VERSO IL VOTO

Altolà M5s! C'è una Sinistra che non vuole Appendino

Mentre la gauche Pd non vede l'ora di gettare il salvagente alla sindaca, fuori dal partito è l'ex assessore Passoni a stoppare ogni convergenza: "Ripartiamo da noi e per scegliere il sindaco questa volta le primarie potrebbero essere la miglior soluzione"

Sinistra vs Sinistra. Se quella interna al Pd, con il vicepresidente della Sala Rossa Enzo Lavolta, propone un’alleanza di fine mandato come salvagente di Chiara Appendino, la gauche subalpina di Progetto Torino, lista civica fondata dall’ex assessore al Bilancio Gianguido Passoni assieme al presidente della Circoscrizione 5 Marco Novello, che fu alleata di Piero Fassino nel 2016, guarda da tutt’altra parte ritenendo che “l’esperienza di governo dei Cinquestelle debba essere superata e archiviata negli annali come una delle peggiori amministrazioni che la città abbia avuto”. Un giudizio durissimo, espresso in una nota proprio da Novello secondo il quale “i torinesi non attendono altro che Appendino lasci e si faccia da parte”. E proprio a quei tanti elettori delusi lui ritiene si debba rivolgere il centrosinistra, offrendo “un nuovo programma di rilancio e di crescita per Torino costruendo insieme un'alleanza ed una candidatura a sindaco forte e autorevole”. Alle elezioni di quattro anni fa Progetto Torino ottenne oltre 7mila preferenze, pari al 2 per cento e ora chiede che il Pd torni a ragionare innanzitutto con i suoi alleati del centrosinistra.

Ci aveva provato a metà ottobre il segretario del Pd subalpino Mimmo Carretta a mettere attorno a un tavolo tutte le sigle della coalizione progressista, riunite nel quartier generale dem di via Masserano. Già in quella sede Carretta ribadì la posizione della Federazione torinese, senza dubbio contraria a svolgere un ruolo di stampella nei confronti di una Appendino che intanto, da allora, s’è ulteriormente indebolita per le note difficoltà a tenere insieme la sua maggioranza. Una posizione sulla quale era stata registrata la convergenza della neonata Italia Viva, presente con Davide Ricca, e dei Moderati rappresentati da Carlotta Salerno, mentre più tiepide erano state le posizioni di Articolo 1, con Sergio Bisacca e Leu con Marco Grimaldi. L’ex presidente del Consiglio provinciale si era lanciato verso tesi aperturiste, il consigliere regionale aveva fatto il pesce in barile e riguardo a una possibile convergenza, s’era rifugiato dietro la sempreverde formula del “prima i contenuti”.

In questo contesto l’unico a tenere il punto a sinistra era stato Gianguido Passoni, affiancato dal consigliere circoscrizionale Alessio Sanna. “Oggi come allora resto convinto che il centrosinistra debba ripartire attraverso elementi di forte discontinuità con il passato. Rispetto a quanto accaduto nei vent’anni precedenti al 2016 questa volta veniamo da una sconfitta e pur non rinnegando quanto fatto con Castellani, Chiamparino e Fassino dobbiamo offrire agli elettori un progetto e un orizzonte nuovo” spiega in un colloquio con lo Spiffero. Quanto al Movimento 5 stelle l’analisi è impietosa: “Non sono state mantenute le vane promesse elettorali, la città non è stata ricucita, per i poveri è stato fatto ben poco tant’è che la sindaca in periferia non si fa vedere. C’è un declino palpabile di una città che veleggia verso i 500mila abitanti e costituisce il punto debole dell’economia del Nord Italia”. “Il rischio – prosegue Passoni – è che tra un po’ potremo competere con l’Alta Savoia, altro che motore del Nord Ovest produttivo”.  

A chi gli parla di un “Conte per Torino”, di una soluzione civica, terza, che tenga insieme Pd e grillini, l’ex assessore di Chiamparino e Fassino – esponente di quella sinistra pragmatica che a Torino ha amministrato in continuità dal 1993 al 2016, traghettato la città verso la complessa transizione oltre la one company town, gestito l’evento olimpico e la crisi della Fiat, forse credendo a torto che l’uno potesse trasformarsi nella medicina dell’altro – replica invocando le primarie. “Decideranno a Roma? Non lo so, dico che già una volta il partito nazionale calò l’asso dall’alto, proprio con Fassino nel 2011, ma poi la classe dirigente locale impose le primarie, alle quali partecipai anch’io pur non essendone un fan”. Ieri è stato il capogruppo del Pd in Sala Rossa Stefano Lo Russo, con cui Passoni ebbe rapporti burrascosi nell'ultima giunta di centrosinistra, a chiedere le primarie per fare chiarezza all'interno di un Pd e di un centrosinistra divisi sul rapporto da tenere con i Cinquestelle. Ora un appoggio gli arriva proprio da uno dei suoi storici rivali: “Oggi un confronto schietto tra noi può essere la soluzione per guardarci negli occhi e mettere uno di fronte all'altro progetti diversi per la città ma all’interno di un perimetro condiviso di idee e valori”. Quello del centrosinistra? “Esatto. Dopotutto qui c’è un sistema elettorale che spinge le coalizioni a massimizzare il risultato al primo turno presentando proposte chiare agli elettori ed è ciò che deve fare il centrosinistra”.  “Semmai si valuteranno convergenze al ballottaggio”, ma “è un’estrema ratio, non un progetto politico”.

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