POLITICA & SANITA'

La Sanità va alla Granda

Non solo il nuovo inquilino di corso Regina Icardi, pure il suo principale collaboratore arriva da Cuneo. Nel solco di una lunga tradizione Aimar punta a occupare un posto di vertice nell'organizzazione regionale. Per ora fa l'assessore ombra

Chi ci si siede poggia il didietro sul potere, tanto. Ma, come non pochi precedenti attestano, quella poltrona in corso Regina da cui si dirige, orienta, modifica la sanità del Piemonte, può diventare all’improvviso scomoda e instabile, o al contrario ottimo trampolino di lancio per posti ancor più ambìti. Accadde con Paolo Monferino, chiamato dall’allora governatore Roberto Cota, per affiancare e marcare stretto l’assessore Caterina Ferrero della quale il manager Iveco avrebbe preso il posto, salvo poi lasciarlo sbattendo la porta. Sarebbe successo con il più potente dei potenti direttori, Fulvio Moirano, che mollò con tre anni di anticipo la postazione per sbarcare in Sardegna. E poi, ancora, il trampolino avrebbe lanciato verso la Regione Lazio Renato Botti, arrivato a Torino dal ministero dove con Beatrice Lorenzin l’aria per lui era diventata pesante, mentre Sergio Chiamparino e Antonio Saitta per averlo gli aumentarono pure lo stipendio.

"Vorrei uno di mia fiducia, uno che conosco”. Legittimi e difficilmente contestabili, ma non si sa quanto esaudibili, i desiderata di cui Luigi Icardi non fa mistero parlando con i suoi: s’è visto cos’è capitato quando tra l’assessore e il suo braccio operativo non c’è stato feeling, o c’è stato di peggio. Però, s’è visto anche cosa può capitare quando quella poltrona incarna, nei fatti, più potere di quella di chi la politica sanitaria deve tracciarla, deciderla e non subirla.

“Non lo conosco”, ha risposto Icardi a chi in questi giorni, mentre i piani alti dell’assessorato fanno da cassa di risonanza per i rumors sul successore di Danilo Bono quando lui lascerà l’incarico per raggiunti limiti di età o magari prima per uno spoils system concordato, gli ha chiesto di Marco Bosio. Quello dell’attuale direttore generale del Niguarda, uomo molto vicino all’assessore che governa la sanità lombarda, il forzista Giulio Gallera, è il nome che ha preso a circolare da subito e non senza ragione: da Forza Italia, attraverso Alberto Zangrillo, medico personale di Silvio Berlusconi e fratello di Paolo, il coordinatore del partito piemontese, erano stati avviati contatti il cui esito resta ignoto.

C’è, tuttavia, chi negli ambienti dove si ha una visione piuttosto chiara di quel che succede e di quel che si muove nei posti che contano della sanità, fa scendere il borsino di Bosio. A far propendere per una sua permanenza in Lombardia, magari con ulteriori promozioni, ci sarebbe la difficoltà per il Piemonte di conservare quel ruolo di coordinamento della sanità nell’ambito della Conferenza delle Regioni rivestito fino alle elezioni da Saitta. Lo aveva conquistato Moirano, forte dei suoi trascorsi all’Agenas e radicati rapporti con l’alta burocrazia ministeriale. Adesso lo vuole il Veneto e Luca Zaia non è disposto a mollare l’osso. E la Lega difficilmente mollerà la presa su una poltrona come quella che a breve dovrà trovare un nuovo titolareì. Soprattutto dopo che l’ipotesi di un ticket (direttore in quota Forza Italia e assessore del Carroccio) sembra scricchiolare anche per via di quelle dicerie – propalate da alcuni esponenti del partito di Salvini – che descrivono Icardi molto vicino, sin troppo al governatore Alberto Cirio.

L’arrivo dell’ex sindaco di Santo Stefano Belbo e funzionario amministrativo dell’Asl Cuneo2 in corso Regina ha portato allo stesso indirizzo un dirigente dell’altra azienda sanitaria della provincia, la Cuneo1, la cui presenza in assessorato non è passata inosservata e – come fanno notare occhi avvezzi a quelle stanze – non poteva essere altrimenti. Fabio Aimar, quarantadue anni, laurea in Economia Commercio 110 lode e menzione, docente a contratto all’Università Orientale, dirige la struttura complessa Bilancio e Contabilità dell’Asl cuneese. È definito vicinissimo alla Lega e non da ora. Icardi lo ha voluto con lui. E adesso c’è già chi, vedendolo muoversi tra gli uffici ai piani alti, lo descrive come l’assessore ombra.

