POLITICA & SANITA'

Pronto soccorso, "è vera urgenza"

Carenza di personale, riduzione dei posti letto, assenza di programmazione, interventi spot e non risolutivi. Il sindacato degli infermieri Nursind incalza l'assessore regionale Icardi: "Dopo tre mesi dalla nomina vogliamo sapere quali strategie intende adottare"

La situazione dei pronto soccorso in Piemonte, servono interventi strutturali e non pannicelli caldi. A sollecitare la Regione è Francesco Coppolella, segretario regionale del NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche, che chiama in causa direttamente l’assessore alla Sanità Luigi Icardi: “Dopo tre mesi dalla sua nomina dovrebbe aver elaborato o quanto meno pensato quali strategie intende adottare. Prendiamo atto della volontà di voler intervenire sulla carenza dei medici inserendo non specializzandi per far fronte ai codici di minore gravità”. Una misura utile, ma non in grado di aggredire le forti criticità. “Se non dovesse arrivare nelle prossime settimane un progetto organico, di lungo respiro, attraverso una inevitabile riorganizzazione dei servizi che passi anche attraverso un utilizzo appropriato ed efficiente delle competenze – spiega il sindacalista –, temiamo si tratti del solito intervento che vuole curare il sintomo e non la malattia e che non potrà portare beneficio alla risoluzione del problema”.

Non basta l’ingresso di camici bianchi “per la risoluzione dei problemi che da tempo operatori e cittadini chiedono di affrontare una volta per tutte, seppur la loro carenza rappresenta una complicanza grave alla quale bisognerà dare una risposta”. Non saranno sufficienti nuovi medici ai quali affidare i codici di minor gravità per dare risposta alla mancanza di posti letto ad esempio. “Tutti sanno come la precedente Giunta Regionale ha operato un taglio di circa 2.000 posti letto in Piemonte, taglio criticato da chi oggi è al governo e ieri era all’opposizione della Regione”.

Il Piemonte è la penultima regione Italiana, solo davanti alla Calabria, per numero di posti letto per acuzie, continua Coppolella, “ed è facilmente prevedibile come questo, in assenza di un ampliamento dei servizi e di risorse sul territorio, abbia spostato il cittadino da un letto a una barella dove si è costretti a soggiornare per giorni in attesa di un ricovero quando ci si reca in un pronto soccorso”. Circostanza tristemente comune, ma che si aggrava nei mesi estivi e in quelli invernali. “Intende il nuovo assessore aumentare il numero di posti letto? Intende l’assessore promuovere un piano per un utilizzo più efficiente dei posti letto attualmente disposizione e incrementarli nei periodi critici?”, chiede il NurSind.

A partire proprio dalle risposte da dare alle fasce più vulnerabili, in particolare quella popolazione anziana che è in forte aumento e con essa tutte le patologie croniche e le loro complicanze che necessitano di cure appropriate e costanti. “È evidente come in assenza di risposte territoriali e domiciliari, i nostri anziani intaseranno sempre i nostri pronto soccorso e occuperanno legittimamente i posti letto ospedalieri. Intende il nuovo assessore dare vita a vere case della salute e non fittizie come il suo predecessore?”.

Va inoltre potenziata l’assistenza domiciliare dando vita, ad esempio, all’infermiere di famiglia o di comunità. “Una sanità medicocentrica e che non metta al centro il bisogno dell’utente non ci porta da nessuna parte”, afferma ancora il segretario del NurSind Piemonte che insiste sulla necessità di un nuovo paradigma: “riteniamo che si debba passare da un triage basato sull’attesa ad un triage basato su percorsi (See e treat e fast Trak)” utilizzando al meglio tutte le competenze.

“Vorremmo – conclude Coppolella – non vedere più file di ambulanze ferme all’ingresso dei nostri pronto soccorso, bloccate e non utilizzabili per altri interventi urgenti con la conseguenza di mettere in pericolo la vita delle persone perché non ci sono barelle. Non vorremmo più vedere pazienti adagiati al pavimento su barelle da campo. Speriamo venga restituita dignità a tutti gli operatori che ogni giorno vivono questa condizione”. Operatori che vivono in trincea, spesso vittime di aggressioni.

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