INTERVISTA

"Se non si cambia si muore"

Valle striglia il Pd e punta il dito contro il segretario piemontese Furia. "Snobba Torino e sceglie compromessi al ribasso". Poi apre il fronte con Cirio: "Su Olimpiadi e autonomia la campagna elettorale è finita. Basta chiacchiere servono fatti"

“Continuiamo a essere vittime delle nostre debolezze anziché cavalcare i punti di forza”. È Daniele Valle il primo a dar fuoco alle polveri in un Pd che in Piemonte rischia di esplodere in una faida mai sopita tra ala sinistra e renziani, mentre le carte si mescolano e la politica lascia spazio ad asti personali e vendette servite a freddo. L’epilogo delle trattative per il capogruppo a Palazzo Lascaris è l’ennesimo compromesso: a guidare la formazione dem ci sarà l’alessandrino Domenico Ravetti, espressione di una provincia in cui il centrosinistra è stato doppiato dal centrodestra, con il Pd sotto il 20 per cento e Lega al 42.

Valle, non è un mistero, era in corsa per quel posto…   
“Il tema non è sui nomi, ma di strategia politica. Abbiamo di fronte una giunta in cui il Piemonte 2 è sovra-rappresentato e il capoluogo ai margini; Alberto Cirio apre il fronte con Chiara Appendino su una serie di temi sensibili, dalla Ztl al Pride, c’è un dibattito in cui il Pd dovrebbe essere centrale visto che a Torino siamo prima forza e che fra due anni ci saranno le amministrative, ma il partito snobba i suoi eletti torinesi”.

Il chirurgo Mauro Salizzoni sarà il candidato del centrosinistra per la vicepresidenza del Consiglio. Lui è di Torino ed è stato anche il più votato con quasi 19mila preferenze.
“Furia ha usato l’ambizione di Salizzoni per evitare di assumersi la responsabilità di una scelta coraggiosa, che guardasse al futuro”.

Si riferisce ai 71 anni del mago dei trapianti?
“Provo a sintetizzare il mio pensiero con una immagine: cinque anni fa, all’insediamento del Consiglio, il Pd aveva il consigliere anziano, Giovanni Corgnati, e il più giovane che ero io. Oggi il Pd ha i due consiglieri più vecchi, Salizzoni e Chiamparino, mentre i più giovani sono nel Movimento 5 stelle e nella Lega. E i vertici continuano a soffocare un ricambio generazionale che ormai è improrogabile”.

È per questo che avete perso le elezioni?
“Ormai negli ultimi anni vince chi riesce a incarnare innovazione politica e rinnovamento. Lo ha fatto prima Renzi, poi la Lega di Salvini, mentre noi in Piemonte ci siamo affidati a ciò che di più lontano ci fosse da quelle istanze”.

Basta questo per spiegare i quindici punti di distanza tra Cirio e Chiamparino?
“Di errori ne sono stati commessi non pochi. Per esempio abbiamo parlato tanto di alcune grandi opere infrastrutturali – Parco della Salute e Tav su tutti – ma se contestualmente non sappiamo dare risposte ai problemi quotidiani che riguardano quegli stessi temi, come le liste d’attesa o il trasporto locale, non riannodiamo i fili con i cittadini e perdiamo di credibilità nel proporre grandi progetti. E poi limitarsi a rivendicare il lavoro svolto senza un adeguato sforzo di comunicazione rende vano ogni sforzo”.

In parte sono gli stessi errori contestati tre anni orsono a Piero Fassino. Quando si dice che perseverare è diabolico.
“Appunto e anche in quell'occasione ci fu chi provò a sollevare la questione con l'esperienza di Accorciamo le distanze, ma venne bollato come sabotatore. Ora però non è più il tempo di guardarsi indietro. C’è da incalzare Cirio e le sue posizioni strumentali su tanti argomenti”.

Per esempio?
“Dovremmo iniziare col dire che la polemica sulle Olimpiadi è puerile giacché è stata la Lega, forza centrale della coalizione che sostiene Cirio, ad affossare Torino. E poi io aspetto al varco sull’autonomia perché come sta emergendo chiaramente il problema non è mai stata la lentezza della nostra giunta, ma piuttosto una faglia nell’esecutivo nazionale a bloccare un processo intrapreso anche da Lombardia, Veneto ed Emilia. Vada a chiedere a quei governatori a che punto siamo”.

Quelle del neo governatore sono solo posizioni strumentali?
“Dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita e adesso è ora di governare. Le chiacchiere stanno a zero, servono fatti. E ritirare il ricorso in Cassazione sul Decreto Sicurezza non è un buon inizio e anzi mostra quanto sia sotto scacco della Lega”.

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