COELUM STELLATUM

Cencelli e territorio, lo schema M5s

Coniugare la rappresentanza delle province del Piemonte con le appartenenze alle varie anime del movimento. Il metodo seguito dai Cinquestelle nella distribuzione dei posti di governo. E che è stato incapace di applicare il Pd

Roba da far impallidire Massimiliano Cencelli. O forse, inorgoglire l’anziano ex funzionario della Dc grazie al cui manuale si risolse il problema della spartizione dei posti di governo tra le fameliche correnti della Balena bianca e che, intervistato pochi giorni fa, si era detto certo lo avrebbero usato anche i Cinquestelle. Aveva ragione. E se c’è un posto dove dal marasma che ha segnato e ritardato la scelta di sottosegretari e ministri grillini è uscita la pressoché perfetta quadratura del cerchio tra rappresentanza delle varie anime interne al movimento questo è certamente il Piemonte.

Dietro le quattro poltrone gialle che hanno illividito un Pd costretto dalla sua dirigenza nazionale e locale a dover ingoiare il rospo di un solo posto di sottogoverno – quello di sottosegretario alla Giustizia per Andrea Giorgis – non c’è soltanto un numero inaspettato, in assoluto e nel peso, con ben due ministri e un viceministro, oltre a un sottosegretario. C’è la cencelliana suddivisione di quegli incarichi adeguata alla geografia interna, ma ormai sempre più chiara, del movimento. Se, anziché fermarsi all’oggettivamente indigeribile risultato numerico nel confronto con l’alleato di Governo, nel Pd si guardasse anche oltre le quattro posizioni coperte da altrettante esponenti grilline piemontesi si troverebbe un’ulteriore ragione da unire a quelle che già abbondano per farsi e fare ai vertici domande scomode, ma necessarie sulla gestione di questa partita.

Sta in quel metodo usato dai Cinquestelle e non usato o applicato assai male (almeno per quanto riguarda il Piemonte) dal Pd, per  l’attribuzione dei posti. Vero, quella di Laura Castelli a viceministro dell’Economia è una riconferma per molti versi annunciata e forse in qualche modo dovuta alla parlamentare torinese che più ha percorso la strada di avvicinamento reciproco con il Pd anche su temi scivolosi e impervi come quello della Tav. Ma, non meno di tutto questo, Castelli è una pretoriana di Luigi Di Maio, capo politico ridimensionato dalla metamorfosi di Giuseppe Conte e dallo spostamento del baricentro deciso da Beppe Grillo, ma ancora il capo politico. E come tale in grado e nell’obbligo di tenere posizioni in un esecutivo dove lui ha perso quella di vicepremier.

E mentre nel partito di Nicola Zingaretti alle rassicurazioni date dal suo vice Andrea Orlando proprio a Torino circa la tenuta in considerazione dei territori ha fatto seguito l’assoluto deserto nel cosiddetto Piemonte 2, quello delle province, nella ripartizione dei posti i grillini hanno messo al ministero della Pubblica Amministrazione la cuneese Fabiana Dadone, considerata molto vicina al presidente della Camera Roberto Fico.

Geografia territoriale e politica anche per l’altra titolare di un dicastero: l’assessora di Chiara Appendino andata all’Innovazione, Paola Pisano, la digiwoman 2018 titolo conquistato superando pure Samantha Cristoforetti e Milena Gabanelli nella classifica delle donne più influenti nel digitale, si schermisce quando le dicono che sarà il braccio della Casaleggio per esportare la piattaforma Rousseau , “Mamma mia, io così potente…”.

E, ancora una volta, mentre i dem si lambiccavano sui territori con l’oggettiva, ma non insuperabile, difficoltà di coprire le province con una figura nel sottogoverno, restando poi a bocca asciutta, dal biellese arriva all’Istruzione, come sottosegretario, Lucia Azzolina. Dirigente scolastico, per anni sindacalista e  protagonista di una presa di posizione ai tempi del caso della nave Diciotti che certo non l’avvicinò a quella del capo politico, piuttosto a quella di Fico, invitando Matteo Salvini a “non scappare dal processo”.

In un’intervista al Manifesto nel luglio scorso, pochi giorni prima che il leader della Lega aprisse la crisi ma quando l’aria tra gli alleati già si tagliava col coltello, la futura sottosegretaria manifestava forti dubbi su una possibile maggioranza con il Pd: “Quella possibilità è sfumata lo scorso anno, per colpa di Renzi. Oggi, vedendo anche il livello dello scontro che tutti i giorni registro in Parlamento, mi sembra un’ipotesi davvero improbabile”. Invece è andata così. E quando è arrivato il momento di spartire le poltrone i grillini digitali hanno riscoperto e usato, come la vecchia Dc e con buona pace del Pd, l’insuperato Cencelli.   

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