GRANA PADANA

La Lega chiede 2 milioni a Brigandì

Infedele patrocinio e riciclaggio le imputazioni a carico dell'ex parlamentare piemontese, storico legale del Carroccio ai tempi di Bossi. Soldi investiti prima in una polizza vita, poi nel 2015 trasferiti su un conto di una banca in Tunisia

Era “l’avvocato della Lega” per antonomasia. Ma quello era il Carroccio di Umberto Bossi e Matteo Brigandì, corpulento e vulcanico legale torinese, per anni e anni aveva unito professione e passione politica sotto lo spadone dell’Alberto da Giussano. Adesso la Lega sovranista di Matteo Salvini all’avvocato dell’epoca del Senatur chiede, tramite i suoi legali, un risarcimento milionario.

La storia che sta dietro l’istanza da 2 milioni e centomila euro avanzata nel corso dell’udienza del processo a carico di Brigandì è piuttosto complicata e va indietro nel tempo. Infedele patrocinio e riciclaggio le imputazioni a carico il legale con un passato anche da parlamentare, consigliere e assessore regionale, per le quali il pm Paolo Filippini ha chiesto una condanna a 2 anni e 3 mesi.

Secondo l’accusa Brigandì si sarebbe reso “infedele ai suoi doveri professionali", omettendo di denunciare il proprio conflitto di interessi in relazione ad un decreto ingiuntivo, emesso nel 2004 ed eseguito nel 2012, da lui richiesto e incassando così quasi 1,9 milioni di euro di compensi per la sua attività. E avrebbe anche trasferito la somma di 1,67 milioni su un conto di una banca in Tunisia. Da qui anche l'accusa di autoriciclaggio.

Tutto ha inizio quando l’ex parlamentare chiede ed ottiene il decreto ingiuntivo per avere quasi 1,9 milioni di euro di compensi per la sua attività svolta a favore della Lega, ma nell’altra veste di avvocato del partito ben si sarebbe guardato da quel che avrebbe fatto qualunque altro suo collega: impugnare il decreto cercando di tutelare gli interessi del cliente. Secondo quanto riportato nel capo di imputazione “il 28 febbraio 2004 Brigandì riceveva la notifica del decreto ingiuntivo” da lui richiesto al tribunale di Pinerolo come creditore del movimento per “competenze professionali” maturate per l’attività svolta in favore della Lega “per gli anni 1996-1999”.

Allo stesso tempo, però – sempre secondo l’accusa – avrebbe omesso “di intraprendere qualunque iniziativa finalizzata a tutelare gli interessi del movimento politico da lui contemporaneamente difeso, così da far divenire, in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo inoppugnabile nel merito ed immediatamente esecutivo in suo favore”. Risultato: dal conto della Lega uscì più di un milione e mezzo di euro che, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’avvocato torinese prima investe in una polizza vita, poi nel 2015 ne trasferisce la quasi totalità su un conto di una banca in Tunisia.

Nel corso del procedimento il tribunale di Milano aveva anche disposto un sequestro preventivo ai fini della confisca proprio di quasi 1,9 milioni di euro a carico dell'ex avvocato della Lega. Il sequestro, però, ha riguardato solo un immobile di Brigandì in Piemonte, mentre gran parte dei soldi, circa 1,67 milioni, sarebbe stata da lui trasferita su un conto in Tunisia. Per questo la Procura diversi mesi fa ha anche attivato una rogatoria per arrivare a bloccare quei soldi.

Oggi, nell'udienza davanti al giudice Chiara Valori, l’ex avvocato della Lega, attraverso i suo legali ha provato a far valere un legittimo impedimento per motivi di salute con un certificato in francese mandato dalla Tunisia, ma il giudice ha rigettato l'istanza. Nella requisitoria il pm ha parlato di "una strategia chiara" da parte di Brigandì "per precostituirsi una sorta di trattamento di fine rapporto non formalizzato per la sua uscita dal partito, appropriandosi in pratica di quasi 2 milioni di euro". L’accusa ha inoltre evidenziato il "suo iperbolico conflitto di interesse, perchè da difensore ha difeso se stesso e ha fatto causa all'ente di cui era, allo stesso tempo, procuratore legale".

Per questo, la Lega, parte civile, ha chiesto a Brigandì 2,1 milioni di euro (comprensivi anche degli interessi) di "danni arrecati al proprio patrimonio", oltre ai danni all'immagine. Nel caso non venisse riconosciuto l'intero danno, il partito ha chiesto che venga liquidata una provvisionale immediatamente esecutiva di oltre 1,8 milioni. Il partito di Salvini ha chiesto anche il sequestro conservativo dei beni dell ex “avvocato della Lega”. La difesa parlerà il 31 ottobre, giorno in cui è prevista la sentenza.

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