FINANZA & POTERI

Cose turche in Unicredit

Tre nodi piuttosto spinosi sul tavolo di Mustier: l'uscita dall'istituto di Ankara, la cessione di 1,75 miliardi di crediti deteriorati e la nomina del nuovo presidente dopo la morte di Saccomanni. Per ora la Borsa premia la buona volontà. Attesa per il piano industriale

In casa Unicredit, dopo l’estate, l’ad Jean Pierre Mustier e il suo staff lavoreranno per mettere a punto gli ultimi dettagli del nuovo piano industriale del gruppo, che sarà presentato il 3 dicembre a Londra (o, in caso di hard Brexit, a Milano). Sono diversi i nodi che il banchiere francese e il suo team dovranno affrontare, compresi quelli del proseguimento della pulizia di bilancio e della situazione in Turchia. Nella settimana di contrattazioni appena conclusa, il titolo ha riguadagnato quota 10 euro, grazie a un rialzo del 4,3%, dovuto da un lato a un parziale rasserenamento della situazione politica in Italia, con la discesa dello spread, e dall’altro proprio alle indiscrezioni sul Paese mediorientale, dove il gruppo di piazza Gae Aulenti è presente con Yapi. Che la situazione in Turchia non sia delle più rosee è risaputo da tempo, ma la partecipazione di Unicredit in Yapi è bloccata in una joint venture con la famiglia Koc, assieme a cui detiene l’82% dell’istituto. Nel secondo trimestre UniCredit ha registrato un’esposizione infragruppo sulla Turchia di 1,8 miliardi di euro di capitale nonché 22,5 miliardi di euro di attività ponderate per il rischio (Risk-Weighted Assets), con un rapporto CET1 implicito dell’8%.

Le speculazioni, giudicate credibili sui mercati, indicano la volontà della banca italiana di uscire da questa jv in modo da poter valorizzare la propria quota del 41%; già nel giorno dei risultati semestrali il gruppo aveva annunciato la cessione di 200 milioni di dollari di titoli AT1 emessi dalla controllata, in linea con le indicazioni fornite a maggio che prevedono una “evoluzione della struttura del gruppo aumentando le potenzialità e la flessibilità e, in particolare, ottimizzando il costo della raccolta sotto diversi potenziali scenari macroeconomici”.

Sempre nei prossimi mesi Unicredit dovrebbe chiudere anche la cessione di 1,75 miliardi di crediti deteriorati fra inadempienze probabili (utp) e sofferenze. “Stimiamo che la vendita del pacchetto di Utp dal valore nominale vicino a 1 miliardo di euro ridurrebbe il ratio Npe lordo (percentuale dei crediti deteriorati sull’ammontare dei crediti lordi totali, ndr) di 0,2 punti base al 6,8% dal 7% riportato ad agosto 2019”, hanno sottolineato nei giorni scorsi gli analisti di Mediobanca Securities.

Terzo nodo sul tavolo, dopo la prematura scomparsa di Fabrizio Saccomanni, che era presidente dell’istituto, sarà quella di un riassetto della governance: se per ora il ruolo sarà ricoperto dal vicario Cesare Bisoni, le indiscrezioni delle scorse settimane hanno indicato come papabili per il ruolo l’attuale presidente di Cdp, Massimo Tononi, il banchiere di Jp Morgan Vittorio Grilli mentre a Mustier piacerebbe il nome di Alberto Cribiore di Citigroup.

print_icon