POLITICA & GIUSTIZIA

Negato l'arresto di Sozzani

Il deputato novarese di Forza Italia non andrà ai domiciliari. L'Aula della Camera nega l'autorizzazione della misura cautelare chiesta dai giudici milanesi. Inutilizzabili anche le intercettazioni. Il soccorso dei franchi tiratori. "Una vicenda che mi ha devastato psicologicamente"

L’Aula di Montecitorio ha negato l’autorizzazione all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato Diego Sozzani, deputato novarese di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta “Mensa dei poveri” della Dda di Milano. La votazione è avvenuta per scrutinio segreto. L’esito del voto è stato accolto da un applauso di parte dell’emiciclo, in particolare dei deputati azzurri. I sì sono stati 235, i no 309, un astenuto: il Pd ha votato in larga parte contro l’arresto, nonstante la dichiarazione di Alfredo Bazoli, favorevole al provvedimento restrittivo. Proprio nelle file dei dem si anniderebbero i 46 franchi tiratori che hanno ribaltato la situazione. A luglio in giunta per le autorizzazioni — quando nessuno immaginava un governo M5s-Pd-Leu — i tre commissari dem infatti avevano stretto un asse con i grillini per mettere nell’angolo il centrodestra. Invece nel voto segreto ha prevalso la linea garantista.

Poco prima la Camera aveva negato anche l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni realizzate con i trojan. “Vicenda che ha del paradossale. Ho sempre considerato la politica un servizio e non una professione, senza aver mai avuto problemi con la giustizia. Oggi mi trovo coinvolto in un’inchiesta che mi coinvolge sulla base di intercettazioni di terzi, su un finanziamento che non ho affatto ricevuto con una società tra l’altro con cui ero in contenzioso economico. Sono devastato psicologicamente, assai preoccupato sul piano familiare e professionale. Sono innocente e non mi sottrarrò al confronto con la magistratura per cui nutro rispetto, ma chiedo di farlo da uomo libero e lascerò l’emiciclo per consentire il voto nella massima autonomia”, ha affermato prima del voto

Il parlamentare azzurro, che ha depositato una memoria difensiva, è accusato di finanziamento illecito dei partiti per una fattura da 10mila euro ricevuti in campagna elettorale da Daniele D’Alfonso, imprenditore accusato di aver corrotto diversi politici e amministratori locali.

“Mi ritengo un uomo fortunato perché lo status di parlamentare mi ha consentito di non essere oggi agli arresti domiciliari, come invece sarebbe avvenuto per un semplice cittadino”, ha scritto il deputato nella dichiarazione inviata alla giunta. “Pur non avendo chiesto la necessaria autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza, gli inquirenti hanno effettuato intercettazioni telefoniche nei miei confronti anche dopo la mia proclamazione quale membro della Camera dei deputati avvenuta in data 19 marzo 2018″ e “per ben 4 giorni gli inquirenti hanno continuato a intercettare le comunicazioni e le conversazioni sulla mia linea telefonica, in palese violazione delle guarentigie costituzionali previste dall’art. 68 della Costituzione“. Le intercettazioni, scrive, “sono tutte relative a conversazioni avvenute tra altri soggetti per cui tutto quello che hanno detto lo hanno detto loro, non io”. Ci sono solo “un paio di intercettazioni in cui parlo anche io e sono intercettazioni altamente istruttive: o non dico proprio nulla di concreto o quello che dico è la conferma della mia assoluta innocenza”.

Ancora: “Gli inquirenti hanno individuato nella persona di mio fratello (che non è indagato e che è socio, insieme a me, dello Studio Greenline) lo strumento formale per aggirare il divieto di perquisizione e sequestro nei miei confronti”. In particolare, spiega il parlamentare rivolgendosi alla giunta, “hanno disposto la perquisizione e il sequestro nei confronti suoi e di quello studio per colpire me, nella vana ricerca di elementi da cui trarre spunto per ipotizzare reati totalmente diversi da quelli per i quali stanno procedendo (quindi a fini meramente esplorativi, e dunque, in clamorosa violazione dei divieti previsti dalla legge); nel corso dell’esecuzione poi gli operanti hanno approfittato della situazione per procedere a perquisire anche il mio ufficio personale e a fotocopiare gli oggetti ivi presenti, tra cui, in particolare, un computer che utilizzo per l’attività di parlamentare e un mio quaderno di appunti“.

“Da tali violazioni emerge prepotentemente – aggiunge Sozzani – non solo la strumentalizzazione di una persona innocente (mio fratello) che non ha alcuna veste in questo procedimento, ma anche la sicura sussistenza del fumus persecutionis nella domanda di autorizzazione all’applicazione della misura cautelare, per cui deriva imperiosa l’esigenza di tutelare la libertà di tutti i cittadini e l’indipendenza del potere legislativo, garantendo l’integrità del suo plenum”.

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