SANITA' & SICUREZZA

Vigilantes armati al pronto soccorso

Troppe le aggressioni a personale sanitario e pazienti, l'Asl di Torino corre ai ripari: nei quattro ospedali della città sarà assicurata la vigilanza 24 ore ogni giorno. I casi sono stati 87 nel 2019, il 30% in più dell'anno prima, già tre soltanto quest'anno

Vigilanza armata, dal primo febbraio, nei pronto soccorso dell’Asl Città di Torino. Lo ha deciso il Commissario dell’azienda sanitaria, Carlo Picco, in seguito “all’incremento preoccupante delle aggressioni nei confronti degli operatori sanitari e degli utenti”. I casi sono stati 87 nel 2019, il 30% in più dell’anno prima, già tre soltanto quest’anno. “Oltre alla vigilanza – annuncia Picco – stiamo potenziando i servizi di video-sorveglianza”.

La guardia armata riguarda, in particolare, i pronto soccorso degli ospedali Maria Vittoria, Martini, Oftalmico e San Giovanni Bosco. “Dal primo febbraio tutto il personale sanitario impegnato nei pronto soccorso lavorerà in condizioni protette e potrà gestire le emergenze in sicurezza, esprimendo il massimo della professionalità, con riflessi positivi anche sull’assistenza e sulla cura”, spiega il commissario. I pronto soccorso rappresentano una delle principali porte di accesso del cittadino alle strutture sanitarie, osserva l’Asl di Torino, secondo cui sicurezza e accoglienza li deve sempre caratterizzare. Per l’azienda, infatti, un luogo sicuro garantisce l’instaurarsi di un clima favorevole, presupposto indispensabile alla creazione del necessario rapporto di fiducia tra paziente-familiari e professionisti della sanità. Anche i volontari, che prestano il loro prezioso servizio di accoglienza nei Pronto Soccorso, sentendosi più sicuri, potranno meglio dedicarsi alle importanti funzioni di sostegno e supporto relazionale ai pazienti-familiari. Per questi motivi, la vigilanza armata sarà garantita h24 7 giorni su 7.

Una misura importante ma non ancora sufficiente a giudizio di Francesco Coppolella, coordinatore regionale NurSind Piemonte. “Abbiamo chiesto spesso la presenza di un posto di polizia nei luoghi più a rischio o, in alternativa, di vigilanti addetti alla sicurezza, formati ed addestrati per poter intervenire. I luoghi di cura non possono essere zona franca”. Un provvedimento, prosegue il sindacalista delle professioni infermieristiche, “che da solo non basta, se il fenomeno ha preso una piaga preoccupante è perché forse non tutto funziona come dovrebbe e le risposte socio sanitarie non sono adeguate ai bisogni dei cittadini. Ciò non giustifica chi sfoga la sua rabbia su operatori sanitari. Operatori che non hanno nessuna responsabilità e che sono loro stessi vittime del sistema. Dobbiamo lavorare anche e soprattutto per garantire dignità ai cittadini che si rivolgono in pronto, ridurre i tempi di attesa, incrementare il personale, garantire posti letto e risposte funzionali all’utilizzo improprio del servizio, attuare campagne informative e di sensibilizzazione”.

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