AR CORE

Toti prepara il dopo Berlusconi, Cirio pensa a "Forza Piemonte"

Mentre si alzano i toni dello scontro a livello nazionale, il governatore studia il modo per dare rappresentanza in chiave regionale all’area moderata. E tenere al riparo la sua giunta dagli scossoni. Ecco chi sono i "totiani" pronti alla scissione

Perché per noi invece c’è qualcosa dentro che non va? Meglio sentirlo cantare da Al Bano in Nostalgia Canaglia a Barolo o dire da Giovanni Toti nel suo discorso per la (ri)costituente al Brancaccio? Dopo l’innalzamento di ieri a livelli di guardia della tensione tra il governatore della Liguria e Silvio Berlusconi, non pare azzardato prevedere che Alberto Cirio scioglierà il dilemma su che fare il 6 luglio optando per il suo cantante preferito, senza per questo non vedere nel progetto del suo collega e carissimo amico la possibile risposta a un problema che esiste e cresce giorno dopo giorno in Forza Italia. E di cui è ben conscio il neogovernatore del Piemonte. Cirio per ora pare tenere una posizione di low profile pur essendo uno degli azzurri più legati a Toti anche in virtù di quella sintonia nata quando entrambi erano in parlamento europeo e accresciuta dopo l’elezione dell’ex consigliere politico del Cav alla presidenza della Liguria. Eppure non è improbabile che possa provare a interpretare proprio in Piemonte quella domanda di risveglio che arriva da quadri così come da elettori di un partito vittima e artefice di una catalessi ancora senza rimedio.

Sarebbe questa la grande scommessa, spiccatamente politica, giocata nel ruolo di king maker attribuito all’amico di Toti dalla decisione di Berlusconi e del suo cerchio magico con l’investitura a candidato presidente, quando la Lega mostrava neppur troppo nascoste intenzioni di accaparrarsi anche la guida del Piemonte. Evitare l’immagine di un partito azzurro che continua a subire una sudditanza – e non si tratta solo di quella numerica uscita dalle elezioni – nei confronti del Carroccio salviniano e restituire quella dignità politica, fatta anche di scelte autonome pur nel rispetto dell’alleanza, a una parte dell’elettorato che da tempo non la scorge più e che la potrebbe ritrovare proprio nell’azione di governo regionale.

Rispondere a quella domanda diffusa di rinnovamento e cambio di passo, che Toti interpreta con toni e azioni non gradite a Berlusconi, ma che esiste e potrebbe avere risposte anche meno potenzialmente traumatiche. È un’opportunità per Cirio, politico navigato e attento, talvolta fin troppo, a non andare mai sopra le righe. Se la coglierà e la sfrutterà lo si potrà vedere solo quando, passato il clima post-elettorale e avviata la giunta, il governo regionale entrerà nel pieno della sua azione. Molto dipenderà anche quel che accadrà dopo il 6 luglio. Prima sta succedendo già di tutto, in Forza Italia.

Ieri al governatore della Liguria che è tornato a chiedere le primarie con la clausola di tenere al di fuori di esse Berlusconi, quest’ultimo ha risposto con un colpo inatteso quanto durissimo: “'Toti? L'ho nominato io e ora chiede la democrazia. Lui sì che è un nominatissimo”. Concetto difficilmente smentibile, che però fa dire che se non è rottura, ci si è vicini. Il Cav e il suo ex consigliere politico sono ormai ai ferri corti. Berlusconi non ha certo apprezzato quelle parole di Toti: ''Il rapporto umano resta un rapporto profondo,  oggi però deve rendersi conto – ha detto riferito al leader di Forza Italia – che un'epoca è finita. Credo che dopo tutto quello che ha fatto nella vita, deve cominciare a pensare a come lascerà il suo partito a questo paese, come fanno tutti i grandi statisti''. Atto di accusa, avviso di pensionamento, tensione alle stelle.

Forse troppo alta per chi “pensa che Toti dica cose che hanno un fondamento, ma sta schisu”, come spiega un parlamentare tradendo con quella traduzione dialettale di acquattato la sua provenienza piemontese. E quelli che “aspettano di vedere cosa succede, magari poi per salire sul carro” non sarebbero pochi. Lo sono, invece, quelli tra gli eletti in Piemonte al Parlamento che semplificando potrebbero esser detti totiani: il senatore alessandrino Massimo Berutti e la coppia di Giaveno a Montecitorio, ovvero Osvaldo Napoli e Daniela Ruffino.

Nessun attacco diretto al Cav, ma un posizionamento che fa rima con cambiamento. Il resto è la maggioranza silenziosa, al massimo bisbigliante, ancora più cauta dopo che il Cav durante l’ufficio di presidenza ha spiegato che è possibile dare vita a una grande federazione del centrodestra, progetto al quale – a detta di Berlusconi – Matteo Salvini non sarebbe ostile: una aggregazione che vedrebbe Forza Italia, Lega e Fdi insieme in un partito unico per cui Berlusconi ha già in mente un nome: Centrodestra unito oppure Centrodestra italiano.

Ma è sulla reale intenzione di Toti che se da un lato tra i parlamentari, eccetto quelli citati prima, si aspetta di capire se sarà scalata scissione (in questo caso aleggiano gli spettri di Gianfranco Fini e ancor più di Angelino Alfano), nelle seconde e terze file azzurre, così come tra gli amministratori locali si cerca di capire di più.

Ieri il governatore ligure era a Roma e ha incontrato alcuni amministratori locali, pare non ce ne fosse neppure uno del Piemonte, ma questo dice poco: da Novara, per esempio, arrivano segnali di frenetiche attese di una partenza decisa di Toti per salire sul carro. E pronti a farlo sarebbero, oltre che azzurri in fermento e tormento (anche dopo la vicenda giudiziaria del senatore Diego Sozzani), ma anche ex forzisti migrati in occasione di precedenti elezioni in formazioni civiche.

Secondo le previsioni dei supporter del presidente della Liguria, dei milletrecento posti del teatro Brancaccio, tre o quattrocento saranno occupati da amministratori locali della Lombardia. Un dato che, fatte le debite proporzioni, non può che far immaginare a qualche centinaio o almeno uno dal Piemonte. Ma più che i numeri, che pure contano, sarà la presenza di alcuni sindaci o assessori di città medio grandi a indicare con chiarezza quella domanda di cambiamento, quella richiesta di un risveglio da un ormai troppo lungo sonno di Forza Italia anche in Piemonte.

Se la risposta di Toti, il 6 di luglio o anche prima (vista la tensione crescente), fosse troppo vicina a una scissione lacerante, il suo amico e da poco collega potrebbe provare a interpretare in maniera più soft, ma non meno efficace, quelle richieste di cambio di passo e non solo di quello. E provare anche a rispondere, in Piemonte, a quella domanda su cosa non vada. Sia che la canti Al Bano, sia che la metta sul tavolo Toti.

print_icon