ENERGIA & FINANZA

Iren vuole Sorgenia, intanto "salva" Appendino

L'ad Bianco conferma gli "sforzi" per acquisire la società indebitata di De Benedetti: "Abbiamo la solidità per sostenere l'operazione". Anche la valdostana Cva nel mirino. E per ottenere il via libera della sindaca si prende tutto l'inceneritore di Torino

Iren ha la dimensione e la solidità per sostenere un’operazione straordinaria come l’acquisizione di Sorgenia”. Nonostante qualche spinta esterna a desistere, l’amministratore delegato Massimiliano Bianco tira dritto, forte anche del sostegno dei principali soci pubblici, i comuni di Torino, Genova e Reggio Emilia, vincolati da un patto di sindacato che di fatto controlla la multiutility. Nei giorni scorsi, attraverso una nota congiunta, i tre hanno confermato “il proprio supporto alla strategia delineata dal management nel valutare opportunità di crescita sia per linee interne sia per linee esterne con particolare riferimento alle operazioni relative a Sorgenia e Cva”, la Compagnia valdostana delle acque. A detta di alcuni analisti un "interventismo" irrituale, giacché un conto è che i soci dettino gli indirizzi della società, altro è entrare nel merito delle scelte industriali.

È un risiko finanziario complesso quello in cui si muove il riconfermato ad di Iren, in cui è partita la sfida tra le tre grandi multiservizi pubbliche del Nord. Per capire i rapporti di forza in campo si tenga conto che Hera – controllata da un patto di sindacato tra una cinquantina di Comuni emiliani capitanati da Bologna, Modena e Ferrara – ha il primato per la capitalizzazione in Borsa (oltre 5,5 miliardi); A2a, che ha come soci di maggioranza le città di Milano e Brescia, è prima per ricavi, pari nel 2018 a 6,5 miliardi. La più piccola è Iren che denuncia 3,5 miliardi di capitalizzazione e 4 miliardi di fatturato ma dalla sua ha una forte capacità finanziaria e un titolo in ottima salute, che a Piazza Affari ha fatto registrare una crescita del 25 per cento negli ultimi sei mesi. Insomma, Iren è un’azienda in salute ma il mercato non consente di dormire sugli allori. Per questo Bianco ha deciso di mettere nel mirino Sorgenia e Cva. E per rassicurare azionisti privati e analisti ha chiesto e ottenuto un esplicito sostegno dei soci pubblici. Massima fiducia, dunque, che Bianco è pronto a ripagare (nel senso letterale del termine) annunciando la propria disponibilità ad acquisire il 17 per cento di Trm (la società che gestisce l’inceneritore del Gerbido) che Chiara Appendino ha messo sul mercato per chiudere il bilancio senza troppi patemi. “Abbiamo l’80 per cento di Trm, ci può interessare continuare a rafforzare il nostro ruolo nella filiera dell’ambiente e quindi incrementare la quota” ha detto Bianco, due settimane dopo che la prima gara bandita dal Comune di Torino era andata deserta, facendo correre un brivido lungo la schiena della sindaca. Potrebbe così saltare l’ipotesi di acquisizione della Regione Piemonte, che pure aveva manifestato interesse per il 17 per cento di Trm, potenziale grimaldello per entrare nella compagine societaria di Iren, magari attraverso un successivo scambio di azioni. Ma il prezzo fissato da Palazzo Civico (38 milioni) è stato considerato troppo alto e qualche difficoltà procedurale ha fatto il resto, facendo uscire, forse solo momentaneamente, Alberto Cirio dalla partita.

Secondo alcuni, il rischio che corre Iren con Sorgenia è di fare il passo più lungo della gamba. Al 2018 Iren ha certificato un debito di 2,4 miliardi di euro e l’acquisizione dell’azienda fondata da Carlo De Benedetti, oggi in mano a un pool di banche creditrici (Mps, Bpm, Ubi, Unicredit e Intesa), graverebbe sul bilancio per un altro miliardo riducendone, almeno in parte, la capacità finanziaria. La scadenza per la presentazione delle offerte vincolanti è metà dicembre e Bianco fa sapere di star “lavorando intensamente per presentare la nostra offerta nei tempi prestabiliti”. Fanno gola le centrali nuove ed efficienti che possiede Sorgenia e soprattutto i 350mila clienti rastrellati sul mercato libero. L’acquisizione della valdostana Cva (30 centrali idroelettriche, 850 milioni di ricavi nel 2018 e un utile netto di 64 milioni) costerebbe invece ulteriori 500 milioni, facendo salire a 1,5 miliardi il costo complessivo della doppia operazione.

Secondo alcuni analisti il futuro potrebbe portare a una semplificazione degli attori in campo: se oggi nell’Italia settentrionale operano tre grandi multiutility pubbliche, presto potrebbero rimanerne due e un destino tra preda e predatore potrebbe essere determinato proprio dalle attuali scelte. Per questo Bianco avverte la necessità di diventare più grande. Che Sorgenia sia un’acquisizione strategica lo dimostra anche l’interesse già manifestato da A2a, mentre c’è chi è pronto a scommettere che pure l’emiliana Hera, oggi alla finestra, potrebbe tentare un blitz a sorpresa. Il fondo F2i avrebbe, invece, lasciato intendere di voler fare un passo indietro ma non è escluso che possa tornare in gioco, magari mettendo a disposizione di un partner industriale la propria liquidità. Secondo Bianco l’eventuale acquisizione di Sorgenia potrebbe andare in porto “senza intaccare gli obiettivi finanziari del piano industriale, i nostri programmi di investimento e gli obiettivi di crescita”, piuttosto i soci potrebbero dover rinunciare ai ricchi dividendi cui sono stati abituati in questi anni (per Torino nel 2018 sono stati 15 milioni) e a qualche contributo extra per i progetti su cultura e sport.