BILANCI & PREVISIONI

Canoni idrici alle Province, un salasso per la Regione

Allarme sui conti di piazza Castello. Dal prossimo anno almeno 35 milioni dovranno andare agli enti territoriali. Lo prevede una legge nazionale, riproposta dalla Lega a Palazzo Lascaris, che però rischia di far saltare il principio "perequativo"

Province più ricche, Regione più povera. È un travaso di milioni con probabili pesanti contraccolpi sui futuri bilanci regionali quello che si prospetta con le modifiche delle regole sui canoni idrici. Già nell’esercizio 2020 il Piemonte dovrà, quasi certamente, rinunciare a qualcosa come 35 milioni a favore delle Province, che a loro volta vedranno forti differenze nelle assegnazioni delle risorse, aprendosi su questo aspetto un ulteriore problema.

Il principale, che più allarma, resta naturalmente quello del mancato introito nelle casse dell’ente governato da Alberto Cirio, ma che anche quando a presiederlo era Sergio Chiamparino aveva dovuto fare i conti con la questione idrica, arrivando a mettere mano al portafogli nei confronti del Verbano-Cusio-Ossola che sulla vicenda aveva minacciato la secessione verso la Lombardia, arrivando nell’ottobre dello scorso anno al referendum consultivo, poi naufragato in un’astensione che aveva lasciato lontano il raggiungimento del quorum.

Svanite le mire di un’annessione lombarda, il problema è rimasto. La giunta regionale di centrosinistra, nel suo ultimo anno di attività, aveva chiuso il contenzioso con la Provincia versando 9 milioni per alcuni anni precedenti e impegnandosi a pagarne 4 ogni anno a partire dal 2020.

Una cifra che sarà quasi triplicata non solo e non tanto se, come scontato, sarà tradotta in norma la proposta di legge del capogruppo della Lega Alberto Preioni nella quale si stabilisce che “la Regione trasferisce alla Provincia del Vco entro il 31 agosto di ogni anno il 60% dell’ammontare dei canoni idrici relativi alle grandi derivazioni che appartengono alla Provincia medesima”, ma soprattutto per gli effetti di una legge nazionale che impone dal prossimo anno il trasferimento dalle Regioni alle Province di una parte dei canoni non inferiore al 60%.

Ovviamente, viste le condizioni di difficoltà finanziarie che ormai da tempo le accomunano, tutte le Province chiederanno quel che adesso in Regione si sta stabilendo per il Vco, ma che la norma nazionale prevede per tutti i territori che cedano le loro risorse idriche. In Piemonte oltre al Verbano-Cusio-Ossola, ad avere un notevole gettito sono innanzitutto la Città Metropolitana di Torino che, in base a recenti stime, incasserebbe una somma che supera i 12 milioni, la Provincia di Cuneo attorno agli 8, e poi a scendere con Novara, Biella, Vercelli e Alessandria con cifre sotto il milione; fanalino di coda Asti con poche centinaia di migliaia di euro.

Evidente la disparità tra aree della regione che saranno beneficiate in maniera massiccia e altre che riceveranno poco più che briciole, con un aumento ulteriore del divario delle condizioni finanziarie delle Province rispetto all’attuale situazione. E anche questo sarà un problema per la Regione che uscirà con molto meno denaro in cassa da questa modifica stabilita da un emendamento della Lega al Dl Semplificazioni dello scorso gennaio con cui si è passato di fatto dalle concessioni delle grandi derivazioni in capo allo Stato (che trasferiva parte dei canoni alle Regioni) alla loro regionalizzazione.

Fuori di dubbio che quanto disposto a livello nazionale offra uno strumento ulteriore a tutte le altre Province che, anche in assenza di questa norma, di fronte a quanto si sta per decidere per il Vco avrebbero facili argomenti per chiedere pari trattamento a quello stabilito dal testo del capogruppo della Lega. Ma c’è ancora un altro aspetto di questo cambiamento nella gestione delle risorse idriche che può tramutarsi in ulteriore problema per la Regione. Come operare? Le soluzioni, sulla carta sono molteplici: gestire gli invasi e le condotte in proprio, fare società miste con il privato, o ancora fare bandi e dare in concessione. Di certo, in materia, anche il Piemonte dovrà legiferare entro la primavera prossima e attrezzarsi per arrivare con obiettivi chiari al momento in cui scadranno le concessioni in essere.

E ancora, è davvero tutto oro quel che la ragionalizzazine delle concessioni fa luccicare come sole sull’acqua? A fonte dell’allettante prospettiva di maggiori introiti, sembra passare almeno per il momento in secondo piano la pesante incognita rappresentata dai costi per la manutenzione delle strutture. Molti se non tutti gli impianti hanno necessità di interventi straordinari con spese milionarie, interventi che i grandi concessionari hanno fermato da tempo nell’attesa di conoscere il destino delle concessioni stesse.

A testimonianza ci sono le ripetute richieste arrivate negli ultimi anni al ministero delle Infrastrutture affinché si mettesse mano alla normativa sulle concessioni e per sapere per quanto sarebbero state rinnovate. In Piemonte ci sono importanti concessioni scadute quest’anno, altre che andranno a scadenza il prossimo anno e altre ancora nel 2029. Nel caso venissero messe a gara non bisogna sforzarsi di fantasia per immaginare l’arrivo di grandi player stranieri, francesi e tedeschi in primis, in grado di accaparrarsi un settore strategico. L’alternativa è quella di una società pubblico-privata, però servono soldi (oltre a quelli per la manutenzione straordinaria di cui si è appena detto) e la Regione, già dal prossimo, anno ne avrà ancora meno dovendo aprire il grande rubinetto verso le Province.

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