Quel valido supporto, forte di un curriculum di tutto rispetto e riconosciute capacità, potrebbe trasformarsi nel braccio destro da far poggiare sulla poltrona da direttore? L’ipotesi appare oggettivamente azzardata, non foss’altro che per quella comune provenienza territoriale: assessore e direttore cuneesi, in una Regione presieduta da un cuneese che dalla sua provincia ha già attinto non poco per la squadra? “Certo non possiamo avere un direttore che dopo un anno va in pensione – è il ragionamento di Icardi di fronte alla soglia dei 65 anni al compimento dei quali chi sta in quel ruolo deve lasciarlo –. Io preferirei uno di quaranta o cinquant’anni”. E quello dell’età è un problema che emerge per il centrodestra tornato al governo della Regione dopo il quinquennio chiampariniano durante il quale molte figure di spicco e papabili per la direzione regionale sono finite sotto la mannaia della legge Madia.

L’ex direttore generale delle Molinette, il novarese e leghista di lunga militanza Emilio Iodice ha compiuto 68 anni, l’attuale direttore regionale dell’Agricoltura già assessore alla Sanità nella giunta di Enzo Ghigo e direttore di Asl Valter Galante è del ’53, uno che su quella poltrona c’è stato dopo Monferino per poi lasciarla prima ancora che Chiamparino designasse il successo è Sergio Morgagni, 63 anni. Ne ha 62 Nicola Giorgione, attuale direttore sanitario al San Giovanni Bosco, già al vertice dell’Azienda ospedaliera di Alessandria e amico di famiglia del segretario regionale della Lega Riccardo Molinari. “Un direttore c’è e abbiamo un po’ di tempo per far tutte le valutazioni che il caso richiede”. L’assessore ostenta una certa tranquillità e non mostra fretta. Questo non significa che riempire la casella più importante della burocrazia sanitaria piemontese non resti uno dei passaggi più importanti e, probabilmente, non facili per l’amministrazione di centrodestra.

Guardare alla Granda forse sarà pure osare troppo, anche se il Cuneese ha una solida tradizione nella dirigenza in questo settore: dallo stesso Moirano, passando per l’ex parlamentare di Scelta Civica a lungo direttore di Asl Giovanni Monchiero, per non dire di Amos, la società creata a Cuneo proprio da Moirano e che negli anni ha assunto sempre più peso nella fornitura di servizi e di personale anche medico alle aziende sanitarie che ne sono socie. Nei mesi scorsi era stata avanzata la proposta di ingresso all’Asl di Alessandria, poi non se ne è fatto nulla. Ma, intanto, Amos (partecipata per 2,44%  da Aso Alessandrina, 34,93% Aso di Cuneo, 33,40% all’Asl Cn1, il 4,18% all’Asl Cn2 e il 25,05% all’Asl Asti) fattura oltre 40 miliardi di euro e ha fornito il personale per la centrale del numero unico di emergenza di Saluzzo.

La società di servizi, il cui direttore, Livio Tranchida, un bocconiano che viene accreditato di ottimi rapporti con il Carroccio lombardo, è un’altra delle cartine di tornasole per cercare di comprendere come si muoverà la Lega e, non di meno, il suo assessore nel risiko delle poltrone che contano nella sanità. Incominciando da quella più importante, in quel palazzo dove tanti direttori sono passati negli ultimi anni, ma uno soltanto ha portato lì non pochi dei sui fedelissimi e altri ne ha reclutati sul campo. Sono ancora al loro posto tutti o quasi, per non dire ai vertici delle aziende. C’è chi quella poltrona l’ha usata per esercitare il potere, chi come trampolino lasciandola anzitempo e chi per entrambe le cose. Forse, anche per questo l'assessore mette sul tavolo quel requisito solo apparentemente scontato: "Vorrei uno di mia fiducia".

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