unico voto regionale concomitante con quello europeo un movimento che proprio qui ha il terreno dell’ultima battaglia, quella contro la Tav, ancora rimasta nell’elenco, dopo i dietrofront e i rospi ingoiati su Ilva, Tap e Terzo Valico.

Il Piemonte è, però, anche la regione il cui capoluogo è governato da poco meno di tre anni dalla sindaca pentastellata. E questo non potrà che essere un elemento emergente, nel bene e nel male, dall’analisi del voto torinese. Nella corsa finora senza sprint di Bertola, Appendino sembra poco più di una spettatrice. Facile immaginare che l’atteggiamento della prima cittadina non cambierà di molto anche con l’approssimarsi delle votazioni: probabilmente si limiterà al minimo sindacale. Anche perché il rapporto con Bono – e di conserva con il candidato da lui “investito” del ruolo – non è quel che si dice stretto e intenso. Non è un mistero che Appendino avesse cercato una candidatura diversa, trovandola nell’eurodeputata Tiziana Beghin la quale però poi non si è resa disponibile, riprovando la via per Bruxelles.

Appendino a distanza di sicurezza, dunque. Ma questo non basterà ad evitare di ricondurre il valore del consenso che il M5s otterrà a Torino a un giudizio sugli oltre due anni di governo grillino della città. Impossibile scindere il giudizio su quel che si è fatto o non si è fatto sotto la Mole da quel che i Cinquestelle promettono di fare in tutto il Piemonte. Lì dove non mancano sacche di critica alla linea giudicata troppo morbida del movimento di governo: è il caso dei territori dell’Alessandrino dove il via libera al Terzo Valico è stato subìto dall’ala dura e pura dei grillini come un tradimento meritevole di vendetta nelle urne.

Una corsa con più di un ostacolo, quella del runner Bertola. Al quale, forse non del tutto senza ragione, alcuni addebitano un certo sottotono, anche rispetto alla classica impronta barricadera dei Cinquestelle nelle campagne elettorali. Un prendersela comoda, quella corsa, che tuttavia non dovrebbe stupire oltremodo guardando ai cinque anni da consigliere regionale non certo connotati da coloriture accese, lasciate semmai ad altri compagni di partito. “Nella corsa è importante l’obiettivo e conoscere le proprie potenzialità, per sapere – ha scritto il candidato governatore – quando è il momento giusto di cambiare passo”. Finora se lo ha fatto, accelerando e sgomitando un po’ a destra e a manca, se ne sono accorti in pochi.

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