POLVERE DI (5) STELLE

M5s, uno scorato no alla Tav

Due ore di assemblea si chiudono con un documento debole in cui attivisti ed eletti di Torino si limitano a riaffermare la contrarietà all'opera, facendo appello a Conte. Assenti tutti i big piemontesi. Umore pessimo. Redde rationem tra una settimana con Di Maio

Tanto rumore per nulla. La sintesi più efficace di un’assemblea sostanzialmente inutile la dà, appena uscita dal Teatro Alfa, Daniela Albano: “Due ore perse” scrive in un post su facebook la consigliera di Torino, delusa evidentemente per un epilogo in cui, di fatto, sulla Tav ci si rimette alla clemenza del Governo. Un’analisi, per quanto laconica, condivisa da buona parte degli oltre cento attivisti ed eletti del Movimento 5 stelle subalpino. È amareggiato chi si aspettava, al termine dell’incontro, un aut aut secco all’esecutivo, una minaccia forte: nelle poche righe aggiunte a mano al punto tre di un documento già in gran parte redatto da settimane, i presenti si sono limitati a ribadire che l’opera è “inutile” sia per le ricadute nazionali sia locali, un richiamo all’analisi costi-benefici e al suo esito e la bocciatura senza appello di ogni compromesso che si chiami mini-tav o Nilo-Tav (quest’ultima dal nome di Nilo Durbiano, l’ex sindaco di Venaus estensore della proposta, poi fatta propria da Laura Castelli). Insomma, nulla di nuovo.

L’assemblea è partecipata ma fuori dal piccolo teatro di via Casalborgone l’atmosfera è di rassegnazione. Sono passate le 21 quando partono i primi interventi: la temperatura sale subito ma più per l’assenza di aria condizionata che a causa di un dibattito effervescente. Il viavai è costante, una sigaretta tira l’altra, mentre gli ultimi ritardatari si affrettano: sui pedali, al termine della salita che porta al teatro, arriva Viviana Ferrero, vicepresidente della Sala Rossa; prima di lei era scesa da una Bmw bianca la collega Marina Pollicino. A scaldare la platea è, al solito il senatore Alberto Airola, che prospetta la caduta del governo sulla Tav: lui e altri tre o quattro senatori potrebbero già essere pronti a sfilarsi qualora Giuseppe Conte dovesse assicurare il via libera alla Torino-Lione. Gli attivisti applaudono, mentre fuori con Damiano Carretto si discute di volley: “Facevo lo schiacciatore ma ho chiuso la carriera come libero” racconta descrivendo, con una metafora, la sua parabola politica, da incendiario a pompiere.

Quando i cronisti provano a intrufolarsi c’è uno zelante staff pronto a bloccarli, “giornalisti fuori” sentenzia Pasquale Frisina, autorevole esponente del partito dello streaming. Lo sfogo, dentro, prosegue in una sala che ben presto si trasforma in una seduta di autoanalisi. I big hanno snobbato tutti l’appuntamento: non c’è Chiara Appendino, non c’è il coordinatore piemontese (di fatto) Davide Bono e neppure il candidato alla presidenza della Regione Giorgio Bertola. Assente anche il viceministro del Mef Laura Castelli e pure la capogruppo a Palazzo Civico Valentina Sganga, rimasta a casa così come l’ex presidente del Consiglio Fabio Versaci. A metterci la faccia c’è Luca Carabetta, deputato tra i più filogovernativi che prova a rassicurare i presenti raccontando di un lavoro alacre nei ministeri, con i tecnici, per trovare una soluzione. Di dimissioni dal Movimento 5 stelle non parla più nessuno e neanche della costituzione di un gruppo No Tav in Sala Rossa: Appendino ne uscirebbe indebolita e questo è il momento di rimanere uniti. Sono pochissimi i sostenitori della linea dura. Ci si limita a tenere la posizione: “Questa sera è avvenuto un grande evento – si legge nel comunicato post-assemblea –. Eletti e attivisti di Torino e provincia si sono ritrovati uniti con lo stesso intento, riaffermare la contrarietà alle grandi opere inutili di cui il Tav è l’emblema principe”. Parole roboanti per dire quel che già si sapeva.

“Con questa assemblea stiamo chiedendo a tutti i rappresentanti eletti nelle istituzioni e nel governo di mantenere salda la posizione e di non cedere a più facili compromessi, soluzioni di ripiego o alternative non giustificabili. Siamo sicuri che il presidente Conte saprà tenere nella giusta considerazione la posizione del Movimento 5 stelle nelle sue interlocuzioni con le controparti francese ed europea. E di certo non consentirà che Telt prosegua su una strada contrassegnata da sprechi”. E se tutto ciò non avvenisse? Quali le conseguenze? Cosa succederà a Torino quando il premier del Movimento 5 stelle dirà il suo sì definitivo? Domande a cui nessuno, per ora, sa rispondere. Il redde rationem è rinviato al 12 luglio quando a Torino arriva Luigi Di Maio.

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