COELUM STELLATUM

M5s, turatevi il naso e votate Sì

In Piemonte ampio fronte a favore del governo col Pd. A Torino gruppo compatto al fianco di Appendino. Tra i big il massimo del dissenso è l'astensione, come la capogruppo in Regione Frediani. Gli appelli della "ministeriale" Castelli e del pirotecnico Airola

Senza defezioni o quasi. Sono schierati sul fronte del Sì gli eletti pentastellati piemontesi, chiamati come tutti gli iscritti alla piattaforma Rousseau del Movimento 5 stelle ad approvare o bocciare la nascita di un esecutivo con il Pd. Dopo l’adesione entusiastica di Chiara Appendino al BisConte, tutto il gruppo consiliare di Torino è orientato ad esprimere un voto favorevole, seppur con qualche distinguo e mugugno. Nessun ripensamento, neanche dopo aver appreso che, per dirla con la sindaca, “la questione Tav è chiusa” e mai è entrata nelle trattative tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti. Sotto il supertreno doveva finirci tutta l’amministrazione grillina, tra minacce di dimissioni, scissioni annunciate e continui ultimatum rivolti alla prima cittadina. Alla fine l’unica ad abbandonare la nave è stata Marina Pollicino che ha fatto male i conti e da apripista di una secessione si è ritrovata sola soletta fuori dal gruppo. Il sole agostano ha sciolto il gelo tra Appendino e l'ala più dura della sua maggioranza, contribuendo a placare un po' le tensioni e rasserenare anche gli animi più inquieti: tra i consiglieri solo Andrea Russi, presidente della Commissione Commercio, ha annunciato che si asterrà. Potrebbe seguirlo Daniela Albano che da tempo ormai non vota più su Rousseau. Gli altri, invece, dovrebbero essere tutti per il via libera, considerando il Pd il male minore rispetto alla Lega fellona.

Tutto deciso? Non proprio. La votazione potrebbe non essere così scontata, almeno nelle modalità secondo cui finora si è espressa la vox populi grillina (filtrata dalla piattaforma casaleggese). A partire da come è stato formulato il quesito, deciso dal capo politico: apparentemente neutro ma assai più esplicito di quello che venne proposto nel maggio 2018, quando in occasione dell’alleanza con la Lega agli iscritti fu domandato: «Approvi il contratto del governo del cambiamento?». Il 94 per cento dei votanti scelse il Sì. Questa volta la domanda, cui dovranno rispondere domani dalle 9 alle 18, è tranchant: «Sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?». In questo caso il nuovo esecutivo non è accompagnato da alcuna definizione che possa connotarne il tratto positivo (né “di svolta”, né “di novità”) e, come se non bastasse, in un primo momento il “No” veniva proposto prima del “Sì” (poi c’è stata l’inversione). Indizi che portano a riflettere sulle reali intenzioni dell’asse Di Maio-Casaleggio di far decollare un’intesa sulla quale sembrano voler giocare con doppiezza fino alla fine, a differenza di Beppe Grillo, che invece è intervenuto più volte per benedirla. Lo stesso Di Maio oggi ribadisce: “Voglio dare un governo al Paese, ma non a tutti i costi”. Che sia tattica o no i dubbi sull'epilogo di queste estenuanti trattative resta.

Intanto, vuoi per convinzione, vuoi per spirito di sopravvivenza anche i parlamentari sono in larga parte favorevoli a quella che considerano una polizza per la loro permanenza nei palazzi. Per il fumantino Alberto Airola, il voto di domani “significa andare avanti, scrivere il futuro, approvare leggi di cui il Paese ha bisogno, non abbandonare tutti i progetti che abbiamo in cantiere: aumento degli stipendi, taglio delle tasse sul lavoro, taglio dei parlamentari, nuove politiche ambientali. E tanto altro”. Insomma, un’adesione al nuovo corso, mentre lo spettro delle elezioni anticipate ha agitato per tutta l’estate i sonni di tanti che di tornare a casa proprio non volevano saperne. “Scegliere di andare a votare oggi vuol dire andare incontro a una manovra lacrime e sangue - prosegue Airola -. Significa assecondare i deliri di onnipotenza di Salvini che, da una spiaggia, ad agosto, tra un cocktail e l’altro, ha deciso di fermare l’azione del governo dopo un anno”. Meglio turarsi il naso e proseguire col Pd.

Rompe il silenzio pure Laura Castelli, viceministro all'Economia per mancanza di prove, che punta alla riconferma se non addirittura a una promozione da titolare. Da provetta cerchiobottista la deputata di Collegno questolodicelei dopo aver a lungo tergiversato, combattuta tra stare zitta per evitare di compromettersi o rompere il ghiaccio e pronunciare il suo endorsement, alla fine ha deciso di esprimere il proprio voto sui social: «Da anni il MoVimento 5 Stelle si è intrufolato nelle istituzioni per cambiarle. Con la guida di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, prima, e di Luigi Di Maio, poi. Siamo arrivati al Governo per portare avanti i temi di sempre, senza svenderli mai. Temi che rappresentano la nostra identità, l'identità di persone normali a cui sta a cuore il futuro di questo Paese. Siamo sempre stati post ideologici, perché riteniamo che servano semplicemente soluzioni. E noi a queste soluzioni dedichiamo ogni attimo». Questa la premessa rifacendosi alle sacre fonti battesimali, per poi passare alle blandizie: «Per questo non c’è un voto giusto o un voto sbagliato. Non abbiate paura del vostro voto – scrive facendo il verso a Giggino suo –. Personalmente credo che i temi per cui gli italiani hanno votato, a maggioranza, il Movimento 5 Stelle vadano portati avanti. E se è vero che dopo aver completato metà del programma con una forza politica, ora se ne manifesta un’altra con la quale si può realizzare la restante parte del programma, mi dico “Perché no?”. Siamo stati votati per fare le cose, per cambiare questo Paese. Una manovra equa, che riduca la pressione fiscale, si concentri sulle famiglie e crei lavoro nei settori in espansione. Una politica industriale in pieno stile “Green New Deal” con investimenti volti alla riconversione e alla sostenibilità. Una riprogrammazione dei sussidi ambientali dannosi costruita con le aziende e le parti sociali. L’autonomia e la riforma degli enti locali per dare maggiori servizi ai cittadini senza spaccare l'Italia. Ci siamo dati poche regole, ma chiare, che partono dall’avere cittadini onesti nelle Istituzioni. Se partiamo da qui possiamo andare avanti per realizzare ciò che a questo Paese serve. È lo stesso ragionamento che abbiamo fatto dopo il 4 marzo 2018. Buon voto a tutti!».È un silenzio assenso quello del viceministro al Mef Laura Castelli, anche se per il ruolo di pontiere fin qui svolto e per le ambizioni ministeriali il suo voto favorevole pare piuttosto scontato.

Tra coloro che si asterranno dal voto c’è la valsusina Francesca Frediani, capogruppo in Regione Piemonte, No Tav convinta, da mesi con le valigie in mano dopo il via libera di Conte alla Torino-Lione. “Ritengo che la decisione di ascoltare la base a questo punto sia tardiva. La partecipazione che vorrei (e avrei voluto) veder realizzata nel M5S è ben altra cosa. Per questo, domani non parteciperò alla votazione su Rousseau”. I suoi compagni di banco, invece, dovrebbero esprimersi tutti per il Sì. 

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