LE REGOLE DEL GIOCO

Autonomia, delibera tra le palle (di Natale)

L'annuncio di Allasia al convegno di Magna Carta: prima delle festività il Consiglio regionale approverà il nuovo pacchetto di richieste da inviare a Roma. Intanto il ministro Boccia presenta la bozza della legge-quadro. E i tempi si allungano ancora

I piemontesi troveranno la nuova delibera sull’autonomia sotto l’albero di Natale. Promessa del presidente di Palazzo Lascaris Stefano Allasia, fatta ieri sera al convegno sulle autonomie regionali promosso dal presidente di Magna Carta Nord Ovest Stefano Rigon. Prima della pausa per le festività il Piemonte farà un ulteriore passo, importante ma tutt’altro che risolutivo in un cammino che anzi si prevede ancora lungo e accidentato. Nelle stesse ore in cui a Torino politici ed esperti si confrontavano su principi e modalità di una svolta destinata a ridisegnare gli assetti istituzionali del Paese dotando le Regioni di maggiori poteri, a bari il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, manifestava il proprio scetticismo: “Io penso che l’autonomia delle Regioni del Nord non verrà realizzata in questa legislatura. Non ci sono più i tempi”. Un pessimismo appena mitigato dalle parole del ministro gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, il quale annunciando l’invio della bozza della legge quadro alla Conferenza delle Regioni ha delineato il percorso: “Il perimetro tocca tutti gli articoli rilevanti del titolo V e garantisce che l’attuazione del 116 comma 3 avvenga in un quadro di coesione nazionale. Ognuno potrà correre alla velocità prescelta ma tutti dovranno contribuire alla crescita del Paese”.

Il Piemonte partito un po’ in ritardo, a rimorchio di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e con un pacchetto di richieste limitate a una dozzina di competenze adesso corre per riallinearsi. Sperando che non sia una fatica vana. “Ora inizia un grande gioco di squadra con tutte le Regioni e spero senza distinzione di colori politici – ha spiegato il ministro Boccia –. Mi aspetto contributi costruttivi da tutti. Speriamo di andare presto in Parlamento e di uscirne con un sostegno unanime”.

La settimana prossima inizierà il confronto in Conferenza Stato-Regioni: “Tocca ad altri dirmi se c’è qualcosa che non va, cosa integrare, modificare, migliorare. Vorrei entro fine novembre presentare la legge quadro in Parlamento. Se ci darà fiducia, con il voto di tutte le forze politiche, la legge quadro entro fine anno c’è. A quel punto si tratta di definire gli accordi tra Regioni e Governo e io sono pronto già a gennaio a firmare i primi. Poi i tempi dipenderanno dal Parlamento”. Sempre che la maggioranza giallorossa regga e la legislatura prosegua.

La bozza, composta da due articoli, prevede nella prima parte la determinazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che siano uniformi su tutto il territorio nazionale anche attraverso la perequazione infrastrutturale e, nella seconda, le modalità di definizione degli stessi. “Proporrò un commissario ai Lep – ha spiegato Boccia parlando agli industriali – un alto dirigente dello Stato. Serve qualcuno che abbia l’autorità di pretendere quei dati e penso che mentre noi lavoriamo sulla legge quadro e sulle intese, intanto un nucleo di tecnici dello Stato avrà questo compito. Ovviamente se nel corso del 2020 i Lep non dovessero vedere la luce partiremo con i fabbisogni standard, su cui si sta già lavorando”.

La sensazione, emersa in molti degli interventi al convegno torinese, è che gli ostacoli siano ancora parecchi. Come hanno spiegato sia il giurista Fabrizio Fracchia, ordinario di diritto amministrativo alla Bocconi, sia il direttore generale dell’assessorato per l’Autonomia e la cultura della Regione Lombardia Ennio Castiglioni, i “nemici” sono agguerriti quanto subdoli e spesso si annidano nelle stanze del potere romano. Fracchia, in particolare, ha segnalato le tre principali “difficoltà” che impediscono di affrontare il tema dell’autonomia in maniera scientifica: la mancanza del necessario “distacco storico”, la tendenza a scivolare nell’ideologia e, in terzo luogo, il cosiddetto benaltrismo, che presuppone questioni sempre più urgenti rispetto a quelle sul piatto. Un quarto “nemico dell’autonomia” – ha aggiunto Castiglioni – è l’alta burocrazia, un “intralcio” che anche secondo l’ex governatore Sergio Chiamparino “sbarra la strada alla semplificazione amministrativa”. In riferimento ai persistenti dubbi sull’utilità del regionalismo differenziato, Castiglioni ha sbottato: “Si sta ancora perdendo tempo a discutere di un’ovvietà”. Poi, per spiegarne i vantaggi, ha voluto ricordare una similitudine con cui l’ideologo della Lega delle origini, quella indissolubilmente radicata al Nord, Gianfranco Miglio paragonava le regioni italiane ai dipendenti di un’azienda: il datore di lavoro (lo Stato) non tratta i suoi dipendenti (le regioni) tutti alla stessa maniera, ma premia quelli efficienti (le regioni virtuose) e stimola quelli meno produttivi (le regioni maglia nera). “Il regionalismo differenziato – ha concluso Castiglioni – funziona nel medesimo modo: premia le regioni virtuose e responsabilizza quelle meno efficienti”. Una posizione peraltro condivisa  dalla deputata di Forza Italia Claudia Porchietto, ospite al tavolo politico, che ha sottolineato come anche per il sistema economico e produttivo l’autonomia rappresenta un’opportunità di crescita e di efficienza.

In vena di citazioni anche l’assessore Roberto Rosso, Fratelli d’Italia, che parafrasando Mazzini ha presentato la ricetta per tenere insieme “l’unità naturale” dell’Italia: il decentramento va controbilanciato da uno storico cavallo di battaglia del centrodestra, il presidenzialismo. Non ai padri risorgimentali ma ai padri costituenti si appella, invece, il giovane parlamentare 5 Stelle Luca Carabetta, e in particolare ai principi dell’uguaglianza e della solidarietà sanciti dalla Carta. Principi che, stando ai critici dell’autonomia differenziata, potrebbero essere disattesi nelle regioni più svantaggiate, qualora si realizzasse il progetto del centrodestra a traino leghista. Sarebbe questa la ragione per cui i pentastellati appaiono così tiepidi rispetto alle autonomie regionali, pretendendo che vengano prima definiti i livelli essenziali di prestazione (i cosiddetti Lep) garantiti dalla Costituzione.

Nel concludere il dibattito Allasia ha pungolato Chiamparino (ormai senza microfono) definendo “timida” la delibera con cui la precedente giunta chiedeva al Governo “solo” dodici competenze delle ventitré previste dalla Costituzione. Il presidente, dopo aver rivendicato i risultati portati a casa dalla giunta di Alberto Cirio in questi primi 130 giorni, ha illustrato la road map: una volta superate le forche caudine del Consiglio Regionale, la delibera volerà a Roma, sulla scrivania del ministro Boccia. Un impegno dai tratti “costituenti” perché l’obiettivo, a detta di Allasia, è quello di  “essere padroni a casa nostra, poter decidere sul nostro territorio e avere più risorse per la nostra regione. Questo è l'unico vero sovranismo”.

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