ALTA TENSIONE

No Tav, la marcia degli sconfitti

Nonostante il tentativo di dare alla protesta nuova linfa "ecologica", la manifestazione odierna segna la disfatta di un movimento privo di sbocchi politici. Scritta contro la grillina Frediani. Denunciati 25 militanti di Askatasuna per i disordini al cantiere

La marcia dei reduci e degli sconfitti. Puntuale come ogni 8 dicembre, anche quest’anno i No Tav hanno sfilato da Susa a Venaus per ribadire la contrarierà alla linea ad alta velocità Torino-Lione. Un corteo di poche migliaia di persone, alla testa alcuni sindaci bardati con la fascia tricolore e la presenza di una delegazione di giovani “gretini” del Fridays for Future della Valsusa, di esponenti della Fiom e di Rifondazione Comunista, qualche politico del Movimento 5 stelle. “Questa marcia vuole celebrare quella del 2005, una di quelle giornate che resta nella storia di chi crede nella democrazia, oggi si ripropongono questi valori, anche se c’è una sorta di torpore. La marcia è un invito a riprendere la lotta con maggior vigore”, spiega Nilo Durbiano, primo cittadino di Venaus all’epoca dei fatti, rievocando la “battaglia” di 14 anni fa, quando i manifestanti si scontrarono con le forze dell’ordine per “liberare” i terreni espropriati per il progetto, poi modificato, dell’opera. “Oggi è una giornata importante a cui non rinunceremo mai – hanno affermato gli attivisti –. Continuiamo a resistere anche se stiamo affrontando un momento delicato perché alcuni di noi stanno scontando pene ingiuste a fronte di una lotta giusta”.

“Sono quasi trent’anni di lotta e oggi è una giornata importante a cui non rinunceremo mai”, scandiscono dal microfono gli organizzatori alla partenza della marcia. “Questa iniziativa non è, però un rituale – aggiungono – ma è il rinnovarsi di un patto fatto tra gli uomini e la natura a difesa dell’ambiente e del futuro di tutti. Noi siamo orgogliosi e siamo pronti a resistere ancora una volta – concludono – dalla valle diciamo se ne devono andare, nessun tunnel verrà costruito, noi non arretreremo di un passo”.

La manifestazione è stata preceduta ieri sera dalla guerriglia scatenata dalle frange antagoniste nella zona prospiciente il cantiere, tra Giaglione e Chiomonte. Responsabili dell’azione, come al solito, i militanti del centro sociale Askatasuna di Torino: 25 di loro saranno denunciati con l’accusa di incendio doloso e di violazione dell’ordinanza del prefetto di Torino che vieta l’accesso in una determinata area attorno al cantiere. La Digos di Torino, inoltre, sta svolgendo indagini per individuare i responsabili dei lanci di pietre, petardi e bombe carta e i manifestanti che erano incappucciati. I disordini sono durati circa mezz’ora, secondo la ricostruzione fatta dalla Questura: dopo l’accensione di un fuoco accanto alla cancellata metallica a 1 km dal cantiere di Chiomonte, una quarantina di facinorosi, travisati, ha scagliato, utilizzando anche fionde, bombe carta, artifici pirotecnici, razzi con batterie multiple e pietre contro le forze dell’ordine che hanno disperso i manifestanti lanciando lacrimogeni. I 40 violenti facevano parte di un corteo di manifestanti di area antagonista che ha percorso il sentiero Gallo Romano, in violazione dell’ordinanza del Prefetto di Torino.

Un movimento allo sbando, privo di sbocchi politici, lasciato solo persino dal M5s che, salvo alcuni singoli esponenti, ha abbandonato il fronte appena arrivato a sedersi nelle stanze del governo. “Il Tav è un ecocidio che contribuisce a distruggere il pianeta”, afferma Alberto Perino, storico leader un tempo fiancheggiatore dei grillini, provando a dare nuovi contenuti alla protesta. “Ci stanno mettendo in galera ma il popolo No Tav è qui per salvare il pianeta e le casse di questo povero disgraziato Stato – aggiunge – . Trent’anni di cantiere emetterebbero una quantità di Co2 che non si riuscirebbe a recuperare nemmeno in un secolo. Oggi nessuno può permettersi di peggiorare la situazione di questo Pianeta, che è già drammatica. Ogni anno noi usiamo due mondi, ma ne abbiamo uno solo. E sarebbe bene che la gente iniziasse a preoccuparsi. Ci davano per morti – conclude Perino – ma siamo sempre qui”. Pochini e invecchiati.

Alza i toni Ncoletta Dosio, 73 anni, la “pasionaria” del movimento che negli scorsi mesi è stata raggiunta da un ordine di carcerazione per una dimostrazione del 2012 al casello di Avigliana dell’autostrada del Frejus. “La repressione è segno della loro debolezza e della nostra forza”, afferma l’ex insegnante. “Sono anni che, sulla falsariga del tribunale alla Caselli, alla Rinaudo e alla Padalino (i magistrati che si sono occupati delle inchieste, ndr), vengono criminalizzate le giuste istanze di persone che diffondono il diritto alla nuda esistenza – aggiunge –. La vera forza sta nel popolo che lotta. Noi non siamo soli, abbiamo saputo coinvolgere altre realtà. E per ognuno di noi questo è motivo di orgoglio”.

Non demorde neppure Francesca Frediani che prima di essere esponente di primo piano dei Cinquestelle è attivista No Tav: “Sono qui come sempre, dal 2005. Sono qui anche oggi perché esserci ha ancora un senso, è ancora importante e lo sarà fino a che non metteremo la parola fine a questo progetto devastante e inutile”. Peccato che molti si aspettavano che a metterla fosse proprio il suo partito: “L’ultima comunicazione del governo sulla Torino Lione è stata una diretta Facebook del premier Conte – ricorda, omettendo il voto parlamentare che ha messo, questo sì, la parola fine alla tiritera –. Non si può pensare che un movimento che ha una storia trentennale si arrenda solo per questo”. Una posizione coerente, quella di Frediani, che non l’ha messa però al riparo dalle contestazioni. La consigliera ha pubblicato un post su Fb commentando la scritta in verde su un muro lungo il percorso della marcia (“Frediani e Montanari complici di Telt e Salvini”): “Grazie per avermi fatto ridere, comunque sono al corteo, se il coniglio che ha scritto avesse qualcosa da dirmi di persona”. A replicare alla Frediani, con un comunicato stampa, sono la parlamentare di FdI Augusta Montaruli e il capogruppo in consiglio regionale dello stesso partito, Maurizio Marrone. “La grillina Frediani dimentica che il Parlamento ha votato a favore della Tav, ne prenda atto – scrivono –. È grave ricordare soltanto le dirette Facebook e continuare a mescolare nel torbido per salvare la faccia. La Tav si farà e non c’è nulla che la possa fermare. È un’opera di interesse nazionale, non un pretesto per pochi che la usano per giustificare la propria esistenza o, come nel caso di ieri notte, per dare sfogo alle proprie frustrazioni eversive”.

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